La sua bravura emerse prepotentemente, mettendosi sullo stesso piano musicale del grande Carlos, fu all’altezza, con delle superbe linee melodiche, originali ed espressive al contempo.
Siccome usò la chitarra sinth con quel tipico timbro che rammenta una tromba (fu uno dei primissimi a impiegarla), ebbi la conferma del fatto che lo ritenevo un po’ scialbo unicamente per il suono che adoperava nella stragrande maggioranza dei casi, con la semiacustica: alquanto effettato e gracile (soprattutto quando non suonava cose più jazz).
Pat Metheny dal ’76, nell’arco di circa un ventennio, ha connesso in modo innovativo tanta di quella musica (generi e stili) da far girare la testa, sia come compositore sia come chitarrista; col suo Pat Metheny Group (coadiuvato dall’ottimo Lyle Mays) ha prodotto una Fusion complessa e originale, anche perché non era funkeggiante, era rilassata e discorsiva, screziata di Brasile e dintorni. Melodica ed evocativa, musica che scorre come immagini di un road movie.
Come chitarrista solista, stupendo affabulatore di intricate e rapidissime linee cromatiche ma anche molto disteso, lirico e cantabile, seppur molto apprezzato e imitato già per il suo lavoro individualissimo col PMG, ha saputo elevarsi al rango massimo mediante i suoi dischi di natura più jazz: stilisticamente più serrato in queste occasioni, più lirico nelle altre.
Nei primi dieci anni di carriera tendeva a essere più netto nel separare queste componenti stilistiche, in seguito le ha più amalgamate.
In special modo col PMG, Pat Metheny ebbe il grande merito di diffondere, quasi a livello di massa, una musica strumentale di altissima qualità. Grazie.
Pat Metheny è uno dei protagonisti del libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra