Più di 42 anni fa fu pubblicato un disco di Bill Bruford poco conosciuto ma di gran valore: Gradually Going Tornado. Registrato nell’estate del 1979 e nei negozi nel febbraio 1980; è la terza e ultima sua opera in studio col suo eccellente gruppo Bruford.
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La maggioranza delle band rock intorno alla metà dei Settanta è entrata in crisi, ma il settimo disco dei Gentle Giant, Free Hand pubblicato nel 1975, è un ottimo album che avrà un lusinghiero riscontro di vendite e di critica: raggiunsero l’acme anche come gruppo dal vivo.
Images and Words del 1992 è uno tra i dischi più importanti di una delle band più influenti degli ultimi trent’anni.
La musica non esiste.
O meglio, esiste solo in un preciso spazio-tempo: la musica finché non è prodotta o riprodotta da strumenti o apparati elettronici che generano una variazione di pressione molecolare dell'aria, quindi un'energia, sussiste solo intellettualmente. Tubular Bells, pubblicato il 25 maggio 1973, è il primo album del britannico Mike Oldfield (e il primo della famosa casa discografica Virgin): per molti aspetti è un disco straordinario.
È noto che il secondo disco dei King Crimson In The Wake Of Poseidon uscito solo sette mesi dopo quello di esordio (In The Court Of The Crimson King) è stato concepito e realizzato tra dissapori all’interno del gruppo; con Greg Lake, Mike Giles e Ian McDonald in via di uscita (abbandonarono dopo la registrazione del disco)*.
È noto che l’età aurea del Rock, all’incirca da metà anni Sessanta alla metà dei Settanta del ’900, ha compreso artisti e gruppi di eccezionale levatura che hanno prodotto capolavori cui ancor si fa riferimento. Innumerabili apporti di grande fantasia creativa e pregevolissime performance strumentistiche ognuno con spiccatissimo carattere individuale. Tra questi si è ulteriormente distinta una tanto piccola quanto importante corrente, per così dire, quella del Progressive, che ha, in stragrande maggioranza, fondato le proprie composizioni su matrici musicali europee e quindi della Classica e del proprio folclore, rinunciando pertanto agli esiti allora più in voga, ovvero a quelli americani segnatamente afroamericani: Rythm & Blues, Rock 'n' Roll, Funk, Jazz e dintorni.
Tra tutti questi artisti un gruppo si è ancor più differenziato, i Gentle Giant; e uno dei motivi lo vediamo brevemente appresso: il brano Three Friends dell’omonimo disco pubblicato nell’aprile del 1972. Come si suol dire, più unico che raro. Who, Genesis, Bach, Gentle Giant, Pink Floyd e Monteverdi sono alcuni tra i nomi più importanti legati da una linea rossa, nemmeno troppo sottile… Nel corso della storia della musica occidentale sono state combattute molte guerre e battaglie sanguinarie. A oggi la guerra più decisiva è quella scoppiata in Italia nel ‘600 che vide coinvolti i fautori della restaurazione del primato del testo e della semplicità melodica, del “recitar cantando”, sulla musica più complessa e raffinata che poco evidenziava le parole e che era da molti considerata un’algida esibizione intellettuale.
La forma offre un elemento identificativo stabile della realtà, infatti spesso di questa tendiamo a prenderne possesso proprio attraverso la percezione della forma; la nostra pulsione è definirne i contorni. Tendiamo perciò ad avvertire la forma per la sua funzione regolatrice. A volte, più o meno consciamente, non comprendiamo una forma ma sentiamo che c’è, per noi è indefinita e quindi ci sfugge, tuttavia non avvertiamo disordine, perché c’è...
Oggi viviamo un tempo di forti contaminazioni culturali, pertanto molte radici dei vari popoli si sono mischiate, innestate e sviluppate in folti rami. Tuttavia non solo fino a pochissimi decenni fa non era così, ma di certo non si può ancora affermare che le diversità e differenze culturali e artistiche si siano azzerate, omogenizzate in un super polpettone post moderno. In musica non è una mera questione di stile e superfici, ma al contrario qualcosa che va parecchio in profondità e indietro nel tempo.
Ammettiamolo, l’assolo di chitarra è roba da vecchi. Un tempo tutte le canzoni ne avevano uno, ma oggi sono in via d’estinzione. Perché la chitarra solista è sparita dal mainstream? Così recentemente un articolista sulla rivista Rolling Stone; e ammonticchiando parecchio confusamente ed erroneamente alcune questioni e argomenti, non si è nemmeno risposto…* Però è vero, gli assoli di chitarra elettrica in special modo con timbro distorto un tempo erano più presenti nelle produzioni musicali; tuttavia la tendenza è iniziata moltissimo tempo fa**, non è cosa recente.
Verrebbe subito da chiosare considerando che storicamente nelle produzioni più disimpegnate, come quelle delle boy band, l’assolo è praticamente assente, pertanto far conseguire che più che indice di modernità la rarità di assoli è sintomo d’immaturità; e viceversa, altro che "roba da vecchi"… Ma approfondiamo un minimo. Nel Rock quel che l’ha fatta da padrone è l’impatto energetico delle performance, dei suoni e degli epici assoli. Tutto ciò ha messo in ombra ciò che invece fa grandemente la differenza tra questo genere e tutti gli altri, compreso il Jazz: l’aspetto formale-strutturale e quello ritmico-metrico. Organiche arguzie compositive non colte o messe correttamente in risalto anche dagli “addetti ai lavori”.
E per rintracciarle non c’è necessità di setacciare le musiche che comunemente sono avvertite come più nobili (Progressive e dintorni), con brani lunghi, ridondanti e manifestatamente complicati… Mauro Pagani è uno dei nostri musicisti più importanti; polistrumentista e cantante, un artista che ha espresso un fare musica di ampi orizzonti, di sguardi rivolti, oltre il nostro Meridione, soprattutto verso le terre dell’Europa orientale, di quelle etnie un po’ zingaresche, comunitarie, ma fortemente intrise di un endemico carattere individualista. Ha splendidamente coniugato suoni e lessici musicali tradizionali ed etnici, le vocalità più personali con le innovazioni della musica strumentale degli anni Settanta, quella del Jazz-Rock di Miles Davis, Mahavihnu Orchestra e Soft Machine.
Dopo dodici numeri trascorsi tra Stati Uniti e Inghilterra eccoci sbarcare finalmente in Italia. Per la prima volta, infatti, ci occupiamo di un gruppo di casa nostra, la PFM, forse il più grande, quasi certamente il più celebre al di là dei nostri confini. Per la prima volta, inoltre, l’argomento di un nostro libro è stato scelto dai lettori attraverso un sondaggio sulla pagina Facebook di questa collana. A gran voce, con un risultato pressoché plebiscitario, ci è stato indicato il nome del gruppo milanese (a scapito di Lucio Battisti – ma gli ammiratori del musicista di Poggio Bustone non disperino). Infine, anche la copertina del libro è stata selezionata con lo stesso metodo.
Nella storia del Rock non di rado è capitato che alcuni musicisti della prima fase di straordinari gruppi, per varie ragioni, siano stati sostituiti, e i loro successori ben accolti e rammentati. Di più, alcuni di questi musicisti, al netto delle inevitabili “sparate” dei fan, comunque alquanto sovrastimati e celebrati. Barriemore Barlow (Birmingham, 10 settembre 1949), il batterista dei Jethro Tull della loro era progressive (da Thick As Brick del ’72 a Stormwatch del ’79), fu ben accolto, ma non molto rammentato né giustamente stimato, anzi.
L'immagine al centro di questo post a molte persone non dirà nulla. Questo però è, come dire, nero su bianco, uno dei riff che gli italiani conoscono maggiormente. Lo conoscono anche quelli che poco o nulla si sono interessati alla musica più impegnativa o a quella strumentale. Lo conoscono perché c’è stato un gruppo, di musica strumentale, che al culmine dell’esiziale crisi della stagione aurea che ha attanagliato il grande Rock e dintorni seppe conquistare una considerevole quota di importanza (anche internazionale) a tutt’oggi riconosciuta: i Goblin.
Da un po’ di tempo dall'editoria nazionale musicale è inviato qualche segnale differente: alcune iniziative di libri sul Rock che vanno oltre la solita aneddotica, spesso agiografica, tentando, giustamente, sintesi sulla musica di questi gruppi e musicisti sulla base di analisi musicali. Serie sintesi, ossia descrizioni e giudizi, non ci possono essere senza accurate analisi (e prospettive storiche). Un libro sui Van Der Graaf Generator e un altro sui Gentle Giant, preferendo quest’ultimo, li consideriamo un buon segnale. Poi ne sono giunti alcuni su uno dei più amati e stimati gruppi in assoluto: i King Crimson. E qui approssimazioni, contraddizioni ed errori in misura esagerata. Un accanimento contro i KC, cerchiamo almeno un minimo di riparare…
Nel Rock di solito si riesce con poco a fare molto. E di là di alcune articolate e difficili composizioni suonate benissimo, è affascinante quando alcuni rocker con pochissima materia musicale, similarmente ai jazzisti (che suonino Fusion o altro), riescono a generare musica interessante. E due gruppi in particolare si sono distinti ai massimi livelli in ciò: Pink Floyd e King Crimson. Il primo in un ambito di meravigliosa suggestione, oscillando tra canzoni da falò e incanti estesi e magmatici: musiche che sembrano facili da realizzare ma in realtà alquanto complicate… L’altro in un ambito quasi opposto, ossia di nobilitare a somme altezze sostanze che in nuce sono alquanto plebee, sofisticandole in maniera così straordinaria che esternamente sembrano musiche complesse nell’essenza.
