Infatti, chi progettava e produceva quei dischi era parecchio attento a ciò.
Penso che moltissimi ascoltatori, sia quelli della mia generazione sia quelli della più recente (a fronte della vinilmania in corso da circa un ventennio), siano abituati alla progressione dei brani (scaletta) dei dischi Lp (i 33 giri) come a dei capitoli di un’affascinante storia musicale che si dipana; pure se non si tratta di un cosiddetto concept album*.
Infatti, chi progettava e produceva quei dischi era parecchio attento a ciò.
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Tutta la tecnologia fisico-meccanica del ‘900 ha fatto sì di poter ascoltare sequenze di suoni registrati tramite una catena di dispositivi atti a immagazzinare dati, leggerli, rivelarli, amplificarli e diffonderli. Fondamentalmente c’è il supporto (il disco) dove sono immagazzinati i dati e il suo lettore-rivelatore (il giradischi). Per alcuni decenni ci sono stati anche i nastri, le musicassette, che per ora sembrano definitivamente tramontate…
Se appartenete a quella stragrande maggioranza di persone, anche musicisti e chitarristi, che ritengono sia la chitarra il più importante strumento "responsabile" dei timbri musicali prodotti dei chitarristi elettrici di rock e dintorni (perciò suoni saturi) e volete continuare a pensarlo senza avere dubbi di alcun genere, non leggete il resto dell'articolo. Quella moltitudine di persone ritiene molto meno importante ciò che è posto dopo la chitarra ovvero l’amplificatore (che rammento essere costituito da pre-finale e altoparlante/i).
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Les Paul, al secolo Lester William Polsfuss, chitarrista e inventore, nasce il 9 giugno 1915 a Waukesha, Wisconsin. E' famoso per aver contribuito al progetto e alla realizzazione (insieme con il team di Ted McCarty) del modello di punta, che porta il suo nome, della chitarra elettrica solid body di casa Gibson, prodotta poi nel 1952: a oggi la Gibson Les Paul, insieme con la Fender Stratocaster, è la chitarra elettrica più nota al mondo.
Le scale musicali sono il DNA per generare musica (sono loro a fornire anche le conseguenti armonizzazioni accordali), sono pertanto il principale mezzo operativo sia compositivo sia improvvisativo; e seppur ce ne siano moltissime decine di già conosciute (e potenzialmente migliaia), si usano sempre le stesse pochissime da centinaia di anni e sempre nello stesso simile modo e maniera (pattern e cliché). Una scala, essendo un sistema predeterminato e limitato di scelta delle note, un ordine a priori, è in sostanza una sorta di macro-cliché da cui attingere le note: se noi le emettiamo in maniera piuttosto sequenziale, possiamo ottenere già un risultato soddisfacente.
Ricollegandomi in parte al precedente post dedicato al grande Satie, aggiungo qualche considerazione e approfondimento sul potente fascino dei cicli ripetitivi (in musica). I cicli sequenziali di eventi possono invertire quello che sembra incontrovertibile, cioè l'assoluta direzione temporale asimmetrica propria di tutte l'esperienze umane: se A è prima di B per il ciclo succedente B è prima di A (ABABA … ecc.). In questi casi dunque l‘attesa del futuro è memoria del passato e la nostra attenzione del presente è sempre attiva per catturarli. La memoria ci permette di ordinare gli eventi temporali già avvenuti (passato) per (nel presente) poterli preconizzare (futuro) nella loro eventualità ciclica.
Il RITMO (e il tempo) si dà come per acquisito naturalmente anche perché nelle passate età era l’elemento dominante: esso governava la musica giacché la melodia e l’armonia (e la timbrica sonica) erano in una fase embrionale. ![]() Il ritmo è comunemente avvertito come un elemento musicale inferiore e oltrepassato in maniera decisiva sin dalla “civilizzata” epoca rinascimentale. Sarà magari anche per questo e quindi per conseguente presunzione e superficialità che a tutt’oggi c’è una scarsa consapevolezza e conoscenza (anche tra gli specialisti). Lo scorrere del tempo (scansione, pulsazione, battiti) in musica è dato dai valori assoluti delle durate assegnati agli eventi che si susseguono periodicamente. L’organizzazione degli eventi in unità di durata (con multipli e sottomultipli) con accentuazioni che ne caratterizzano ulteriormente l’andamento, spesso raggruppati pure in schemi regolari, crea il ritmo: dopo la numerazione e la misurazione appunto delle sue ricorrenze qualitative, esso ci fornirà i metri convenzionali del brano (3/4, 12/8 ecc.) e quindi sarà funzionalmente contenuto in formali misure quantitative (battute). La batteria, la chitarra elettrica e le tastiere elettroniche sono gli strumenti che più hanno contribuito all’innovazione musicale del ‘900.
