Cosa hanno in comune questi brani oltre a essere di genere Rock (più o meno duro) e di essere celebri (alcuni noti pure al grandissimo pubblico)?
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In ordine sparso: Whole Lotta Love, Smoke On The Water, Money, Hells Bells, Aqualung, Purple Haze, Black Night, The Trooper, Black Dog, Voodoo Child (Slight Return), Iron Man, Money For Nothing, 21st Century Schizoid Man; si potrebbe continuare a lungo.
Cosa hanno in comune questi brani oltre a essere di genere Rock (più o meno duro) e di essere celebri (alcuni noti pure al grandissimo pubblico)?
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Chi può ritenersi immune dal fascino cosmico, cui possiamo esporci semplicemente alzando gli occhi al cielo in una notte senza nubi (magari fuori città)?
Penso pochissimi, e basta avere il dono della vista. Questo, insieme con la passione letteraria (e cinematografica) della fantascienza che sin da piccolo mi avvinse, fece sì che da adolescente iniziai a interessarmi all’astronomia. Pertanto da perfetto profano - quale sono rimasto - e similmente alla storia dell’arte figurativa (e agli scacchi), iniziai a leggere libri divulgativi sulla materia; ne ho ormai accumulati decine in casa, bramoso di comprendere qualcosa in più. Però mai ho compiuto studi selettivi e approfonditi, “tecnici” davvero. Dunque, similmente agli scacchi, all’architettura ecc., di astronomia ne so appena un po’ di più rispetto a quando ero adolescente. Una cosa semplice significa che non è né complessa né complicata, non astrusa, ossia costituita da non molti elementi e non particolarmente difficili - intellettualmente e culturalmente - da esser pensati, ideati o connessi.
Nessun dubbio che un brano di successo sia caratterizzato da semplicità: è storia. Anche la “vetrina” è fondamentale; anzitutto l’”oggetto” deve essere esposto, e in modo efficace e per un tempo adeguato. Stabilito ciò, le variabili di questi due fattori (semplicità e “vetrina”) sono molteplici, e specialmente il secondo può variare da periodo a periodo; quest’ultimo non è né facile né il caso di affrontarlo: non è il mio mestiere. Nel Rock il risultato è spesso superiore alla somma delle singole parti. È al contempo la sua forza e la sua debolezza.
Questione sovente non presa nella giusta considerazione, ancorché discretamente nota, almeno superficialmente. E già, rispetto ad altri generi musicali, per vari ordini di motivi (che poi indagheremo), l’esito musicale dato dall’apporto dei singoli componenti dei gruppi risulta essere, soprattutto all’orecchio dell’appassionato, più moltiplicato che addizionato. Di conseguenza, allorquando si verifica nei gruppi qualche sostituzione di persone, molte volte gli ascoltatori - che fino ad allora li hanno molto apprezzati - riscontrano variazioni musicali che poco accettano. Va da sé che il gruppo più è amato più subisce ciò. Di quel gran gruppo chiamato Toto*, Turn Back (terzo loro disco - gennaio1981) è mediamente considerato l’anatroccolo - perlomeno storicamente e in relazione al cigno seguente, IV (aprile 1982), gran successo commerciale trainato dal singolo Rosanna (fatto uscire prima dell’album) – e al loro disco di debutto.
Dopo molti anni un po’ rivalutato, Turn Back fu invece un’ottima prosecuzione dei due precedenti, pure perché un po’ differente: è un album più duro, poco o nulla funky, shuffle e “classicheggiante”; caratteristiche che fino ad allora avevano permeato considerevolmente il loro grintoso rock. Brevissimo e semplice riff usato in più sezioni (intro, A e soli), B e C.
La forma della canzone Diesel di Eugenio Finardi è tutta qui: A, B e C, un elementare abbecedario; eppure è straordinaria. Lo è anzitutto perché c’è l’intervento solistico al piano elettrico di un eccezionale musicista: Patrizio Fariselli, tastierista e leader del formidabile gruppo jazz-rock Area. Con i suoi interventi solistici ha potentemente innervato di Jazz un brano Pop-Rock. E ciò fu tra i primissimi esempi, se non il primo, nell’ambito del panorama nazionale. (Per quello internazionale lascio ai lettori il divertimento nel ricercare dei precedenti; non sarà facile: buona caccia.) Il tocco di un musicista sovente è citato; in modo alquanto generico, superficiale.
Pur tralasciando gli aspetti più specialistici e tecnici (che si possono trovare negli approfondimenti fatti nei miei libri Tecnologia Musicale, Viaggio all’interno della Musica e Quaderni Musicologici), tentiamo di comprendere cosa significhi, affrontando l’argomento in maniera tale da intendere correttamente cause ed effetti del “tocco” musicale. Non rammento come conobbi il gruppo rock americano The Tubes e con quale disco in particolare, ma ricordo che ero molto giovane e che mi conquistò subito.
Approfondii la loro conoscenza appena possibile (le loro prime tre pubblicazioni all’epoca erano scarsamente reperibili); i dischi più famosi erano il doppio dal vivo del ‘78 What Do You Want from Live, Remote Control (il quarto in studio del ‘79) e il successivo The Completion Backward Principle (‘81). Poi acquistai Outside Inside (il sesto in studio del 1983), che mi convinse a trovare a tutti i costi i tre dischi dei loro esordi. Sì, ancora su Jimi Hendrix, perché è un’eccezione; ha un primato.
Sono fuorvianti giacché scorretti, ossia non rispondenti al vero, i non rari primati attribuiti da parecchi “addetti ai lavori” a questo o a quel musicista, opera ecc.: “il primo, il migliore” e così via (sorvolando sulle diffusissime quanto sterili discussioni tra i semplici ascoltatori in tal senso). Però, talvolta, assai raramente, accade che a livello storico ciò possa capitare, o perlomeno conferirlo correttamente. Stone Free è la prima canzone che Hendrix compose per il suo gruppo The Jimi Hendrix Experience, fu pubblicata nel dicembre del 1966* come lato B del suo primo singolo " Hey Joe ".
Dai racconti fatti, Jimi non l'ha scritta volontariamente. Voleva arrangiare Land Of 1,000 Dances (Chris Kenner) come lato B di "Hey Joe", ma il suo produttore Chas Chandler gli disse che era meglio che scrivesse qualcosa… Questo articolo è tratto dal libro: Pink Floyd - The Dark Side of the Moon (Analisi musicale e guida all'ascolto)
The Great Gig in the Sky è il titolo di un celebre brano pubblicato dai Pink Floyd, nell’ancor più celebre disco The Dark Side Of The Moon del 1973. Il pezzo non era in origine granché, anzi, ma ciò che fece la differenza* fu la lunga improvvisazione vocale di Clare Torry, una giovane cantante professionista inglese, chiamata all’ultimo momento per “riempirlo” e tentare così di “salvarlo”. Monumentale: di ciò che, per le sue dimensioni, dia impressione di grandezza e solennità.
Così il vocabolario Treccani. Così per Since I’ve Been Loving You pubblicato dai Led Zeppelin nel loro III nell’ottobre del 1970. Una lenta canzone blues (minore), monumentale.
Sgomenta che dalla straconosciuta e abusata scala blues (la Pentatonica minore con aggiunta una nota di passaggio - la quinta bemolle), impiegata in innumerabili assoli e alcuni tra i più celebri riff del Rock, si tiri in ballo la Sinfonia n.5 di Beethoven.
È tanto data per scontata quanto invalsa, superficialmente e senza argomentazioni serie, la straordinaria creatività di Frank Zappa.
Così, per sentito dire o visto scritto; ben che vada a orecchio - senza accurate analisi - ingenue deduzioni: considerato l’enorme spettro del suo Rock che spazia in tantissimi stili e generi (compreso messe in scena da cabaret con tanto di provocazioni, ironie e satire), Zappa non può che essere geniale... Qualunque ascoltatore può immaginare che una canzone accattivante, magari di successo, sia fondata su fattori molto semplici.
E spesso è proprio così; anche più semplici di quanto si pensi. Ma quei brani hanno sovente qualcosa che li distingue nella loro essenza. Uno di questi è I Wouldn't Want To Be Like You del gruppo britannico The Alan Parsons Project (di fatto il duo Alan Parsons- Eric Woolfson tastierista), pubblicato nel 1977 e contenuto nel disco I Robot. Questo articolo è tratto dal libro: The Dark Side of the Moon (Analisi musicale e guida all'ascolto)
Money dei Pink Floyd è tra i brani Pop-rock più famosi ma meno “conosciuti”. Pubblicato nel celebre disco del 1973 The Dark Side Of The Moon, è tra le hit che più si può considerare fusione di fattori semplici ma determinanti di vari stili e generi. Blues, Reggae, Rock, Progressive e R&B, ciò che più connette in Money questi generi è l’andamento ritmico: per tutta la sua durata è pervaso e “sorretto” dal ritmo terzinato shuffle (tipico del Blues e i suoi derivati). L'altra caratteristica sono le parti di basso, oltre quella celebre ed evidente del riff principale: sono le fondamenta propulsive di tutte le fasi di Money. Chi ha l’adolescenza parecchio alle spalle lo sa bene, di quel periodo rammentiamo nostalgicamente alcune esperienze, anche piccole, di apparente insignificanza, ma che per qualche motivo ci portiamo dentro e che a volte riaffiorano in modo prepotente.
Spesso sono legate alla musica; d’altronde non è da oggi che la musica permea in modo quasi invasivo le vite di tutti noi. Dei nostri cinque sensi la vista e l’udito sono quelli che associamo più facilmente e potentemente a ciò che ci accade, soprattutto in termini mnemonici. L’olfatto, il tatto e il gusto molto meno. Sì, country-bluegrass + bebop + classica + hard rock = Steve Morse.
