Il pezzo non era in origine granché, anzi, ma ciò che fece la differenza* fu la lunga improvvisazione vocale di Clare Torry, una giovane cantante professionista inglese, chiamata all’ultimo momento per “riempirlo” e tentare così di “salvarlo”.
The Great Gig in the Sky è il titolo di un celebre brano pubblicato dai Pink Floyd, nell’ancor più celebre disco The Dark Side Of The Moon del 1973.
Il pezzo non era in origine granché, anzi, ma ciò che fece la differenza* fu la lunga improvvisazione vocale di Clare Torry, una giovane cantante professionista inglese, chiamata all’ultimo momento per “riempirlo” e tentare così di “salvarlo”.
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Monumentale: di ciò che, per le sue dimensioni, dia impressione di grandezza e solennità.
Così il vocabolario Treccani. Così per Since I’ve Been Loving You pubblicato dai Led Zeppelin nel loro III nell’ottobre del 1970. Una lenta canzone blues (minore), monumentale.
Sgomenta che dalla straconosciuta e abusata scala blues (la Pentatonica minore con aggiunta una nota di passaggio - la quinta bemolle), impiegata in innumerabili assoli e alcuni tra i più celebri riff del Rock, si tiri in ballo la Sinfonia n.5 di Beethoven.
È tanto data per scontata quanto invalsa, superficialmente e senza argomentazioni serie, la straordinaria creatività di Frank Zappa.
Così, per sentito dire o visto scritto; ben che vada a orecchio - senza accurate analisi - ingenue deduzioni: considerato l’enorme spettro del suo Rock che spazia in tantissimi stili e generi (compreso messe in scena da cabaret con tanto di provocazioni, ironie e satire), Zappa non può che essere geniale... Qualunque ascoltatore può immaginare che una canzone accattivante, magari di successo, sia fondata su fattori molto semplici.
E spesso è proprio così; anche più semplici di quanto si pensi. Ma quei brani hanno sovente qualcosa che li distingue nella loro essenza. Uno di questi è I Wouldn't Want To Be Like You del gruppo britannico The Alan Parsons Project (di fatto il duo Alan Parsons- Eric Woolfson tastierista), pubblicato nel 1977 e contenuto nel disco I Robot. Money dei Pink Floyd è tra i brani Pop-rock più famosi ma meno “conosciuti”.
Pubblicato nel celebre disco del 1973 The Dark Side Of The Moon, è tra le hit che più si può considerare fusione di fattori semplici ma determinanti di vari stili e generi. Blues, Reggae, Rock, Progressive e R&B, ciò che più connette in Money questi generi è l’andamento ritmico: per tutta la sua durata è pervaso e “sorretto” dal ritmo terzinato shuffle (tipico del Blues e i suoi derivati). L'altra caratteristica sono le parti di basso, oltre quella celebre ed evidente del riff principale: sono le fondamenta propulsive di tutte le fasi di Money. Chi ha l’adolescenza parecchio alle spalle lo sa bene, di quel periodo rammentiamo nostalgicamente alcune esperienze, anche piccole, di apparente insignificanza, ma che per qualche motivo ci portiamo dentro e che a volte riaffiorano in modo prepotente.
Spesso sono legate alla musica; d’altronde non è da oggi che la musica permea in modo quasi invasivo le vite di tutti noi. Dei nostri cinque sensi la vista e l’udito sono quelli che associamo più facilmente e potentemente a ciò che ci accade, soprattutto in termini mnemonici. L’olfatto, il tatto e il gusto molto meno. Sì, country-bluegrass + bebop + classica + hard rock = Steve Morse.
Sì, scrivo ancora di un chitarrista; perché sono un chitarrista. Sì, perché non c’è un’altra categoria di musicisti che annovera così tanta propensione alla fusione di generi e stili. Così tanti compositori e/o titolari di dischi crossover che hanno innalzato il tasso qualitativo musicale, facendo ancor più grande la musica. Sono un chitarrista pure per questo. Tutti hanno i loro brani musicali preferiti, quindi pure io.
La cosa particolare è che presto ho scoperto che tra i tantissimi pezzi che via via ascoltavo, dalla mia adolescenza in poi, le mie preferenze non di rado avevano un denominatore comune che andava oltre gli autori, i generi e gli stili musicali. Dapprima e soprattutto ho amato Black Napkins, A Night in Tunisia e Nardis (di Frank Zappa, Dizzy Gillespie e Miles Davis): un’attrazione che le decadi di anni trascorse non ha indebolito, è ancora potentissima. The New Standard fu pubblicato da Herbie Hancock all’alba del 1996.
Oggi, 2024, sono passati quasi trent’anni; tanti quanto il tempo trascorso tra quel disco e uno dei Beatles o dei Cream. Ci permette di fare qualche riflessione e trarre alcune conclusioni. Fu suggerito dalla casa discografica Verve, che gli propose di realizzare un disco di canzoni pop-rock “jazzificate”. Similmente a ciò che avevano fatto negli anni ’60 Wes Montgomery e George Benson. Hancock, dopo un primo rifiuto, perché riteneva la proposta troppo smaccatamente commerciale, accettò di farlo. Da oltre mezzo millennio sì è progressivamente sviluppata una formidabile risorsa musicale: l’arpeggio melodico.
