Non avevo ascoltato fino ad allora nulla che somigliasse a ciò e, soprattutto, nemmeno nei decenni successivi nelle mie più ampie e profonde esplorazioni musicali*.
Conobbi la loro impegnativa musica che avevo circa vent’anni tramite un’antologia dei loro primi dischi: mi stregò il loro particolarissimo mondo di suoni; incisivo ed etereo, intriso di carnalità e spiritualità al contempo.
Non avevo ascoltato fino ad allora nulla che somigliasse a ciò e, soprattutto, nemmeno nei decenni successivi nelle mie più ampie e profonde esplorazioni musicali*.
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E.S.P. è tra i dischi più importanti della carriera di Miles Davis; per più di un motivo.
Fu registrato nel gennaio del 1965 e pubblicato l’agosto di quell’anno dal quintetto che da qualche mese suonava in giro per il mondo; oltre a lui alla tromba, c’erano Herbie Hancock al piano, Wayne Shorter al sax, Ron Carter al contrabbasso e Tony Williams alla batteria. Le sette composizioni sono tutte a firma di uno dei componenti del gruppo (due la coppia Carter-Davis) fatto salvo il batterista, e si discostano significativamente dalle cose fatte fino ad allora; è un disco di svolta. Oltre a essere “democratico” nelle autorialità delle composizioni è assai equilibrato in quanto ad assetti musicali, sia percettivi sia nella sostanza. Gli appassionati di musica dell’età aurea del Rock (all’incirca da metà dei Sessanta a metà Settanta) conoscono perlomeno nominalmente il gruppo Gong.
Molti tramite la cosiddetta trilogia Radio Gnome Invisible pubblicata nel biennio ‘73-’74, comprendente Flying Teapot, Angel’s Egg e You. Daevid Allen, chitarrista (occasionalmente bassista), cantante e compositore, li fondò (insieme alla cantante e autrice Gilli Smiyth) subito dopo esser fuoriuscito da nucleo originario dei Soft Machine (senza esser presente nel loro album di esordio del 1968). Ero un ragazzino con qualche brufolo e un incipiente mal adattamento scolastico all'indirizzo scelto per la scuola superiore quando ascoltai per la prima volta John McLaughlin: ne rimasi, naturalmente, molto colpito. Quasi mi stordiva la sua aggressiva velocità e reticolare complessità.
Alle profonde cause della sua grandezza giunsi molto più tardi, e molto faticosamente. “Incontrai” tale gigante, né rock né di facile ascolto, sia per la sua “fratellanza” con Devadip Carlos Santana sia per la sua gran reputazione; ovviamente attraverso i dischi del suo gruppo Mahavishnu Orchestra ma pure quelli solisti quali Extrapolation (1969), My Goal’s Beyond (1971) ed Electric Guitarist (1978)*. Tutte opere straordinarie, per specifici motivi differenti, correlate però da un’eccezionale creatività (e abilità esecutiva). The New Standard fu pubblicato da Herbie Hancock all’alba del 1996.
Oggi, 2024, sono passati quasi trent’anni; tanti quanto il tempo trascorso tra quel disco e uno dei Beatles o dei Cream. Ci permette di fare qualche riflessione e trarre alcune conclusioni. Fu suggerito dalla casa discografica Verve, che gli propose di realizzare un disco di canzoni pop-rock “jazzificate”. Similmente a ciò che avevano fatto negli anni ’60 Wes Montgomery e George Benson. Hancock, dopo un primo rifiuto, perché riteneva la proposta troppo smaccatamente commerciale, accettò di farlo. Spectrum di Billy Cobham è tra i dischi strumentali più famosi; di matrice jazz-rock, fu pubblicato nel 1973.
Soprattutto apprezzato dagli ascoltatori rock in virtù di una certa facilità di ascolto data da semplicità e linearità dei temi e dei ritmi, insieme con un’esplosiva energia, a volte aggressiva, data, oltre che da Cobham, dal grande tastierista Jan Hammer e dal chitarrista Tommy Bolin: sono i solisti principali. Tim Buckley è stato tra i più importanti cantautori statunitensi; in attività a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, morì prematuramente nel 1975 all’età di 28 anni.
Non molto conosciuto dal grande pubblico, è però oggi una figura di culto per una nutrita nicchia di ascoltatori e parecchio stimato dalla pubblicistica. Conobbi i Prefab Sprout appena prima di partire per il servizio di leva militare, il loro disco era Steve McQueen, appena pubblicato, quello più noto. E per moltissimo tempo fu l’unico per me.
