Uno britannico ed elegante, l’altro americano e scapigliato; uno parecchio innervato da interventi strumentali di buona qualità, l’altro soprattutto vocale e strumentalmente un po’ trasandato.
Uno, sorta di iper raffinato Funk, l’altro, ruvido Rock contiguo con l’Hard; in sostanza quasi agli antipodi, quasi delle antitesi musicali.
Ma c’è un importante contenuto musicale che li accomuna.
Dopo l’età aurea del Rock (e dintorni) che va circa dalla metà degli anni Sessanta alla metà dei Settanta, ci furono le saette Punk e Dance che squadernarono tutto.
Poi tra i ’70 e gli ’80 lo stile New Wave, all’incirca una formidabile ripulitura del Punk dunque del rock&roll più sfrenato con un’estetica e suoni (e talvolta ritmi) “dandy” (interpretazioni e suoni affettati), mutuati anche dalla Dance.
Siamo giunti pienamente negli ’80, che videro un tumultuoso Rinascimento della musica britannica, i cui artisti, avvalendosi delle nuove tecnologie che misero a disposizione (peraltro sempre più a basso costo) strumenti sempre più sofisticati (tastiere, batterie elettroniche, processori di segnali ecc.), riuscirono a esprimere una musica che andò ben oltre la New Wave, spesso di buona qualità e che ebbe anche successo di massa, e apparentemente piuttosto nuova.
Tuttavia era una novità più di superficie che altro (suoni, commistioni e “atteggiamenti”), giacché nei contenuti (ritmi, melodie, armonie e strutture formali) non c’erano significative innovazioni; salvo eccezioni.
Ma a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, Brand New Heavies, Incognito, James Taylor Quartet, Jamiroquai e di seguito tanti altri, fecero musica puntando su una ritmica incisiva ma raffinata, spesso con il basso elettrico in evidenza che segnava succosi riff, e interventi che rimandavano a una tradizione Funk, ma con caratteristiche differenti, innanzitutto perché il Funk è in massima parte modale (ovvero molto statico armonicamente) mentre queste erano piuttosto movimentate in tal senso.
Dunque, queste erano le fondamenta su cui poggiavano il cantato e gli assoli; pertanto una specie di easy Fusion cantata e ballereccia, un Pop con gli strumentisti in evidenza, in particolare la ritmica, e non di rado con soli che durano ben più delle canoniche 8 misure: queste musiche le chiamarono Acid Jazz. E ciò che fece la differenza erano le successioni armoniche; questo li connette col Grunge dei Nirvana e i loro simili.
È utile rammentare che dal Barocco fino a Wagner, quindi per la stragrande maggioranza delle musiche “popolari” del ‘900 le serie di accordi dei brani, quando non propriamente blues (altra innovazione), si basano su un semplice schema determinato dalla scala diatonica base scelta (Maggiore o Minore che sia), ovvero questa scala genera delle armonizzazioni sovente per intervalli di terze: se abbiamo la scala di DO (Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do), partendo da una nota, che è la n.1, si salta la successiva (n.2) e si prende la n.3, che a sua volta diviene la n.1 e avanti così per formare gli accordi (infatti il DO maggiore è costituito da Do-Mi-Sol).
Dunque alle 7 nominali diverse note corrispondono 7 precisi accordi base che a loro volta, mediante mini successioni accordali chiamate cadenze, formano la struttura armonica dei pezzi.
Tanto per fare un esempio (tra gli innumerevoli), armonicamente diretto discendente di oltre tre secoli addietro è un grande classico dell'Hard Rock come "Strange Kind Of Woman" dei Deep Purple; segnatamente alla scala (e quindi all'armonizzazione) di SI minore.
(Non a caso moltissimi brani, sia di successo sia di nicchia, condividono sequenze armoniche tra loro molto simili; d’altronde le serie accordali non sono protette dal diritto di autore.)
Ovviamente ci sono state deroghe sia nelle armonizzazioni (non tutte per terze) sia qualche piccola audacia nell’usare qualche accordo con una nota o due non appartenenti alla scala fondamentale; d’altra parte dopo un po’ anche queste piccole eccezioni sono state schematizzate.
Invece nell’Acid Jazz e nel Grunge le eversioni armoniche sono divenute quasi sistemiche, hanno ricercato soluzioni all’orecchio più sorprendenti che nel passato, senza sclerotizzarle un granché in schemi pronti all’uso.
Le melodie meno, perché spesso erano messe a fattor comune relativamente alle successioni armoniche, ossia si tendeva a ottenere un flusso melodico non così sorprendente, scegliendo quelle note degli accordi in comune con la scala base, che quindi potessero tracciare arcate melodiche più convenzionali ovvero monoscalari e perciò con effetti di più facile e statuita cantabilità, a dispetto delle armonie stesse che avrebbero condotto a scelte di scale diverse o comunque allontanamenti ragguardevoli dalla scala base, rendendo parecchio ellittiche e complesse le melodie.
A tal proposito basti ascoltare i grandi successi “In Bloom” dei Nirvana e “When You Gonna Learn?” di Jamiroquai.
Come d’altronde per il Grunge un nome su tutti: Neil Young.
Ma non ci fu nemmeno lontanamente un’esplosione fenomenica come nei Novanta, perché quegli elementi musicali prima descritti, a differenza dei decenni precedenti, assursero a precisi sistemi per fare musica; quindi pletore di musicisti furono stimolati da questi elementi producendo a loro volta pletore di brani.
Ecco perché furono coniati nuovi termini per catalogare quelle musiche, che però esaurirono la loro spinta vitale in quello stesso decennio.
Dai ’90 ad oggi, l’Acid Jazz e il Grunge sono gli unici avvenimenti musicali significativi; escludendo la Trap, che di significativo ha tutto fuorché l’aspetto propriamente musicale, solo antropologico.