Le persone che contribuiscono alla nostra CULTURA, dovrebbero avere vocazioni e perizie superiori; ma si riscontra che superiori (di solito), sono solo le loro capacità di premuroso affaccendamento per mantenere quel loro impiego. Infatti, sono spesso dei dilettanti presuntuosamente sapienti, bravi solo a fare “fumo”, pure di non difficile emulazione: basta navigare tra i vari siti Internet, forum, blog ecc., per scoprire quanti sono quelli che riescono a imitare le loro nebbiose prodezze letterarie. ![]() I cosiddetti critici o esperti d’arte sono persone che devono esaminare e giudicare lavori di altri. Lavori che spesso sono frutti di mesi di assiduo impegno pratico dopo anni d’indispensabili studi: le recensioni di tali opere talvolta mi fanno sorridere e talvolta mi fanno arrabbiare. Questi critici non hanno gli strumenti concettuali, tecnici e metodologici adatti per conseguire una visione chiara dei meccanismi della musica e renderne poi conto: sarebbe necessario un riassetto dell’intero campo degli studi musicologici. Gli esperti in certe circostanze fanno dello sterile nozionismo storico e dell'aneddotica (magari cronologica); arrivano calligraficamente a relazionare di minuzie eventualità di questo o quel passaggio musicale. Quasi sempre si abbandonano a mistiche descrizioni ornamentali, inzuppate di prose enfatiche, ampollose e ridondanti, presuntuosamente imitative delle opere. Questi presunti esperti presumono continuamente. Le opere in sé non sono merce. Lo possono diventare se c’è una produzione in serie dei contenuti attraverso copie dell’opera (oggetto).
Il CINEMA è l'unica disciplina artistica che per realizzare l’esemplare originale di un film e quindi per essere concretata, ha bisogno di notevoli risorse economiche (produttori economici ed esecutivi). Di conseguenza, realizzare un'opera cinematografica significa sempre sottoporsi a qualche pratica implicazione commerciale ed economica. Mi è sempre piaciuta la musica. Già da ragazzino, prima di imparare a suonare la chitarra, apprezzavo la musica in quanto sintesi di molti pensieri, e naturalmente mi chiedevo come potessero fare quei compositori a realizzare quelle cose. Poco più avanti, avrò avuto 15 o 16 anni, ho "concluso" che Chick Corea, John McLaughlin, Joe Zawinul ecc., dovessero essere persone molto intelligenti, per riuscire d'immaginare e concretare quello che ascoltavo nelle loro bellissime composizioni. Non avevo le conoscenze idonee per determinare ciò, però era questa la conclusione a cui ero giunto, anche solo confrontando i loro brani con le pur belle canzoni che imperavano all’epoca. ![]() Ma non sono di certo sfuggito al fascino indiscreto degli eroi solisti (coloro che eseguono degli assoli improvvisando delle linee melodiche), che si ergevano come dei capitani coraggiosi in piena battaglia brandendo i loro strumenti come a voler dirigere il proprio esercito in un’impresa eroica in cui loro erano i principali artefici. Ho subìto quel fascino per molti e molti anni; e partendo dai chitarristi rock, che sembravano anche visualmente dei grintosi personaggi vicini agli eroi di cappa e spada delle avventure scritte nei romanzi per ragazzi, sono approdato a musicisti più inclini al jazz, che seppur meno fascinosi avevano dalla loro parte un “linguaggio” diverso comunque più “ricco”. Mi sono appassionato davvero, ho speso tanto in termini di energie, tempi e… denari. Ho studiato e indagato, cercando di scoprire cose vecchie e nuove, con l'unico scopo di comprendere anche confrontandomi con i tanti miei compagni di avventure musicali (amici, componenti dei gruppi in cui ho suonato, allievi) che nel corso del tempo si sono avvicendati; e ai quali dico grazie. Grazie a tutti loro perché mi hanno fatto conoscere cose nuove o considerare quelle che già conoscevo da nuove prospettive. Grazie perché mi hanno consentito di ottenere, dai nostri confronti talvolta anche accesi e focosi, profili e profondità che mi hanno aiutato di crescere ed esercitare ancor meglio la mia professione a tutto tondo.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Aprile 2023
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