Carlo Pasceri
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I nuovi standard di Hancock: il tempo li ha "migliorati"

13/1/2024

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The New Standard fu pubblicato da Herbie Hancock all’alba del 1996.
Oggi, 2024, sono passati quasi trent’anni; tanti quanto il tempo trascorso tra quel disco e uno dei Beatles o dei Cream. Ci permette di fare qualche riflessione e trarre alcune conclusioni.
Fu suggerito dalla casa discografica Verve, che gli propose di realizzare un disco di canzoni pop-rock “jazzificate”. Similmente a ciò che avevano fatto negli anni ’60 Wes Montgomery e George Benson. Hancock, dopo un primo rifiuto, perché riteneva la proposta troppo smaccatamente commerciale, accettò di farlo.
​Mise su un gruppo stellare con John Scofield alla chitarra, Michael Brecker ai sax (tenore e soprano), Dave Holland al contrabbasso (basso elettrico nei brani di Babyface, Sade e Prince sebbene non citato), Jack Dejohnette alla batteria (e percussioni elettriche), Don Alias alle percussioni. Registrarono insieme per un paio di giorni.
​
The New Standard all’epoca non mi entusiasmò, ma è invecchiato bene; i motivi principali sono due.
​
Il primo è che a quel tempo (metà dei ‘90) per quanto fossi consapevole della non rosea situazione musicale speravo che il futuro riservasse prima o poi miglioramenti significativi. Non avvenne, non è avvenuto, e non sta avvenendo; e siccome è del tutto incomparabile la creatività musicale espressa tra la metà dei ’60 e la metà dei ’90 e tra la metà dei ‘90 a oggi, apprezzo nel presente di più cose che in passato ho apprezzato di meno: sorta d’indulgenza storica. Penso sia comune a molti una simile dinamica.

Il secondo motivo per il quale TNS è invecchiato bene è dato dalla sua natura prevalentemente acustica. A parte la chitarra elettrica di Scofield, peraltro pochissimo effettata e satura, e non presentissima (pure come volume, e un garbatissimo basso elettrico), gli strumenti sono affatto acustici*. Questo garantisce, in ogni occasione e circostanza, una sorta di eterna giovinezza formale in termini musicali: in futuro le opere risulteranno meno datate perché non sono stati usati effetti e timbri “alla moda”.

​Addentriamoci un poco.
​
​Hancock (a suo dire) si convinse di fare il disco giacché storicamente nel Jazz la gran parte della sua “letteratura” di standard fu data proprio dall’arrangiare canzoni “pop” (solitamente degli anni Venti e Trenta del Novecento), che provenivano in maggior porzione da musical; dunque perché non immaginare quali canzoni sarebbero potute divenire degli standard per i decenni successivi?
Quindi scelse dieci canzoni, e qui subito una differenza sostanziale, una difficoltà: le canzoni (di successo) che i jazzisti adottarono all’epoca che poi divennero dei loro standard avevano soventemente un impianto armonico piuttosto ricco, comunque stimolante, come pure le melodie, mentre le canzoni (di successo) pop-rock moderne spesso sono alquanto povere sia armonicamente sia melodicamente. Pertanto Hancock ha puntato su una ristrutturazione armonica e ritmica; la dimensione melodica è ampliata dai solismi di piano, sax e chitarra (e contrabbasso su Norvegian Wood).

Questi i brani: New York Minute (Kortchmar - Henley - Winding), Mercy Street (Peter Gabriel), Norwegian Wood (Lennon - McCartney), When Can I See You (Kenny "Babyface" Edmonds), You've Got It Bad Girl (Stevie Wonder - Yvonne Wright), Love Is Stronger Than Pride (Andrew Hale - Sade Adu - Stuart Matthewman), Scarborough Fair (Garfunkel - Simon), Thieves In The Temple (Prince), All Apologies (Kurt Cobain), Your Gold Teeth II (Fagen - Becker).
​Altresì Hancock Inserì un brano di solo pianoforte, Manhattan, scritto tempo addietro con la sorella Jean (nulla di speciale ancorché piacque agli statunitensi).
Il disco lo produsse (assieme a Guy Eckstine) e arrangiò (assieme a Bob Belden). 

​I brani più riusciti sono nella prima parte, e sono innanzitutto quelli più squisitamente jazz: le travolgenti New York Minute e You've Got It Bad Girl, e la sofisticata Norwegian Wood.  
Interessanti quelli con arrangiamenti fusion: in testa Mercy Street, intriganti pure When Can I See You, Love Is Stronger Than Pride e Thieves in the Temple.
Benché swing, gradino ancora sotto per Your Gold Teeth II e Scarborough Fair: poco arrangiate, troppo mainstream come elaborazioni, sembrano dei riempitivi. Come pure All Apologies, addirittura andata, quasi paradossalmente, in sottrazione rispetto all’originale (canzone dai contenuti davvero minimi), divenendo in sostanza un blues piuttosto canonico (stile neworleansiano che peraltro pervade alcuni arrangiamenti), sebbene timbricamente particolare, in duo: pianoforte e sitar elettrico (Scofield).

Va da sé che essendoci dei musicisti di rango elevatissimo, il massimo, anche il brano meno creativo nell’arrangiamento è comunque innalzato, nobilitato, dal loro suonare.
I due assi nella manica dei brani pop-rock e dintorni sono gli elementi formali: la fortissima caratterizzazione delle melodie mediante chi canta**, e nei suoni usati. E siccome, come già asserito, armonicamente e melodicamente i contenuti di una canzone pop-rock di norma sono scarni***, un musicista jazz ha difficoltà a “coverizzarla” creativamente ed efficacemente in un pezzo strumentale; tuttavia se capace di spaziare nella Fusion ha ben maggiori potenzialità: miriadi di scelte ritmiche e timbriche. 
​
È ciò che ha fatto Herbie Hancock col suo ambiziosissimo, già dal titolo (peraltro al singolare), The New Standard: vale la pena riscoprilo.

 
*In quattro brani è presente una sezione fiati e un quartetto di archi: impieghi molto discreti.
** Il pianoforte è lo strumento più lontano dall’enorme potenzialità espressiva della voce umana; in questo disco Hancock in alcuni brani si affida al sax per rendere al meglio le melodie in origine cantate.
*** You've Got It Bad Girl è tutt’altro che scarna all’origine, è una canzone molto sofisticata nella sostanza.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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