Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Giovane e spregiudicato: il fenomeno Tony Williams

12/12/2016

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Tony Williams, batterista e compositore, di là delle correnti stilistiche, è stato nel Jazz colui che ha più di ogni altro interpretato in termini tecnici/formali e innovato in termini di contenuti ideativi il linguaggio batteristico, elevando ulteriormente l’asticella già posta molto in alto da suoi eccellenti predecessori. 
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Fu il batterista che, nemmeno diciottenne, nel ’63, approdò senza alcun timore reverenziale alla corte di Miles Davis, imprimendo sia alla batteria Jazz sia alla musica del quintetto del trombettista, una propulsione straordinaria. 
In seguito suonò con tutti i grandi del Jazz e, per almeno quindici anni, fu quanto di meglio qualcuno poteva ottenere avendolo nel proprio gruppo, per l’eccellenza della sua musicalità espressa continuamente: nel necessario supporto di scansione del tempo di accompagnamento o nei brevi break fraseggiati o assoli veri e propri. Capace di guidare la musica di un gruppo, trascinandolo con la sua stupefacente azione e, al contempo, di farlo a fronte degli “umori” e delle parti che eseguivano sia chi accompagnava sia chi era al proscenio per temi o assoli; dimostrando contemporaneamente potenza e flessibilità, controllo e fantasia.

Già questo basterebbe per farlo entrare nell’Olimpo, nei posti più eminenti, ma non si fermò qui, arrivò in cima… Ci giunse perché affrontò la sfida della scansione binaria del Rock e dintorni con portentosa creatività, precisione e grinta sin dagli esordi (’69) con il suo fantastico trio proto Jazz-rock Lifetime, tracciando, anche per questo genere, percorsi futuri del batterismo, distinguendosi peraltro anche a livello compositivo.

Dunque ciò che lo ha contraddistinto sia nel versante Jazz (che ha prettamente scansione terzinata) sia nel versante Rock (binaria o complessa), era l’eccezionale abilità di condurre i gruppi, formati spesso da colossi, in direzioni e mete inusitate, perché padrone totale del tempo che distribuiva indifferentemente sia in spazi e forme aperte, finanche free, sia del tutto organizzati e obbligati.
E ciò lo realizzava sia in modo aereo facendo fluttuare il tempo con poliritmi e polimetrie che sovente inventava (pure in modo estemporaneo), stratificando linee tensive in contrasto a quella base, sia distribuendo colori sonori con minime direzioni impulsive e silenzi; ma anche con serrati groove ostinati o complicati che fossero, esprimendo una potenza di drive e sensibilità che solo pochissimi al mondo sono stati in grado di eguagliare.

Sicuramente c’è stato qualche batterista che nel proprio genere, anche quello più totale come il Jazz-rock (un nome per tutti: Billy Cobham), ha ulteriormente contribuito a tracciare percorsi, chi episodicamente chi in maniera continuativa, ma nessuno come lui nei due mondi e così massicciamente; l’unico epigono (non emulo) degno di essere menzionato è Jack DeJohnette.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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