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Chitarristicamente Benson è nel solco della tradizione inaugurata alla fine degli anni ’30 da Charlie Christian e rinforzata sul finire dei ’50 da Montgomery, quindi di brillantissimo stile improvvisativo swing-bluesy con abbondante ricorso a motivi-riff; nondimeno si distingue per una notevole rapidità esecutiva che peraltro non sacrifica l’espressiva forza di pronuncia delle note, che si affastellano in arcate fluidissime ma non molto regolari in termini di direzione ascendente-discendente, pertanto più imprevedibili e d’impatto, alternando un’articolazione in netto staccato con un legato e bending non così comuni nei chitarristi Jazz.
Le sue linee melodiche, anche quando vorticose e saettanti tra i vari settori dei registri frequenziali e con irrequieti assetti (ma non troppo), tramite dissonanze di passaggio di scuola be-bop, tendono sempre a risoluzioni di somma cantabilità. Tanto che talvolta vocalizza (scat) i suoi interventi, e li intensifica anche armonizzandoli con due o più note.
In virtù della sua potenza, cantabilità e facilità di ascolto, avendo permeato fortemente il Pop e sfiorando la Dance, George Benson è stato (ed è) il chitarrista di matrice Jazz ampiamente più influente.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra