Di solito a questi rozzi sistemi, usati dalla comune pubblicistica per le valutazioni qualitative delle opere, sono accostati testi con descrizioni vaghe e asserzioni cariche di aggettivi cui non sono correlate oggettive cause; spesso sono solo effetti delle sensazioni suscitate in chi ne sta scrivendo.
Dunque quei giudizi di valore sono inattendibili.
Flat Out è formato da 10 brani, in parte originali scritti da Scofield (sei) e in parte da standard: due jazz (Secret Love e All The Things You Are) e due “pop” (Cissy Strut e Rockin' Pneumonia).
L’impianto generale è un agilissimo Jazz venato in modo formidabile da uno speciale e robusto R&B neworleansiano (contiguo a Dr. John); speciale perché suonato da jazzisti.
Tutto nudo e crudo, bandite sofisticatezze formali.
C’è l’essenziale ossatura ritmica sincopata, terzinata, riff insieme con la chitarra elettrica di Scofield, colosso della giustapposizione e mescolanza di linguaggi piuttosto distanti tra loro, come il rapido e sinuosissimo swing e lo scheletrico e indolente blues.
Urgenti linee melodiche fluidissime e corrosive armonizzazioni interpolate da strabilianti impennate liriche.
Non testa e cuore, ma cervello e viscere.
I brani sono rigorosamente partizionati nei ritmi neworleansiani, con l’Hammond di Grolnick, di Cissy Strut, In The Cracks, Science And Religion e Rockin' Pneumonia, e nel jazz swing di All The Things You Are, The Boss's Car, Softy, Evansville e Flat out.
Totale fusione a caldo dei due generi, invece, per Secret Love.
Si incontrano, nel ritmo, la batteria con pattern tanto scarno quanto peculiare, terzinato in levare (figura e disposizione inverse dello shuffle), e il basso in (frenato) walkin’, mai esplicito. Scofield fa il resto.
Qui è quasi irriconoscibile, come filtrato da un’estetica figurativa espressionistico-cubista; per alcuni così deformato che potrebbe essere addirittura con un’ottica astratta*.
Il tema, le armonie e il tempo sono alterati a tal punto (pur rimanendo col ritmo swing-walkin’) che pure un jazzista professionista faticherebbe a riconoscerne la forma, e quindi di suonarlo.
Principia con una solitaria introduzione ad angolo acutissimo di Scofield. Quando gli altri lo raggiungono, in special modo quando la Carrington “apre” sul piatto ride a 1’35”, perfettamente aderente alla forma del pezzo ossia alla prima battuta del quarto giro (chorus), il brano decolla e diviene semplicemente una meraviglia assoluta, di un abbagliante virtuosismo di supremo controllo cognitivo-esecutivo.
Brusio di vita spicciola e intima intonazione alta; compatta terra ruvida nelle mani e iridescenti nubi intangibili nel cielo. Tutto qui.
* Se nelle arti figurative, quelle correnti sovente piacciono al grosso pubblico, non accade quasi mai che piacciano in musica “trasposizioni” di ciò.
John Scofield è uno dei protagonisti del mio libro Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra.