Strumenti... che passione!
di Carlo Pasceri
La passione per la musica si è accesa nel lontano 1977 a fronte della mia visione al cinema di un film-concerto dei Led Zeppelin “The Song Remains The Same”, e un film-documentario su Jimi Hendrix, tutti e due nello stesso pomeriggio: fui folgorato.
Qualche tempo dopo vidi alla televisione in bianco e nero di casa, un live della Billy Cobham&George Duke Band, con Alphonso Johnson al basso elettrico e John Scofield alla chitarra elettrica: la fiamma non diminuiva, anzi aumentava. D’altra parte ero ben predisposto a fronte di ascolti fatti a casa di un mio amichetto dell’epoca: sua sorella maggiore aveva dell’ottima musica (Lucio Battisti, Genesis, Santana, EW&F ecc.), oltre che un ottimo impianto Hi-Fi che noi ogni tanto usavamo indebitamente… Sono dunque cresciuto ascoltando i suoni degli anni settanta, e la vera novità oltre all’elettrificazione e al filtraggio della chitarra e del basso, erano le tastiere: ho amato (e amo ancora) piani elettrici (soprattutti Fender Rhodes), organi (soprattutti Hammond con altoparlanti Leslie) e sintetizzatori (soprattutti Moog e Arp). Quindi i bassi elettrici (sopra tutti Fender Precision e Rickenbacker serie 4000), e ovviamente le chitarre elettriche. Ricordo pertanto di essere stato da sempre affascinato dagli strumenti elettrici ed elettronici. Quelli acustici li apprezzo ma ho nelle orecchie, nel cuore e nella mente quegli altri. Non vi elenco tutte le chitarre, ampli ed effetti da me posseduti negli anni poiché sarebbe davvero lungo e noioso tanto quanto quello di un qualsiasi catalogo di strumenti: oggi ho 18 chitarre (tra elettriche, fretless, acustiche e semiacustiche), 12 amplificatori, 9 processori digitali, 21 pedali (13 di questi sono overdrive e distorsori). |
Le Chitarre
Però qualche eccezione me la voglio permettere: la mia prima chitarra elettrica fu una Duke, comprata nei primi mesi del 1978 (con i soldini da me risparmiati). Ricordo che questa Duke aveva un sistema simile a quello della chitarra di Brian May: 3 grossi pick-up monobobina con 3 selettori acceso/spento che faceva conseguire ben 7 combinazioni possibili. Questa particolarità rendeva la timbrica della chitarra oggettivamente flessibile come nessuna; peculiarità che ho ritrovata in una chitarra-muletto headless a me tanto cara acquistata nel 1990, compagna di tante avventure sia in studio sia dal vivo: la Hohner G3-T. Ad ogni modo nell’estate 1976 avevo acquisito la mia prima chitarra in assoluto (una chitarra classica di cui non ricordo la marca), che fu il regalo dei miei genitori per la promozione in terza media. Inoltre l’anno dopo (1977) mi regalarono un sistema audio compatto per aver superato lo scoglio degli esami di terza media: cominciai a “macinarlo” con Santana, Mahavishnu Orchestra, Return To Forever, Al Di Meola, Weather Report, Frank Zappa, Genesis, Pink Floyd, Jimi Hendrix, Led Zeppelin e i nostrani PFM e Area: non ci capivo un granché ma mi incantavano comunque! Da sempre ho preferito musiche che avessero qualcosa di sorprendente e poco prevedibile, perciò i generi Jazz-Rock e Progressive erano perfetti per me. Ma già negli '80 mi sono dedicato molto anche al Jazz: lo stato dell'arte dell'improvvisazione. All'inizio degli anni '90 mi sono appassionato alla Classica, musica avanzatissima soprattutto quella del ’900. |
Nel 1987 c’è stato l’acquisto della mia prima chitarra sintetizzatore, il famigerato guitar sinth polifonico Roland G-707 con annesso il modulo GR700: tanto costoso (quasi 5 milioni dell’epoca, un’enormità), quanto stimolante e divertente. Le ore moltiplicate per 100 che ho speso per domarlo (se non si suonava con precisione emetteva dei suoni assurdi), indagarlo (era un UFO anche a guardarlo), e programmarlo le ricordo comunque con simpatia e un pizzico di nostalgia. D’altro canto era l’evoluzione del G303 di fine anni ’70 usato da Pat Metheny perciò reso noto ai più. Nei primi mesi del 1990 vendetti il Roland “spaziale” a favore del più moderno Roland GM70 con pick-up esafonico GK1. Era un sistema a rack di convertitore Midi interfacciabile a qualsiasi modulo di sinth, e pick-up di rilevamento installabile su qualsiasi chitarra. In effetti era più preciso, affidabile e flessibile del G-707: ancora lo possiedo.
