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Libro Eroi Elettrici

Miles Davis, il padrone del silenzio

28/9/2017

7 Comments

 
Miles Davis, figura musicale incomparabile di trombettista, compositore e leader di una pletora di gruppi di tutte le specie, attraversando quasi mezzo secolo del secondo Novecento, ha innovato in modo pressoché continuo. 
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In questo brevissimo profilo si pone l’accento sull’aspetto strumentistico, tentando di trarre alcune conclusioni…
Si è detto che Davis era il virtuoso del non virtuosismo… è passato per uno strumentista tecnicamente non eccellente. Straordinarie idee ed espressività, ma non veloce e pulito, come per esempio gli epigoni di Gillespie, anzi praticamente la sua antitesi: vero, solo che…
​
Innanzitutto in musica sin da troppo tempo c’è questa scorretta equazione: si è tecnicamente bravi se veloci, fluidi e netti; e (quindi) viceversa. Tuttavia più si è in questa maniera meno è personalizzato il profilo musicale a livello sonoro ed espressivo. Così la conduzione delle linee musicali è neutra e non caratterizzata e quindi stilisticamente notevole: non emerge la personalità del musicista.
La tecnica formale del saper esporre musica in maniera rapida e pulita, è la condizione appena successiva a quella primigenia di saper dove mettere le mani sullo strumento per produrre la nota desiderata. Andar su e giù facendo le scale per ore al giorno, per anni, è esercizio comune a tutti musicisti, in special modo a quelli grandi.
Quando nel 1945 Miles nemmeno ventenne approdò alla corte del nuovo Jazz (quello del nascente stile be-bop) dei re Parker e Gillespie, non si distinse in modo particolare, giacché era conforme al be-bop e quindi al “mostro” Dizzy: idee e tecniche stellari, nuove, che strabiliarono tutti, veterani e giovani, Davis compreso. (Gillespie fu un gigante anche perché oltre a essere velocissimo e fluido introdusse elementi di novità di linguaggio ovvero scale, articolazioni, scelte di registri ecc.).

Davis fu influenzato anche da Freddie Webster, trombettista morto giovane proprio in quegli anni, ma che già si era fortemente messo in luce a fronte di uno stile e sonorità primeggianti e differenti da Gillespie.
Seppur esigue le testimonianze del Davis esordiente ai tempi di Parker, si può riscontrare in alcuni brani, per esempio in Ornithology (’46), A Night in Tunisia (’46) e Salt Peanuts (live ’48), la sua tecnica formale stilisticamente aderente a quella di Gillespie, e quindi il suo essere molto preparato in tal senso, confermando il percorso che tutti hanno: essere abili nell’emettere note rapidamente, in modo fluido e pulito, ed emulare il linguaggio di qualche importante modello. Ha poi cercato e trovato la sua strada percorrendo altre vie.

Miles negli anni progressivamente tende ad abbreviare le lunghezze delle frasi, più cromatico (suonare sequenzialmente la scala cromatica) ed essenziale allo stesso tempo, scolpendo il profilo armonico delle serie accordali per mezzo di note guida (sorta di neo cantus firmus di gregoriana memoria), più drammatico, frammentario e sospeso, modale e pantonale, dissonante, con ostinati e spunti dodecafonici. A volte completamente “free”, e sempre senza vibrare le note.
Il nostro passava dal suonare nel registro grave, velato e misterioso, finanche minaccioso, al graffio lacerante, lamento stridulo e incisivo, transitando nella mediosa morbidezza talvolta melliflua e ammiccante nel suo felino incedere, talaltra, dopo una rapida e cromatica salita/discesa perfettamente scalare, il suo abbandonarsi nel mezzo: neutra sospensione sia emotiva che cognitiva, totale.

Davis il padrone del silenzio, allusivo, maestro del non detto, dell’alterazione e torsione, della frattura e disallineamento dai mondi altrui, del solitario spingersi sempre più in là per esplorare il buio, pericoloso, illuminandolo con la fiamma del rischio che tale scelta umana offre; vincendo, anche se si è perduto.

