Non è difficile sostenere che Joni Mitchell, cantautrice (chitarrista e pianista), sia stata un’importante artista musicale. E lei ha reso omaggio a un colosso del Jazz, Charles Mingus, con un album pubblicato nel 1979 intitolato semplicemente Mingus. Un disco coraggioso che fu un fiasco commerciale; anche la critica giornalistica non fu munifica.
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Musicante, pubblicato il 18 maggio 1984, è il sesto disco di Pino Daniele, che anticipa solo di quattro mesi Sció live il suo primo album dal vivo (doppio)*.
Un po’ tutti gli ascoltatori dall’impronta quasi fisica del “primo ascolto” di un brano e quindi di un disco ne traggono la sintesi; il "mi piace/non mi piace" è strettamente correlato e interdipendente da quella percezione degli aspetti sovratrutturali: un minimo di forma e colori del “testo”, la sua esteriorità. In seguito chi vuole, a seconda delle proprie capacità, può condurre un’analisi degli aspetti strutturali ossia cosa c’è scritto nel testo, e pertanto conseguire ulteriori sintesi che vanno a integrare, più o meno riformandole, le prime.
A me è capitato tantissime volte, ve ne racconto una. Anno Domini 1980, Pino Daniele con soltanto tastiere, basso, batteria e la sua voce (ed esigue sovraincisioni) ha realizzato uno dei suoi brani più famosi: A Me Me Piace 'O Blues. Steely Dan, attivi discograficamente per nove anni dal 1972 al 1980 pubblicando sette opere*, è il nome che cela un duo di grandi songwriter statunitensi, Donald Fagen (voce e tastiere) e Walter Becker (chitarra e basso), innamorati della chitarra elettrica e del Jazz. Per i primi due dischi (Can't Buy a Thrill e Countdown to Ecstasy) era, in effetti, più un gruppo che un duo con session-man al loro servizio (alcuni di gran rango), come fu dal terzo disco (Pretzel Logic) in avanti.
Per il lato formale gli Steely Dan sono quasi sinonimo di alcune caratteristiche, mentre per quello musicale, a fronte dei molti influssi, piuttosto nebulosi: cerchiamo di chiarire. Comunemente ciò che conta non è quali cose sono fatte ma come sono fatte. Addirittura anche nel campo artistico è così; e Fabrizio De André non fa eccezione. Lui, il nostro cantautore per antonomasia, la differenza l’ha fatta nell’attuazione. I cantautori di solito curano maggiormente i testi delle musiche. Spesso, infatti, le loro musiche sono piuttosto elementari, non di rado sono legate o comunque almeno screziate di temi folcloristici, “danzerecci e filastroccati”.
La stragrande maggioranza dei brani di successo sono più che semplici, però quelli che si usurano meno, diventando dei “classici”, spesso hanno delle caratteristiche occulte. Questo è il loro segreto: avere dei segreti. Il piano su cui sono erette la stragrande maggioranza delle musiche di successo è quello assiale dell’occidentale “tonalesimo” con la parificazione ritmico-metrica, pertanto tutto ciò che devia da questo, con vari livelli di gradualità, struttura ulteriori tensioni e quindi rende più dinamica la forma. Anomalie creative.
Solitario, delicato, intimo Peter Hammill sull’orlo dei settant’anni, si presenta con questo From The Trees soltanto con la sua voce e chitarra acustica o pianoforte, e basso (ma non in tutti i brani); sovente sostenuto da cori e con qualche screziatura di altri strumenti, glissati elettrici o pennellata di tastiere di sfondo, ma rigorosamente senza alcuna esplicita pulsazione ritmica di batteria o percussioni.
È stupefacente la capacità di alcuni artisti nel rendere interessanti cose costituite da elementi più che semplici… Con fattori minimi e comunissimi si possono conseguire ottimi risultati.
Castello di Carimate, dintorni di Como, autunno 1979, si sta registrando il terzo disco del giovane ed emergente cantautore napoletano Pino Daniele, quello che lo proietterà nell’empireo della musica italiana: Nero A Metà. I dischi immediatamente successivi eleveranno Daniele ancor più, confermando che non solo è nata una stella, ma che splende sicura come quella polare; allo zenith. Il disco è intriso di qualità a tutti i livelli; sarà un capolavoro.
David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young, i CSN&Y, sono stati una tanto breve quanto strepitosa avventura musicale. Tutti chitarristi-cantanti e autori, hanno debuttato, senza Young, l’anno precedente con l’ottimo Crosby, Stills & Nash poi con Déjà vu, hanno assestato un gran colpo anche in termini di vendite: fu un successo; meritato. Loro arricchiti, ma pure il Rock con loro...
Di Rickie Lee Jones ci sarebbe da scrivere moltissimo, ben di più di questo brevissimo profilo, perché è la più ragguardevole erede del piccolo ma importante ciclo storico delle brave e celebri cantautrici-chitarriste Rock americane: Joni Mitchell, Carole King e Carly Simon si sono distinte, dalla fine dei ’60 ai ’70, realizzando della musica molto gradevole e interessante (in special modo la Mitchell). Rickie Lee Jones è, per abilità compositiva e interpretativa vocale, la più notevole di tutte queste.
Neil Young da mezzo secolo il cantautore-chitarrista dalla voce infantile e dalla chitarra, sia acustica sia elettrica, sempre colorata di grande rock. Questo artista scarmigliato (in tutti i sensi) è il precursore del grunge (ed estimatore del punk). Sempre piuttosto prolifico e attivo. Sembra un paradosso, ma Young, seppur fortemente ancorato alla tradizione, è ed è sempre stato un iconoclasta. Ciò ha fatto sì che le sue opere siano sempre state ben accette da alcuni, ma pure criticate da altri.
Il chitarrista-cantante-autore di origine scozzese John Martyn è stato un grande artista. Lo è stato non perché emozionava, comunicava ecc., quelli sono effetti collaterali. John Martyn è stato un grande artista perché è stato capace di scavarsi un’importante nicchia di creatività musicale sia come cantante sia come chitarrista sia, soprattutto, come autore di brani notevolissimi.
Che Domenico Modugno sia stato un colosso della musica “leggera” italiana lo sappiamo da generazioni, ma non è certo per l’enorme successo che ha riscosso per alcune canzoni e per la sua superlativa capacità di essere uomo di spettacolo a tutto tondo, particolarmente estroverso e quindi comunicativo... Uno dei motivi principali è che ha introdotto e reso popolare (Renato Carosone fu il primo) una ben calibrata fusione tra la canzone mediterranea (caratteristiche melodie modali con interpretazioni teatrali, talvolta di esplicita provenienza araba) con quella occidentale, non di rado venata di Jazz. Certamente hanno contato le sue origini, e ciò rende ancor più naturale e quindi fluida la sua mescolanza espressiva; verrebbe da dire credibile.
Bjork (Reykjavík, 21 novembre 1965), l’ultima grande sacerdotessa del Rock, l’ultimo impulso creativo dell’altra metà del cielo nella musica. Semplicemente una fuoriclasse, e come tutti quelli al suo rango, non ha fatto scuola. Dopo le grandi cantanti del Jazz, praticamente tutte di colore e solo interpreti, ci furono alcune grandi cantanti Soul e R&B, anch’esse in stragrande maggioranza di colore, tra cui Aretha Franklin, emersa prepotentemente in quella felice stagione tra i sessanta e i settanta: groove con basso in evidenza e batteria che tiene il tempo, accordi di organo o piano o chitarra, e la sua figura che si staglia in primo piano. Le doti canori ed espressive della Franklin sono già storia, lo stile pure, tendenzialmente aggressivo e su di tono, in tutti i sensi, alquanto urlato... Anch’essa grande interprete e non compositrice, è ancora un modello molto emulato.
Peter Hammill (Ealing, 5 novembre 1948) ha un primato che condivide con Ian Anderson dei Jethro Tull: autore di musiche, testi, cantante, strumentista (chitarrista e tastierista), e leader conclamato di un gruppo in assoluto tra i più importanti del Rock: Van Der Graaf Generator.
Simon & Garfunkel, Tim Buckley (e suo figlio, il bravissimo e sfortunato Jeff), David Crosby e le sue coniugazioni (CSN&Y), Neil Young, John Martyn, Joni Mitchell, Joan Armatrading, Rickie Lee Jones; e Nick Drake. Questi artisti sono uniti dalla matrice della chitarra acustica folk-anglosassone, il loro andare oltre e lasciar germinare questo primigenio seme, prettamente acustico, per qualcosa di più complesso (ed elettrico), e il carattere delle loro musiche con un fondo sempre un po’ dolente.
Raffinatissimo e sofisticato, mai sguaiato né teatrale e mai sopra le righe, a volte al limite dell’affettazione, limite mai oltrepassato. La sua musica fatta di pastelli sonici dalle tenui tinte crepuscolari e aurorali, brune e dorate, dagli innumerabili riflessi. Macro dinamica e registro vocale minimi, micro dinamica e cura dei dettagli timbrici massimi; apparentemente un moderno crooner che sussurra confidenze, caldo, ma distante come un miraggio nel deserto. David Sylvian (al secolo David Alan Batt) si può definirlo un grande cantautore di moderno ed elegantissimo Rock, intimista ed essenziale. Incarna un tipo di romanticismo che ha sfiorato, senza toccarlo, il decadentismo estetizzante. Ha posto al vertice della sua arte la costante ricerca dell’esprimersi elegante.
Ivano Fossati è uno dei nostri cantautori migliori. Uno di quelli che sin dagli esordi con l’ottimo gruppo di progressive rock Delirium (Dolce Acqua, ’71) ha curato testi e musiche in maniera paritaria.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Ottobre 2024
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