Phil Collins, in quanto a stile, è un batterista di evidente stampo europeo; la sua derivazione wyattiana è la più consistente, ma è chiara anche una porzione moerleniana (Pierre Moerlen, batterista dei Gong). Tuttavia, in seguito, dopo la metà dei ’70, il suo batterismo si è proteso più distintamente in due direttrici. Da una parte un muscolare e teso Jazz Rock (soprattutto nella militanza con i Brand X); dall’altra, attento all’efficacia dell’applicazione del groove e al contempo più elegiaco narratore, perciò con sfumature sia come variazioni del riff ritmico sia sonore.
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Il chitarrista-cantante-autore di origine scozzese John Martyn è stato un grande artista. Lo è stato non perché emozionava, comunicava ecc., quelli sono effetti collaterali. John Martyn è stato un grande artista perché è stato capace di scavarsi un’importante nicchia di creatività musicale sia come cantante sia come chitarrista sia, soprattutto, come autore di brani notevolissimi.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Franco Cerri ha rappresentato per moltissimi chitarristi italiani IL chitarrista jazz; vuoi per la sua bravura, vuoi per la sua passata grande esposizione televisiva. È una leggenda vivente.
La principale formula per ottenere una hit è la semplicità strutturale e formale; ed è stabilita dal graduale accumulo di pochi elementi, esposti in un linguaggio ultra convenzionale che, per ottenere una lunghezza soddisfacente, si ripetono molte volte. Ciò offre l’indispensabile fattore di prevedibilità e memorizzazione, che consente agli ascoltatori di far proprio l’oggetto musicale. Entra sicuramente in testa…
La (dis)armante formula la conoscono tutti gli addetti ai lavori, infatti, ovviamente, nel corso dei decenni trascorsi da questo brano del 1972 di Stevie Wonder, si possono contare molte centinaia di hit che hanno “tormentato” le orecchie di molti. Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Eddie Van Halen è sempre stato considerato il chitarrista che ha traghettato la chitarra rock dalla vecchia terra alla nuova, l’unico dopo Hendrix che sia riuscito a imprimere un’accelerazione, anche nel senso letterale del termine, alla crescita e maturazione del neorocker. In effetti l’arrivo improvviso e tumultuoso di Eddie nel 1978 con il primo LP dei Van Halen ha dato veramente uno scossone al vetusto e inaridito circo rock.
La Bossa Nova è un genere musicale di origine brasiliana emerso sul finire degli anni ’50 derivato dalla Samba in quanto a pulsazione ritmica di base. Sin da subito i principali esponenti della Bossa Nova furono Antonio Carlos Jobim e Joao Gilberto, tanto che ne sono considerati i genitori.
I Weather Report e i Soft Machine sono stati, tra i gruppi strumentali, quelli che più hanno influenzato i musicisti più preparati e desiderosi di andare oltre il Jazz e il Rock, non tanto a livello strumentistico quanto a livello compositivo. E in assoluto i più validi epigoni di questi sono stati gli italiani Perigeo (in attività tra il 1972 e il ’76); il capo del gruppo è stato il bassista-compositore Giovanni Tommaso, già apprezzato jazzista e turnista per dischi più commerciali.
La grande famiglia del Rock si è nobilitata mediante alcuni artisti soprattutto all’inizio della sua grande avventura e quindi tra gli anni ’60 e ’70. Il florilegio di grande qualità realizzato in quegli anni è straordinario: la creatività sembrava inesauribile, e invece… Successivamente, negli anni ‘80/’90, di musicalmente rilevante è accaduto poco, qualcosa nell’ambito “elettronico”, la seconda ondata inglese, l’Heavy Metal, qualche isolato bagliore, impulso, e… basta. Dopo molte cose che, seppur gradevoli e ben realizzate, sono confezionamenti industriali di piccoli bocconi del luculliano banchetto passato.
I Grails sono un gruppo americano degli anni Duemila di Rock postmoderno ma di natura arcaica, poiché modali e dilatati, non basati sul fitto contrappunto medieval-rinascimentale né sul giroscopico e “moderno” sistema tonale: è la più rilevante proposta di questo decennio. I Gentle Giant sono uno dei gruppi più importanti del Progressive. Debuttano con l’omonimo album nel 1970 e terminano l’attività nel 1980 con Civilian: undici dischi (in studio) in undici anni. Si distinguono per un approccio virtuosistico nella composizione e nell’esecuzione, poiché complessi nelle forme (seppur con brani mediamente di cinque minuti) e nelle strutture, particolarmente stratificate e dinamiche nelle loro parti costituenti.
I Can, nei primissimi anni ’70, hanno espresso in modo più completo di altri gruppi le caratteristiche del cosiddetto cosmic rock tedesco (o krautrock) che in quel tempo stava emergendo. Sperimentali e accattivanti, ottimi musicisti e capaci intrattenitori dal vivo, gli unici con strabico sguardo: un occhio in direzione dell’avanguardia stockhauseniana, mentre l’altro verso il dark magus Miles Davis; al centro un semplice e modale Rock cantato, perlopiù privo dei convenzionali giri di accordi. Qua e là hanno raggiunto alcuni esiti estetici non dissimili ai Pink Floyd.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Nguyèn Lè è un eccellente artista, chitarrista-compositore franco-vietnamita; della generazione post fusion degli anni ’90 è forse il più noto, sicuramente il migliore. Sincero e coraggioso, sia nelle composizioni sia nei suoi interventi solistici, sempre di pregio e mai calligrafici, a suo agio tanto come esecutore in big band quanto come leader di progetti in duo o in trio.
La sua musica è ad alto tasso di originalità, Nguyèn Lè applica un moderno profilo di ricerca pure etnico, talvolta facendola confluire in un alveo virato al Jazz, altre volte virato alla Fusion e/o al Rock. I Gong sono un validissimo gruppo il cui periodo d’oro è legato agli anni ’70 ma che, al contrario di altri gruppi dello stesso periodo, è meno conosciuto e apprezzato profondamente. Il suo fondatore, Daevid Allen, cantante-chitarrista membro originale dei Soft Machine ma uscito dal gruppo prima dell’incisione dell’album d’esordio, ha ripreso la lezione zappiana (spirito freak e accostamenti pazzi) infarcendola e acidificandola con motivi psichedelici-orientaleggianti-fantascientifici pinkfloydiani (senza la paranoia dei Floyd ma con ironia) alternandoli a melodie infantili. Ipnotici e asimmetrici.
Il 12 gennaio 1969 esce per la Atlantic Records l'album di debutto dei Led Zeppelin. Siamo sul finire degli anni ’60, era il tempo in cui stava emergendo uno stile di musica più duro, che coniugava canzoni pop, ballate acustiche folk, R‘n’R e Blues. E i Led Zeppelin hanno fondato e sviluppato, insieme con altri, uno stile di Rock chiamato “hard”; successivamente faranno e saranno ben di più. I primi due dischi (tutti e due del 1969) sono orientati in rielaborazioni personali e un po’ sperimentali di hard R‘n’R e Blues: furono delle bombe.
Dopo il post di ieri su Mike Stern, sempre in tema di Fusion, credo sia necessario un piccolo approfondimento su cosa determini questo genere. È facile immaginare si tratti di un genere che ne misceli altri, ma quali e come? Per ottenere la musica che è passata alla storia come Fusion, dobbiamo tenere conto che essa si realizza davvero quando chi la compone e la suona è “bilingue”, ovvero in grado di padroneggiare la lingua Jazz e fonderla con quella Rock e dintorni, ovvero Heavy Metal, Funk ecc.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Nell’era d’oro della Fusion (dai primi ’80 e per circa dieci anni) il chitarrista-compositore Mike Stern fu tra i musicisti più influenti e inneggiati. Stern è una specie di Charlie Parker che incrocia Jimi Hendrix e James Brown; il perfetto contraltare stilistico del sofisticato e pacato Pat Metheny: loro due furono i più importanti riferimenti tra i chitarristi e tra i più rilevanti in assoluto della musica strumentale dell’epoca, furoreggiarono.
Che Domenico Modugno sia stato un colosso della musica “leggera” italiana lo sappiamo da generazioni, ma non è certo per l’enorme successo che ha riscosso per alcune canzoni e per la sua superlativa capacità di essere uomo di spettacolo a tutto tondo, particolarmente estroverso e quindi comunicativo... Uno dei motivi principali è che ha introdotto e reso popolare (Renato Carosone fu il primo) una ben calibrata fusione tra la canzone mediterranea (caratteristiche melodie modali con interpretazioni teatrali, talvolta di esplicita provenienza araba) con quella occidentale, non di rado venata di Jazz. Certamente hanno contato le sue origini, e ciò rende ancor più naturale e quindi fluida la sua mescolanza espressiva; verrebbe da dire credibile.
Dagli anni Ottanta fino a oggi sono pochissimi i batteristi degni di nota, tra questi Dave Weckl. A partire dalla metà di quel decennio si distinse nel genere Fusion poiché, seppur nello stile diffuso all’incirca da metà dei ‘70 soprattutto per opera di Steve Gadd, Weckl ampliò enormemente quel linguaggio a fronte di una forma più serrata e precisa in quanto a distribuzione di colpi, sia nei ritmi esposti che nelle frasi di raccordo (fill), e nel sapiente inserimento dei ritmi del genere Salsa.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Ottobre 2024
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