Sì, scrivo ancora di un chitarrista; perché sono un chitarrista. Sì, perché non c’è un’altra categoria di musicisti che annovera così tanta propensione alla fusione di generi e stili. Così tanti compositori e/o titolari di dischi crossover che hanno innalzato il tasso qualitativo musicale, facendo ancor più grande la musica. Sono un chitarrista pure per questo. Tutti hanno i loro brani musicali preferiti, quindi pure io.
La cosa particolare è che presto ho scoperto che tra i tantissimi pezzi che via via ascoltavo, dalla mia adolescenza in poi, le mie preferenze non di rado avevano un denominatore comune che andava oltre gli autori, i generi e gli stili musicali. Dapprima e soprattutto ho amato Black Napkins, A Night in Tunisia e Nardis (di Frank Zappa, Dizzy Gillespie e Miles Davis): un’attrazione che le decadi di anni trascorse non ha indebolito, è ancora potentissima. The New Standard fu pubblicato da Herbie Hancock all’alba del 1996.
Oggi, 2024, sono passati quasi trent’anni; tanti quanto il tempo trascorso tra quel disco e uno dei Beatles o dei Cream. Ci permette di fare qualche riflessione e trarre alcune conclusioni. Fu suggerito dalla casa discografica Verve, che gli propose di realizzare un disco di canzoni pop-rock “jazzificate”. Similmente a ciò che avevano fatto negli anni ’60 Wes Montgomery e George Benson. Hancock, dopo un primo rifiuto, perché riteneva la proposta troppo smaccatamente commerciale, accettò di farlo. Da oltre mezzo millennio sì è progressivamente sviluppata una formidabile risorsa musicale: l’arpeggio melodico.
Da quando in Europa nel XVI secolo si è iniziato a teorizzare e usare gli accordi, pertanto a mischiarli con la polifonia medievale (basata su più linee melodiche scalari), quindi a svilupparli sempre più in sequenze nel XVII secolo, giungendo nel secolo successivo a fondare il Sistema Tonale. L’arpeggio melodico* è semplicemente suonare (o cantare) le note costituenti un accordo, una dopo l’altra senza far risuonare le precedenti (come invece nell’arpeggio armonico). Se in musica l’improvvisazione assoluta, totale, in sostanza non è riscontrabile, la piena modellizzazione e quindi pianificazione musicale sì.
Innumerabili esempi soprattutto nella Classica, ma presenti pure in altri ambiti (orchestre varie, Big band, Pop, Dance ecc.), ove è tutto o quasi predeterminato. Pertanto è l’amplissima e affascinante “terra di mezzo” che, per sommi capi, ci accingiamo a scoprire: l’invenzione musicale estemporanea, benché non totale. La cosiddetta improvvisazione, che risiede in massima prevalenza nelle parti di chi s’incarica di fare un solo I decisivi apporti e rapporti del Blues e del Jazz inerenti alla musica moderna li abbiamo visti varie volte e da prospettive differenti; facciamone una breve sintesi e aggiungiamo un tassello.
La grande novità della musica moderna fu l’originarsi all’alba del XX secolo della musica afroamericana: il Blues e il Jazz. Coevi e reciproci in termini di ascendenze e influenze. Questo articolo è tratto dal libro: Pink Floyd - The Dark Side of the Moon (Analisi musicale e guida all'ascolto)
Di The Dark Side of the Moon se n’è detto e scritto tantissimo; ce ne siamo occupati brevemente nel libro della collana Dischi da leggere: Pink Floyd 1967-1972 Gli anni sperimentali. Estraendo dal testo. “Mai come in quest’opera c’è una minuzia certosina al dettaglio sonico operato con esemplare equilibrio e coesione tra asciuttezza incisiva e profondità panoramica: un lussuoso confezionamento di addensamenti e diluizioni di trame soniche pop-rock in stile Soul/R&B. Poco o nulla d’innovativo in assoluto e relativamente, però i Pink Floyd con Dark Side hanno donato una monumentale prova di potenza del Rock.” Quindi si proseguiva citando l'"ottimo" On The Run. All’alba dei ’90 del ‘900 sorsero due stili musicali molto diversi tra loro: l’Acid Jazz e il Grunge.
Uno britannico ed elegante, l’altro americano e scapigliato; uno parecchio innervato da interventi strumentali di buona qualità, l’altro soprattutto vocale e strumentalmente un po’ trasandato. Uno, sorta di iper raffinato Funk, l’altro, ruvido Rock contiguo con l’Hard; in sostanza quasi agli antipodi, quasi delle antitesi musicali. Ma c’è un importante contenuto musicale che li accomuna. |
Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Agosto 2025
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