L’8 marzo 1936 nasceva a Budapest il chitarrista ungherese Gabor Szabó. Una volta emigrato negli USA fu ingaggiato da Chico Hamilton (sostituendo Jim Hall), con cui da 1962 al ’66 registrò ben otto dischi prima di avviare una sua proficua carriera solista.
L'approfondimento completo su Gabor Szabó è disponibile sul libro 📙 Eroi elettrici
L’8 marzo 1936 nasceva a Budapest il chitarrista ungherese Gabor Szabó. Una volta emigrato negli USA fu ingaggiato da Chico Hamilton (sostituendo Jim Hall), con cui da 1962 al ’66 registrò ben otto dischi prima di avviare una sua proficua carriera solista.
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Dopo dodici numeri trascorsi tra Stati Uniti e Inghilterra eccoci sbarcare finalmente in Italia. Per la prima volta, infatti, ci occupiamo di un gruppo di casa nostra, la PFM, forse il più grande, quasi certamente il più celebre al di là dei nostri confini. Per la prima volta, inoltre, l’argomento di un nostro libro è stato scelto dai lettori attraverso un sondaggio sulla pagina Facebook di questa collana. A gran voce, con un risultato pressoché plebiscitario, ci è stato indicato il nome del gruppo milanese (a scapito di Lucio Battisti – ma gli ammiratori del musicista di Poggio Bustone non disperino). Infine, anche la copertina del libro è stata selezionata con lo stesso metodo.
Da un po’ di tempo dall'editoria nazionale musicale è inviato qualche segnale differente: alcune iniziative di libri sul Rock che vanno oltre la solita aneddotica, spesso agiografica, tentando, giustamente, sintesi sulla musica di questi gruppi e musicisti sulla base di analisi musicali. Serie sintesi, ossia descrizioni e giudizi, non ci possono essere senza accurate analisi (e prospettive storiche). Un libro sui Van Der Graaf Generator e un altro sui Gentle Giant, preferendo quest’ultimo, li consideriamo un buon segnale. Poi ne sono giunti alcuni su uno dei più amati e stimati gruppi in assoluto: i King Crimson. E qui approssimazioni, contraddizioni ed errori in misura esagerata. Un accanimento contro i KC, cerchiamo almeno un minimo di riparare…
Miles Davis qualche mese prima dell’agosto 1969 (in febbraio), per il disco In A Silent Way, aveva cominciato massicciamente a sperimentare soluzioni elettroniche e manipolazioni in post-produzione, sempre con l’aiuto del fidatissimo Teo Macero. In Bitches Brew, quell’esperienza è portata alle estreme conseguenze. E la sua musica davvero si può pregiare di attribuirsi appunto l’aggettivo (all’epoca abusato e forse ancora oggi) di “sperimentale”.
Phil Collins, in quanto a stile, è un batterista di evidente stampo europeo; la sua derivazione wyattiana è la più consistente, ma è chiara anche una porzione moerleniana (Pierre Moerlen, batterista dei Gong). Tuttavia, in seguito, dopo la metà dei ’70, il suo batterismo si è proteso più distintamente in due direttrici. Da una parte un muscolare e teso Jazz Rock (soprattutto nella militanza con i Brand X); dall’altra, attento all’efficacia dell’applicazione del groove e al contempo più elegiaco narratore, perciò con sfumature sia come variazioni del riff ritmico sia sonore.
A distanza di tempo, con questo decimo volume della collana Dischi da leggere, torniamo ad affrontare l’argomento Pink Floyd, tema già toccato con la pubblicazione, datata febbraio 2015, della monografia dedicata al solo Wish You Were Here (n.6). Sospinti anche dagli ottimi riscontri avuti con il volume precedente, riservato al periodo d’oro dei Genesis, con il quale prendevamo in esame sette album, abbiamo deciso di replicare quella formula e dare nuovamente spazio ad una band che ha innegabilmente segnato un’epoca, consapevoli del fatto che ci saranno ancora tanti libri da scrivere su altri artisti e gruppi importanti per la musica popolare del secolo scorso. Questo numero può essere letto, quindi, come un piccolo passo a ritroso, per recuperare e completare un discorso lasciato in sospeso, e successivamente ripartire verso nuove mete.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Ottobre 2024
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