Carlo Pasceri
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Lo Swing e un controtempo "indigesto"

5/7/2020

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Nel Novecento c’è stato l’avvento del Jazz e questa fu la grande novità mondiale della musica.
L’innovazione è inerente non soltanto il concetto e la pratica di una diffusa improvvisazione di assoli e accompagnamenti, correlati anche a temi melodici sovente interpretati con notevoli variazioni rispetto alla pagina “scritta” inusitati fino allora, ma soprattutto del suo essenziale ritmo swing.
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A sua volta lo swing è stato un elemento basilare, non tanto nella configurazione del pattern adottato dalla sezione ritmica di un gruppo musicale, quanto quello che innerva il linguaggio melodico nell'esecuzione dei temi e degli assoli.
In tal senso lo swing è così peculiare, e quindi elemento preziosissimo, che è ancora oggi un componente raro del fare musica. Ciò che fa la differenza decisiva.
Se è vero come è vero che da decenni stiamo assistendo a esperimenti, non di rado riusciti, di mescolanze tra generi e stili e atteggiamenti artistici fortemente postmodernisti è altrettanto vero che il fattore swing non è altrettanto diffuso. Anzi, è ancora relativamente più raro.
C’è un preciso motivo.

Suonare con (che come vedremo equivale in sostanza ad avere) swing nella prassi musicale significa capovolgere un paradigma ritmico fondamentale, quello del conferimento dell’importanza nel linguaggio del battere-levare.
Ciò si consegue non solo da una configurazione ritmica alquanto terzinata ma soprattutto tramite la dislocazione di accenti e note fantasma (ossia suoni appena percettibili) che sono in antitesi a quella che fino al Novecento nella musica Classica ed etnico-folcloristica era più che prevalente, era l’unica presente.
Il profilo prevalentemente non terzinato (binario) delle linee melodiche e soprattutto la loro accentuazione sui movimenti dispari (1 e 3) dei tempi e quindi sui vari battere dello scorrere temporale, fa sì che la musica sia grave e incisiva, parecchio “a terra”.
La Classica e il Rock hanno questa configurazione, il Jazz, al contrario, è basato su quell’oscillazione volteggiante “in aria” data dal capovolgimento del sentire il tempo musicale e quindi di infondere importanza ai movimenti pari (2 e 4) del suo scorrere: un po’ come saltare costantemente in controtempo a dei battiti di mani.

I musicisti che non suonano (che non hanno) swing si connettono al battito di mani nel senso che lo accentuano sistematicamente: suonare (o avere) swing è evitare ciò.
Il Rock, e i suoi derivati, non ha swing.
Diffusamente i musicisti di questo genere* “non hanno” swing perché dedicano molti anni nell’addestrarsi efficientemente nell’articolazione ritmico-espressiva del proprio suonare che non è perciò un semplice eseguire una partitura ma un quotidiano “muoversi” all’interno della musica: diviene il proprio naturale linguaggio. Questi anche se chiamati a farlo non riescono efficacemente a generare swing: troppo intrisi nel sentire e quindi accentuare i movimenti dispari (forti) dei tempi musicali.
Infatti, anche musicisti rock di apicale levatura, come Steve Vai, confermano ciò.
Potrebbero anche affrontare un pezzo jazz con le sue modulazioni armonico-melodiche ecc., ma il loro linguaggio rimane ancorato a terra. Incisivo e martellante e pur allorquando in assoluto rapido e fluido, relativamente al tempo musicale, non si libra mai.
Non a caso il modernismo musicale, cioè quello inerente a generi e stili “industrial-meccanici”, è “bianco”.
Ovviamente l’incontro tra queste due civiltà musicali è avvenuto e avviene, tuttavia ancor oggi è ciò che marca realmente la differenza tra i due mondi, quello europeo e quello afroamericano, giacché questo incontro è stato episodico o comunque di scarso numero.

Tra i maggiori esempi di rock-fusion con tanto di avvicinamento al pianeta swing è quello del chitarrista statunitense Greg Howe. Un post malmsteeniano che si è parecchio evoluto in tal senso.
Il suo album Introspection del 1993 si apre con Jump Start che tenta di marcare (parzialmente riuscendovi) la differenza tra lui e i tanti altri shredder sorti in quell’epoca.
Il tema, ovvero la frase discendente con cui apre e varie volte ripetuta, è alquanto swing; gli altri interventi fanno più fatica a mantenere quel gradiente.
Da notare peraltro che per indurre una percezione più “in aria” e in opposizione all’accentuazione principale del pezzo, la rimica è chiaramente in levare nella sezione successiva quando “apre” e si distende da 32” in poi.
Lui però suona più uno stupefacente (giacché particolarmente rapido e fluido ancorché sistematico e ritmicamente prevedibile) shuffle che swing. 
Dal versante rock in tal senso non si è andati poi oltre queste notevoli fusioni: fiduciosi, attendiamo ancora sviluppi. Prima o poi avverranno.
 
​
*Pertanto anche quelli rock-blues che per certi versi, perlomeno ritmicamente, sarebbero più vicini al Jazz poiché sovente adottano il ritmo terzinato shuffle
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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