Swinging London! A metà anni Sessanta del XX secolo Londra è l'ombelico del mondo. Irradiava un vitalissimo fermento giovanile, oscillava impetuosamente verso il futuro; effervescenza che naturalmente ha innescato importantissime cose musicali. Fatti salvi i Beatles e tutto il grande Rock più di massa, ci fu un movimento più virato verso la musica strumentale che, partendo dal Blues e mischiandosi con istanze più avanzate, ha generato molte validissime realtà, tra cui i Colosseum del batterista Jon Hiseman che proveniva da importanti esperienze.
Negli anni Sessanta del secolo scorso è nato il Rock, e sul finire di quel decennio già voleva diventare grande. L’elemento di sviluppo strutturale più importante fu quello di progredire mediante l’alterazione della forma canzone, ovvero, in fase compositiva, di accumulare un più grande numero di sezioni rispetto al paio di ossatura che erano di norma presenti nei brani e che ciclicamente, e quindi in maniera continua, erano esposte (con un’introduzione e un finale sovente in sfumando); anche quelli del Jazz e dintorni avevano questo semplice assetto.
All’alba del 1972 (gennaio) è pubblicato il primo disco del nostro maggior gruppo Rock, la Premiata Forneria Marconi. Si chiama Storia di un Minuto e contiene sette brani (tra cui due pubblicati nell’autunno precedente in forma di 45 giri: Impressioni di Settembre e La Carrozza di Hans). La PFM è costituita da Franco Mussida, chitarrista e compositore delle musiche, Mauro Pagani, flautista, violinista e autore dei testi*, Flavio Premoli, tastierista, Giorgio Piazza, bassista e Franz Di Cioccio, batterista; tutti cantano.
Il 19 febbraio 1971 gli Yes pubblicano il loro terzo disco The Yes Album. Il gruppo inglese riparte da questa importante opera dopo due dischi più che buoni (Yes e Time And A Word) pubblicati precedentemente, interessanti sotto vari profili. Entra in squadra Steve Howe al posto del pur bravo Peter Banks. Howe sarà colui che incarnerà il chitarrista di riferimento in quanto a versatilità ed espressione “pirotecnica” sia per quanto concerne i generi e stili chitarristici sia di suoni e modi d’impiego della chitarra (e i suoi derivati cordofoni: lap steel, mandolino ecc.). E’ il chitarrista di stile più schiettamente americano di tutti i suoi coevi colleghi. Howe contribuirà anche come compositore. (All'opposto questo disco sarà l’ultimo del tastierista Tony Kaye, sostituito da Rick Wakeman dal successivo disco Fragile)
Gentle Giant è un gruppo inglese importantissimo di Prog-rock, ma quello che tra i grandi ha avuto meno successo (fatta salva l’Italia). Costituito basilarmente da Derek Shulman - voce solista, Ray Shulman - basso, Kerry Minnear – tastiere, Gary Green - chitarre elettrica e Martin Smith - batteria. Tuttavia sono dei polistrumentisti e, a parte il batterista, cantano tutti.
Jethro Tull, prima del Prog. Sarebbe potuto essere il titolo di questo volume 12 di Dischi da leggere. Sì, perché del gruppo britannico abbiamo scelto tre dischi che formano un corpus particolare (la trilogia celtico-sassone, come la definisce Carlo Pasceri nel libro), uno l’evoluzione dell’altro fino a sfociare nel capolavoro Aqualung che, lo diciamo sin da subito, non è un disco Progressive, come da sempre affermato da certa critica “distratta”: non lo è nelle forme e nei contenuti musicali realizzati dai JT. Ma avrete modo di approfondire questo e molto altro all’interno del volume.
I King Crimson con il loro primo disco “In the Court of the Crimson King” (10 ottobre 1969) hanno elaborato in modo sofisticato gli elementi più semplici di un certo fare Rock, immettendoli in un involucro diverso. Hanno prodotto in questo modo un disco che diverrà epocale.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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