Uno dei pochissimi degli ultimi trent’anni di Rock e dintorni. Significativa è la quota di innovazione fornita dalle scarne, impulsive, indolenti e quasi mormorate melodie intonate da Mark Hollis, sostenute da interventi strumentistici che appaiono e scompaiono come fantasmi. È annichilita ogni trivialità pop.
La trama musicale è peculiare: melodie, armonie e ritmi minimi, timbri massimi nella loro pervasiva acusticità, nella piramidale aggregazione e silenziosità.
I Talk Talk avevano iniziato pubblicando nel 1982 The Party Is Over, e cominciato una buona carriera nell’alveo elettro-pop britannico. Progressivamente hanno virato verso una musica più profonda*, approdando nel 1988 a Spirit Of Eden, concludendo nel 1991 col quinto disco, Laughing Stock, nel solco di “Spirit” (ma non è un’emulazione). Quasi un suicidio, considerando che già “Spirit” fu un insuccesso. Vicenda rarissima nel Pop-rock.
Qui la musica del quartetto capeggiato da Mark Hollis (coadiuvato da Tim Friese-Greene e aggiunta una pletora di ospiti), frazionata in sei titoli (cui i primi tre costituiscono una sorta di suite di 23 minuti), è molto omogenea (parziale eccezione per la più propulsiva, elettrica e convenzionale I Believe in You), atmosfera e umore sono mantenuti: dimensione sospesa, apparentemente placida, ma screziata da inquietudini che emergono dal fondo...
* Nel precedente e bellissimo The Colour Of Spring (1986, loro apice di successo) retrospettivamente si ravvisano sentori di svolta, per esempio It’s Getting Late in the Evening e Happiness is Easy (con alternanza accordi usata in “Spirit”).