Ogni tanto conviene tentare di fare chiarezza, aggirandosi tra le varie leggende che circolano da decenni nel mondo del Rock; saghe che alimentano mal comprensioni di cosa è il Rock, da cosa è formato, musicalmente intendendo. In special modo ne soffre il Progressive e dintorni… In passato abbiamo già affrontato il concetto di psichedelia, e mostrato come sia scorretto correlare questo termine a un genere o a un qualcosa di endemico del Rock; eventualmente da associarlo a un connotativo stilema inter-genere definito da alcune caratteristiche soniche.
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Mi è già capitato che, relativamente alla collana Dischi da leggere, venisse mossa l’obiezione all'approccio di analisi dei brani, come esagerata, inutile ecc... Naturalmente così non è; e nessuno è obbligato a sapere e seguire fino al suo massimo livello di approfondimento. I Dischi da leggere sono infatti libri scalabili praticamente a tutti i livelli, da quello più tattico, ovvero cosa accade quasi secondo dopo secondo (con alcuni pentagrammi), a quelli super strategici, con inquadramenti dei vari artisti storici di larghissimo respiro, correlandoli con quello che c’era stato, c’era, e ci sarebbe stato. Finanche qualche riflessione in termini di estetica musicale.
Cammina sulla strada sbagliata chi pensa che il Settecento, l’età dell’Illuminismo, per la musica fu un periodo splendido, di raziocinio, di progresso. Il ‘700 musicale fu la breve era nella quale si ebbe l’avvicendamento stilistico tra il tardo Barocco con quello Classico: la consacrazione estetica, e in larga misura pratica, del principio che la musica fosse un’arte peggio che secondaria, e che si dovesse sottomettere al testo. Pertanto marginalizzare la musica strumentale e favorire quella cantata, l’Opera.
Nell’antropologia del genere Rock, anche i sassi sanno dell’importanza dei Beatles, che non sono solo come “Lucy” (il nostro remotissimo ascendente), ma anche come Platone, Augusto, Kant e Napoleone: dai primi vagiti a tutta la crescita e matura grandezza. Quindi insieme con loro, ma soprattutto dopo di loro, ci sono stati altri grandi personaggi che hanno fatto evolvere il genere, facendolo sviluppare a loro volta in rigogliosi rami di discendenze/ascendenze.
Bjork (Reykjavík, 21 novembre 1965), l’ultima grande sacerdotessa del Rock, l’ultimo impulso creativo dell’altra metà del cielo nella musica. Semplicemente una fuoriclasse, e come tutti quelli al suo rango, non ha fatto scuola. Dopo le grandi cantanti del Jazz, praticamente tutte di colore e solo interpreti, ci furono alcune grandi cantanti Soul e R&B, anch’esse in stragrande maggioranza di colore, tra cui Aretha Franklin, emersa prepotentemente in quella felice stagione tra i sessanta e i settanta: groove con basso in evidenza e batteria che tiene il tempo, accordi di organo o piano o chitarra, e la sua figura che si staglia in primo piano. Le doti canori ed espressive della Franklin sono già storia, lo stile pure, tendenzialmente aggressivo e su di tono, in tutti i sensi, alquanto urlato... Anch’essa grande interprete e non compositrice, è ancora un modello molto emulato.
La vicenda musicale degli Emerson Lake & Palmer, il più potente e tecnico trio di tutto lo scenario musicale, è straordinaria: dal 1970 al ’73 hanno realizzato cinque rilevantissimi dischi, cui l’ultimo è Brain Salad Surgery (uscito il 19 novembre 1973). In questa opera avevano mediamente 26 anni. Senz’altro la figura predominante è quella di Keith Emerson, IL tastierista rock. Grande istrione e leader; a oggi verrebbe banalmente e mestamente da dire: vittima del suo immenso talento.
A fronte di alcuni commenti sulla pagina Dischi da leggere, in relazione al breve articolo pubblicato ieri su Martin Barre e i Jethro Tull, è stata evidenziata un’affermazione pubblicata su un libro (peraltro di ottima diffusione), riferito al disco Thick as a Brick. Il recensore scrive che l'album in questione è costituito da “…due facciate di musica senza canzoni, con un riff di flauto che affiora più volte lungo il disco e poco più." Ora, di là dell’opinabilissima opinione tanto ingenerosa quanto poco argomentata sui Jethro Tull da parte dell’autore, nella fattispecie non si può non rilevare che le cose per il disco Thick as a Brick, non stanno così.
Il nome di Martin Barre (Birmingham, 17 novembre 1946) è indissolubilmente legato a uno dei gruppi rock più importanti in assoluto: i Jethro Tull. E Barre è stato un chitarrista prezioso perché è stato un chitarrista rock a tutto tondo, in grado di essere molto efficace in tutte le impegnative parti che svolse. E non solo come chitarrista elettrico di memorabili assoli (acclamatissimo quello sul pezzo Aqualung), ma anche di accompagnamenti con precisi arpeggi, accordi, riff e linee melodiche anche con obbligati e complessi unisoni con altri, il tutto spesso in intricate situazioni musicali sotto molti punti di vista.
Peter Hammill (Ealing, 5 novembre 1948) ha un primato che condivide con Ian Anderson dei Jethro Tull: autore di musiche, testi, cantante, strumentista (chitarrista e tastierista), e leader conclamato di un gruppo in assoluto tra i più importanti del Rock: Van Der Graaf Generator.
A distanza di tempo, con questo decimo volume della collana Dischi da leggere, torniamo ad affrontare l’argomento Pink Floyd, tema già toccato con la pubblicazione, datata febbraio 2015, della monografia dedicata al solo Wish You Were Here (n.6). Sospinti anche dagli ottimi riscontri avuti con il volume precedente, riservato al periodo d’oro dei Genesis, con il quale prendevamo in esame sette album, abbiamo deciso di replicare quella formula e dare nuovamente spazio ad una band che ha innegabilmente segnato un’epoca, consapevoli del fatto che ci saranno ancora tanti libri da scrivere su altri artisti e gruppi importanti per la musica popolare del secolo scorso. Questo numero può essere letto, quindi, come un piccolo passo a ritroso, per recuperare e completare un discorso lasciato in sospeso, e successivamente ripartire verso nuove mete.
Tra gli anni ’20 e ’30 del ‘900 ci fu la formalizzazione del Blues come diffusamente lo si conosce ovvero, compendiando, una sequenza ciclica di 3 accordi (maggiori I-IV-V) lunga 12 battute con motivi melodici e riff basati sulla scala pentatonica (con la nota aggiunta di passaggio corrispondente all’intervallo di quinta diminuita e l’oscillazione di intonazione tra terza minore e terza maggiore). Fu un’osmosi tra i più arcaici e semplici brani con canti basati su un accordo (talvolta andando verso il relativo IV) e pochissime note con intonazioni variabili rispetto ai canoni occidentali, e quelli ottocenteschi di Ragtime basati su rapide sequenze scalari e accordali diatoniche; in quanto alla lunghezza dei cicli di battute, tutte e due le prassi musicali erano di misure variabili.
Già detto, in varie occasioni, che il Blues molti decenni fa ha smesso di svilupparsi, anzi si è involuto, e ciò è coinciso innanzitutto con la diffusione della chitarra elettrica con il suono distorto. Continui e recenti dialoghi su questo sito mi fanno riprendere brevemente l’argomento.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Gennaio 2025
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