Da quando in Europa nel XVI secolo si è iniziato a teorizzare e usare gli accordi, pertanto a mischiarli con la polifonia medievale (basata su più linee melodiche scalari), quindi a svilupparli sempre più in sequenze nel XVII secolo, giungendo nel secolo successivo a fondare il Sistema Tonale. L’arpeggio melodico* è semplicemente suonare (o cantare) le note costituenti un accordo, una dopo l’altra senza far risuonare le precedenti (come nell’arpeggio armonico). Se in musica l’improvvisazione assoluta, totale, in sostanza non è riscontrabile, la piena modellizzazione e quindi pianificazione musicale sì.
Innumerabili esempi soprattutto nella Classica, ma presenti pure in altri ambiti (orchestre varie, Big band, Pop, Dance ecc.), ove è tutto o quasi predeterminato. Pertanto è l’amplissima e affascinante “terra di mezzo” che, per sommi capi, ci accingiamo a scoprire: l’invenzione musicale estemporanea, benché non totale. La cosiddetta improvvisazione, che risiede in massima prevalenza nelle parti di chi s’incarica di fare un solo I decisivi apporti e rapporti del Blues e del Jazz inerenti alla musica moderna li abbiamo visti varie volte e da prospettive differenti; facciamone una breve sintesi e aggiungiamo un tassello.
La grande novità della musica moderna fu l’originarsi all’alba del XX secolo della musica afroamericana: il Blues e il Jazz. Coevi e reciproci in termini di ascendenze e influenze. Di The Dark Side of the Moon se n’è detto e scritto tantissimo; ce ne siamo occupati brevemente nel libro della collana Dischi da leggere: Pink Floyd 1967-1972 Gli anni sperimentali.
Estraendo dal testo. “Mai come in quest’opera c’è una minuzia certosina al dettaglio sonico operato con esemplare equilibrio e coesione tra asciuttezza incisiva e profondità panoramica: un lussuoso confezionamento di addensamenti e diluizioni di trame soniche pop-rock in stile Soul/R&B. Poco o nulla d’innovativo in assoluto e relativamente, però i Pink Floyd con Dark Side hanno donato una monumentale prova di potenza del Rock.” Quindi si proseguiva citando l'"ottimo" On The Run. All’alba dei ’90 del ‘900 sorsero due stili musicali molto diversi tra loro: l’Acid Jazz e il Grunge.
Uno britannico ed elegante, l’altro americano e scapigliato; uno parecchio innervato da interventi strumentali di buona qualità, l’altro soprattutto vocale e strumentalmente un po’ trasandato. Uno, sorta di iper raffinato Funk, l’altro, ruvido Rock contiguo con l’Hard; in sostanza quasi agli antipodi, quasi delle antitesi musicali. Ma c’è un importante contenuto musicale che li accomuna. Ad eccezione della stragrande maggioranza della musica Classica del Novecento e del Jazz, nella musica moderna c’è (soprattutto stata*) un’importante differenza: quella dai contenuti di alto e basso profilo, quella più impegnata (e impegnativa) e quella più disimpegnata e commerciale.
Si potrebbe indicare, semplificando**: le musiche che rientrano nell’alveo difficili e facili, complicate e semplici, sono categorizzate da una parte nei generi Progressive e Jazz-Rock, e dall’altra Pop, Funk-Dance, Blues e Rock (quello più semplice di natura blues o di canzone pop rivestita con suoni più sofisticati o al contrario più “duri”: l’Hard-rock) ***. 1. Outside del 1995 è l’opera più ambiziosa, sperimentale e pregevole di David Bowie del periodo post Settanta, segnatamente la cosiddetta trilogia berlinese; 19 brani nati in studio (per 75 minuti).
È un concept album che vede rinverdita la collaborazione di Bowie con Brian Eno: veste i panni del detective Nathan Adler. Palingenesi artistica. Opera minimale, eppure espressionista; alquanto acustica. Un capolavoro.
Uno dei pochissimi degli ultimi trent’anni di Rock e dintorni. Significativa è la quota di innovazione fornita dalle scarne, impulsive, indolenti e quasi mormorate melodie intonate da Mark Hollis, sostenute da interventi strumentistici che appaiono e scompaiono come fantasmi. È annichilita ogni trivialità pop. Tutti sanno che i Rolling Stones sono un gruppo che ha macinato brani di gran successo sin dagli anni Sessanta e che la loro musica è fondata sull’estrema semplicità: grezzo rock striato di R&B.
I californiani Beach Boys, capeggiati da Brian Wilson, furono tra i più importanti gruppi in assoluto del nascente Rock che, in quell’alba degli anni Sessanta, coincideva col Pop.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Ottobre 2024
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