Correva l’anno 1985 ed ero un giovane che stava studiando musica, appassionato di Jazz-Rock, che si stava avvicinando alla Fusion per modernizzarsi. D’altronde il Rock col quale avevo iniziato a entusiasmarmi per la musica fu subito affiancato dai Return to Forever, Mahavishnu Orchestra, Weather Report… Mi interessava soprattutto la musica strumentale, pertanto pure il Rock più alto e avanzato lo sentivo costringente; figuriamoci il Pop (o Pop-rock). Eberhard Weber è un musicista (primariamente contrabbassista e bassista) e compositore tedesco, attivo come leader di dischi nei primi anni Settanta per la casa discografica ECM, divenendo anche per ciò collaboratore di tanti compositori pubblicati da questa prestigiosa etichetta (Pat Metheny, Jan Garbarek, Gary Burton e molti altri).
L’altra sera a cena, parlandone brevemente con un amico (grande appassionato di musica, specialmente jazz-fusion), mi è venuto in mente che di quel disco-incontro di due apprezzatissimi artisti, ancorché ne avevo fatto tesoro, non ne avevo mai scritto una riga.
I Can See Your House from Here è il nome* del disco pubblicato nel lontano 1994 (registrato dicembre 1993) dai chitarristi-compositori John Scofield e Pat Metheny. È particolarmente interessante per vari motivi. Più di 42 anni fa fu pubblicato un disco di Bill Bruford poco conosciuto ma di gran valore: Gradually Going Tornado. Registrato nell’estate del 1979 e nei negozi nel febbraio 1980; è la terza e ultima sua opera in studio col suo eccellente gruppo Bruford.
Magma è il nome di un eccezionale gruppo francese: poco conosciuto in Italia.
Fondato e capeggiato dal batterista-compositore (occasionalmente cantante, tastierista e percussionista) Christian Vander. Batterista straordinario, non apprezzato quanto merita, forse anche perché, a cominciare dal mix del suo strumento alle parti che idea ed esegue, mai egotico (strumentalmente), sempre al miglior servizio dei brani nel loro insieme: un vero compositore e leader. 1. Outside del 1995 è l’opera più ambiziosa, sperimentale e pregevole di David Bowie del periodo post Settanta, segnatamente la cosiddetta trilogia berlinese; 19 brani nati in studio (per 75 minuti).
È un concept album che vede rinverdita la collaborazione di Bowie con Brian Eno: veste i panni del detective Nathan Adler. Palingenesi artistica. Opera minimale, eppure espressionista; alquanto acustica. Un capolavoro.
Uno dei pochissimi degli ultimi trent’anni di Rock e dintorni. Significativa è la quota di innovazione fornita dalle scarne, impulsive, indolenti e quasi mormorate melodie intonate da Mark Hollis, sostenute da interventi strumentistici che appaiono e scompaiono come fantasmi. È annichilita ogni trivialità pop. Swallow Tales è un album di Jazz pubblicato il 12 giugno 2020 dalla ECM Records a nome di John Scofield.
I nove pezzi sono scritti dal bassista (elettrico) Steve Swallow. Completa il trio il batterista Bill Stewart. L'ultima registrazione di questo trio risaliva al 2007 (This Meets That). I californiani Beach Boys, capeggiati da Brian Wilson, furono tra i più importanti gruppi in assoluto del nascente Rock che, in quell’alba degli anni Sessanta, coincideva col Pop.
La maggioranza delle band rock intorno alla metà dei Settanta è entrata in crisi, ma il settimo disco dei Gentle Giant, Free Hand pubblicato nel 1975, è un ottimo album che avrà un lusinghiero riscontro di vendite e di critica: raggiunsero l’acme anche come gruppo dal vivo.
Flat Out di John Scofield, pubblicato nell’estate del 1989, è un disco da 5 stelle.
Di solito a questi rozzi sistemi, usati dalla comune pubblicistica per le valutazioni qualitative delle opere, sono accostati testi con descrizioni vaghe e asserzioni cariche di aggettivi cui non sono correlate oggettive cause; spesso sono solo effetti delle sensazioni suscitate in chi ne sta scrivendo. Dunque quei giudizi di valore sono inattendibili. Images and Words del 1992 è uno tra i dischi più importanti di una delle band più influenti degli ultimi trent’anni.
Genio nella musica rock è quasi sinonimo di Frank Zappa. Un sostantivo attribuito a lui sin dai suoi esordi circa mezzo secolo fa: a fronte di musiche geniali? Non lo so, forse…
D’altronde poco o nulla è spiegato dalla pubblicistica di allora e da quella successiva; quindi gli ascoltatori che pensano che Zappa sia un genio musicale non sanno perché, nemmeno astrattamente. Però di fronte a un personaggio così palesemente trasgressivo tout court ed enciclopedicamente eclettico non hanno grossi dubbi che Zappa sia geniale davvero. |
Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Settembre 2024
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