Nel 1986 ho acquistato quella che ritengo la mia chitarra numero 1: la Yamaha S(B)G 2000. Questa chitarra vibra e ti lascia fare come nessun’altra, mi ha dato felicità nel suonarla: anche tra le innumerevoli che ho collaudato per la rivista Axe (alcune davvero molto belle e preziose), solo pochissime si sono appena avvicinate a questa. Ritengo la PRS Custom (24 tasti prima serie) una pregevole chitarra, l’ho acquistata nel 1990 e da allora l’ho usata molto sia dal vivo sia in studio essendo un ibrido davvero azzeccato tra le due grandi scuole: Fender (Stratocaster) e Gibson (Les Paul). Non l’ho mai amata davvero ma è stato matrimonio se non felice comunque sereno e pieno di soddisfazioni. |
Un’altra mia grande soddisfazione è un esemplare di Fender Stratocaster (quasi) replica di quelle del 1960, da me modificata soprattutto per quanto concerne le meccaniche: ho montato delle Sperzel autobloccanti per aiutarla nel mantenimento dell’accordatura. Posseggo 3 Fender Stratocaster e questa è quella che suona e mi fa suonare meglio: suono grosso, presente e dinamico, con un feeling al manico (sottile e curvato con tastiera da 21) per me un po’ troppo retrò, pertanto mi pungola esortandomi a non adagiarmi su certe consuetudini tattiche. Infatti a me non piace stare troppo sulle comodità…
Gli Amplificatori Però io ho una predilezione per gli ampli (anche rispetto alle chitarre), e la faccio risalire ai primissimi anni ’80. La devo, su tutto e su tutti, a Carlos Santana: il suo suono mi è sempre piaciuto ed io lo imputavo a quel fantastico Mesa/Boogie che aveva alle spalle, quindi la bramosia di ottenerlo era grande. Avevo in sostanza ragione (ma solo dopo ne ho avuto certezza del primato in termini timbrici degli ampli sulle chitarre), ma in effetti allora avevo solo una motivazione empirica: quando provavo le chitarre dei miei amici o nei vari negozi in cui mi recavo, pur suonando quelle che utilizzavano appunto i miei beniamini, non ottenevo se non molto, molto vagamente, i loro timbri. All’inizio ero sconcertato. Ho i Mesa/Boogie che più m’interessano: la riedizione del Mark I, il Mark IIB, il MarkIII e lo Studio Caliber 22+. A parte quest’ultimo, infatti più moderno considerato che risale al 1986, e il primo, oggettivamente più semplice pertanto con meno “utilità” ma che possiede un impatto eccezionale, gli altri due li ritengo delle macchine timbriche pressoché definitive: hanno una flessibilità incomparabile, sono delle vere e proprie fucine di suoni. Resta inteso che sia il Mark I sia il Caliber, hanno una duttilità da vendere se raffrontata con altri ampli, pure della stessa casa madre Mesa. |
Ovviamente i gusti e le convenienze non si discutono, perciò se qualcuno ha bisogno ad esempio di un timbro alla metalrectifier fa ben prima ad attaccare la chitarra ad un Mesa Rectifier o simili: a buon intenditore poche parole!
Ma verso la fine degli anni ’90 mi sono invaghito pure dell’altra metà del cielo ossia degli ampli Marshall: per questo devo ringraziare il mio amico Luciano Falconi, grande chitarrista ed esperto marshallista. Il Marshall che mi è piaciuto di più è il combo JCM900 (2x12) che ho acquistato nel 1999: ha quel timbro feroce e armonico ma allo stesso tempo presente e dinamico (caratteristiche alle quali non rinuncio mai), che ho imparato ad amare. Un altro amplificatore che sono contento di avere è il Rivera 55/12: anche per questo si può fare lo stesso discorso della PRS: non ne sono innamorato ma è un ibrido molto ben riuscito e stimabilissimo tra le scuole Mesa e Marshall.
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