Insomma non si trova granché in giro di questa distintiva musica che ha nel suo DNA un’importante quota di Jazz, che poi miscela pregevolmente con altri generi: solo per questo dovrebbe esser coccolata, sostenuta, diffusa: è strutturalmente differente da tutte le altre musiche.
In questo senso la differenza con il Pop, con il Rock e con il Funk è decisiva: questi generi non hanno matrice jazz. Certo, la Fusion è perlopiù strumentale e possedendo un linguaggio di ascendenza jazz, il pubblico di massa è meno preparato ad accoglierla; ma se ascoltata con un po' di attenzione, non è di così difficile “comprensione" e assimilazione, anzi.
La Fusion ha unito le notevoli capacità strumentistiche dei suoi alfieri con le novità tecnologiche che a mano a mano si avvicendavano in quei fiorentissimi anni di evoluzione elettronica e di estri. | La Fusion è primariamente un amalgama tra Jazz e Pop, dunque senza grossi strappi ed estremismi sonici, sovente tanto raffinata quanto intermedia e lineare, se confrontata con il Progressive e il Jazz-Rock. In maniera un po’ sbrigativa e brutale si può intenderla come il concretarsi di una sofisticata song strumentale funkeggiante con solismi jazz’n’blues (a volte d’indole esotico-etnica). Va da sé che poi c’è chi l’ha declinata in modo più complesso, elettrico e virtuosistico, e chi no. Naturalmente nella sua parabola (dai primi ’70 ai primi ’90), come per tutti i generi musicali, ci sono stati capolavori (e una volta tanto è il caso di spendere questa parola così abusata), cose pregevolissime, altre meno, e mediocrità, però ciarpame non c'è mai stato come in altri generi. Ciò perché è difficile accedere a questa musica: la soglia sta a un’altezza non indifferente per quanto concerne preparazione teorica e tecnica: non si studia qualche anno musica e strumento e ci si mette a suonare pezzi fusion, nemmeno a copiarli. Da rilevare che il numero dei musicisti in forze alla Fusion è esiguo. Infatti nemmeno tutti i jazzisti sono in grado di suonarla con perfetta proprietà di linguaggio, giacché ha bisogno pure di un’articolazione più funky, d’attacco, di meno affabulazione e capacità di sintesi, di apertura ad altri suoni ed elettrici, ritmi e scansioni più binarie: condensato di caratteristiche non così comuni a loro. |
Tuttavia, quasi fosse stata musica imbarazzante, inferiore (vuoi anche per la crisi e involuzione commerciale che ha avuto), molti appassionati e addetti ai lavori hanno voluto quasi dimenticarla (le ragioni sono tante e non è questo il tempo né lo spazio per parlarne). Ed è una disdetta, perché la Fusion è una parte molto importante del patrimonio collettivo musicale del ‘900; e il fatto che, oltre a essersi praticamente estinta, la quantità di opere è minima, dovrebbe spingere molti a recuperare questo piccolo capitale musicale.
E per favorire ciò evidenziamo qualcosa che pochi sanno: il nostro Pino Daniele è l’UNICO cantautore italiano che ha prodotto della Fusion (cantata). Cugino di primo grado, oltre che degli Steely Dan, di Stevie Wonder, John Martyn, Gino Vannelli, Al Jarreau, Joan Armatrading, George Benson, Earth Wind & Fire, Michael Franks, Rickie Lee Jones… La sua discendenza è confermata anche dalle numerose collaborazioni, infatti, ha avuto come strumentisti al suo fianco numerosi autori e strumentisti Fusion tra i migliori in assoluto del panorama mondiale. Pino Daniele è straordinario anche per questo, e vale la pena di riscoprire la Fusion fosse anche per comprendere meglio la discendenza di uno degli artisti italiani più notevoli in assoluto.
PS: Pochissima anche la Fusion pura (strumentale) italiana, i migliori sono stati i Lingomania, gruppo capeggiato dal sassofonista di chiare ascendenze shorteriane: Maurizio Giammarco. Appresso ci sono alcuni bei dischi solistici del batterista Roberto Gatto, e dei chitarristi Umberto Fiorentino e Francesco Bruno.
PPS: Rammentiamo il caso di Sting che, dopo i Police, a metà '80, è passato alla Fusion; altresì al termine degli 80 e l'inizio dei ’90 ci fu il movimento acid jazz: simpatico ma sterile fenomeno di recrudescenza fusioneggiante di origine britannica, semplificazione soul-cantata-ballereccia di ben più nobili ascendenti.