Le analisi musicali di due capolavori di Miles Davis sono incluse nel libro Dischi da leggere - Collezione 1.
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7 Comments
Roberto
9/10/2017 21:48:55

La tua analisi è certamente ben argomentata, ma non mi trova concorde. Nulla da eccepire sulla grandezza di Davis quale innovatore stilistico e sulla capacità di circondarsi di ottimi e in qualche caso geniali musicisti, valgano per tutti Bill Evans, John Coltrane, Wayne Shorter e Gil Evans. Ma il Davis trombettista è stato veramente grande si e no un decennio da fine anni 50 - fine anni '60, esemplificando da Milestones ai dischi incisi ai Fillmore nel 1970. Si è giovato delle morti precoci avvenute in momenti importanti della sua carriera di Fats Navarro, Clifford Brown e Booker Little. E, a parte l'immenso Gillespi e, Kenny Dorham, Charles Tolliver e ancor di più Freddie Hubbard e Lee Morgan gli sono stati superiori. Nel free jazz e nell'avanguardia Lester Bowie e Don Cherry hanno mostrato sensibilità e capacità di ricerca più profonde.


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carlo pasceri
10/10/2017 15:04:47

Caro Roberto grazie dell'intervento,
identificando Davis come un grande soltanto in quella parabola temporale, sembri manifestare un preciso orientamento di scala di valori nella stima strumentistico-musicale, infatti è (a volte) il Davis, a livello articolativo, più vicino ai bravissimi trombettisti da te citati, che peraltro sono più o meno tutti della stessa scuola di linguaggio/tecnico-stilistico: puliti, fluidi, rotondi, rapidi….
Così confermeresti la scorretta e diffusa equazione riportata nell'articolo: come creatività di linguaggio, sensibilità, architetture solistiche, forme, fantasia, sfumature ecc., quelli, tutti, non paragonabili a Davis, almeno una categoria indietro. D’altro canto gli ottimi Bowie e Cherry hanno fatto le loro interessanti estroverse ricerche, ma non per questo sono più avanzati di Davis negli esiti, giacché hanno poi applicato e sviluppato poco… non hanno integrato ad altro.

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Roberto
10/10/2017 15:38:44

Tralasciando Navarro, Brown e Little dannatamente sfortunati, limitandomi agli altri trombettist citati quattro grossomodo riconducibili allo stile hard bop e modale gli si può forse rimproverare di non essersi evoluti creativamente o verso il jazz-rock (quello iniziale fino ai primissimi anni '70) o verso il free. Peraltro Hubbard, benché comprimario, suona magniifcamente in Free Jazz di Ornette Coleman, Out To Lunch di Eric Dolphy e Ascension di John Coltrane.
Per me, basta solo questo a porlo un gradino sopra Miles Davis.
Morgan, Dorham e Tolliver hanno anche loro mostrato interesse più da comprimari che da titolari verso l'avanguardia: Dorham suona in Point Of Departure di Hill, Morgan suona in Evolution di Moncur; Tolliver suona con McLean in It's Time.
Bowie e Cherry ne hanno fatto parte in maniera attiva ed estesa lungo un percorso durevole nel tempo.
Dove starebbe l'applicazione e lo sviluppo di Davis rispetto a costoro?
Il Davis 1981-1991 mi pare abbastanza trascurabile anche se commercialmente fortunato e il Davis precedente non mi pare abbia mostrato esiti più avanzati.
Questione di opinioni, per carità.

carlo pasceri
10/10/2017 17:42:01

Se non ravvisi di Davis le sue innovazioni applicative non posso farci nulla; e non è questione di opinioni...
(Peraltro citi quei trombettisti che suonano in dischi molto belli di musica free e avanguardia dei loro datori di lavoro, ma questi trombettisti poi non sono così innovativi.)

Reply
roberto
10/10/2017 19:08:28

Ah beh...Sono d'accordo non posso farci nulla...soprattutto non m'interessa farci nulla.
Datori di lavoro non l'avevo mai sentito.
Torno a leggere Musica Jazz...

Franco
10/10/2017 20:27:09

Bravo Roberto, ecco da dove ti arrivano le strane informazioni che hai: da giornalisti che hanno letto qualche storia del Jazz o poco più, o da qualche praticone che s'improvvisa esperto musicologo... D'altra parte l'articolo aveva riportato della scarsa informazione, di vecchie e scorrette convinzioni su linguaggi e tecniche.
Molti scrivono e pensano senza cognizione di causa, e si convincono di cose molto "strane", come che Hubbard e Morgan siano superiori a Davis.
Credo basti questo a testimoniare le tue ottime letture a riguardo.

Reply
Roberto
10/10/2017 21:05:01

Franco, Franco... mi dice qualcosa, ah sì certo...Franco Fayenz...È proprio vero che succedono cose inaspettate nel web...

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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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