Carlo Pasceri
  • HOME
  • BLOG
  • SHOP
  • BIOGRAFIA
  • DISCOGRAFIA
    • Curvatura 9
    • Cannibali Alchimie
    • No Gravity
    • Real Koob
    • Blue Challenge
  • PUBBLICAZIONI
    • Libri
    • Riviste musicali
    • Jazzitalia
  • DIDATTICA
    • Corso "Tecnica Audio"
    • Seminario "Percorsi Melodici"
  • STRUMENTAZIONE
  • MEDIA
    • Audio
    • Video
    • Foto
  • CONTATTI
Libro Eroi Elettrici

L'improvvisazione solistica tra Jazz e Rock

1/1/2024

0 Commenti

 
Foto
Se in musica l’improvvisazione assoluta, totale, in sostanza non è riscontrabile, la piena modellizzazione e quindi pianificazione musicale sì.
Innumerabili esempi soprattutto nella Classica, ma presenti pure in altri ambiti (orchestre varie, Big band, Pop, Dance ecc.), ove è tutto o quasi predeterminato.
Pertanto è l’amplissima e affascinante “terra di mezzo” che, per sommi capi, ci accingiamo a scoprire: l’invenzione musicale estemporanea, benché non totale. La cosiddetta improvvisazione, che risiede in massima prevalenza nelle parti di chi s’incarica di fare un solo
Le due grandi scuole che nel Novecento si sono affermate sono quella jazz e quella blues, da cui discende direttamente la sua evoluzione, ossia quella rock.
Prima di allora mai così liberi di fraseggiare in maniera più o meno spontanea: sorta di completamento di un quadro i cui tratti essenziali, il fondale, sono dati; s’inizia così a far emergere quella che sarà (soprattutto nella musica strumentale) la figura principale.
Nessuna delle due scuole è iniziata con metodi e precetti scritti, studi schematizzati e diffusi che insegnassero come improvvisare: si imparava sul campo, provando e riprovando miriadi di soluzioni.
D’altronde, come vedremo, solo per quella jazz, essendo molto più complicata di quella blues (e rock), ci sarà da circa metà secolo in poi un florilegio di manuali d’improvvisazione.
L’invenzione di una parte solista che (quasi sempre) s’inserisce nella struttura di un brano è un’ottima soluzione per renderlo molto più vario e avvincente, affidandosi all’abilità creativa ed esecutiva di uno o più strumentisti; spesso nel Jazz sono più strumentisti che si avvicendano, talora pure cantanti.
Pertanto l’obiettivo dei musicisti, la loro efficacia, è nell’arricchire il brano in modo coerente con lo stile e l’”umore” complessivo; solo talvolta in antitesi, generando tensione espressiva: tanto rischioso quanto ricompensante, se compreso dal pubblico.
E qui entra in gioco l’efficienza, ossia i sistemi di portare a compimento l’intervento solistico.

Per il Rock (tralasciando il più elementare Blues) gli scenari armonici* sono quasi sempre assai semplici e diatonici, monotonali (una sola tonalità di base): basta suonare l’unica scala d’impianto (e conseguenti arpeggi melodici). Dunque approccio perlopiù derivativo, non ci sono problemi da risolvere in tal senso, tutto scorre liscio come l’olio: basta individuare la scala base (si può fare tranquillamente a orecchio) e la si suona sopra l’intero pezzo.
Per il Jazz, essendo di solito alquanto più complicato a livello armonico, con parecchie e rapide modulazioni e quindi pluritonale, si ha un approccio perlopiù parallelo; cioè si deve seguire con molta attenzione lo scorrere del brano per poterlo correttamente suonare, applicando le opportune scale settore per settore, a volte accordo per accordo.
Ed ecco spiegato pure perché i manuali d’improvvisazione sono per il Jazz e non per il Rock.
In questi testi** ci sono innanzitutto una serie di schemi designanti le associazioni di varie scale (e arpeggi) per ciascun accordo possibile. Sovente di seguito annotazioni che informano sulle possibili interpretazioni in base agli stili storici, talvolta pure di qualche illustre improvvisatore: le sue scelte predilette.  
Foto
L’esteso studio delle correlazioni scale-accordo non c’è nel Rock, i testi dedicati si riferiscono pedissequamente al linguaggio in questo o quello stile e/o di qualche protagonista, il ricorrente fraseggio idiomatico, i cosiddetti lick (o pattern): frasi fatte con le varie tecniche articolative pronte all’uso (testi simili tanti pure nel Jazz, ma concentrati assai più sulle frasi che sulle articolazioni).
Quindi l’efficientamento nel Jazz è fornito in nuce dal sapere le molteplici relazioni scale-accordo, più e meglio si sanno (pure praticare) e più si è potenzialmente efficienti giacché si hanno così più risorse e quindi si farebbe meno sforzo e pertanto si avrebbe (condizionali d’obbligo) più rendimento nell’efficacia del solo.
Questo pure perché nel Jazz, è bene rammentarlo, gli assoli sono molto improvvisati e mirano più che altro all’originalità delle idee e quindi all’espressione della personalità del linguaggio, più di altre caratteristiche: i soli durano molto in modo di avere il tempo necessario per manifestare ciò, e divengono struttura portante.
Idealmente, nel Jazz c’è la tendenza a modellizzare meno possibile, a improvvisare in modo reattivo alle circostanze, a ciò che accade nello scorrere temporale***.
Nel Rock invece l’efficacia si sostanzia con l’incisività, con l’effetto di potenziamento della struttura portante dell’intero brano: assoli più brevi a sostegno e rilancio del pezzo, che s’incastonano: le componenti spesso sono semplici ma d’impatto, ricchissime di pathos, puntano a “colpire” l’ascoltatore. Dunque meno individualismo e più “gioco di squadra”.
Pertanto nel Rock gli interventi sono molto più pianificati, poco improvvisati, modesti in termini di lessico, ma estremamente curati in quanto a forma e sovrastrutture, a cominciare dai timbri. Dunque l’efficienza si concreta prevalentemente con l’abilità nella scelta dei suoni e dell’effettistica a essi associati (la stragrande maggioranza del pubblico non si rende conto quali presenti), dei registri (frequentemente si insiste sui medio-acuti), producendo così molto coinvolgimento emotivo.

Paradigmatico, giacché estremo in tal senso, è l’assolo del chitarrista Trevor Rabin degli Yes nel brano Owner of a Lonely Heart del 1983; molto breve, 30 secondi. Conseguentemente al fatto che il pezzo divenne una hit pure questo solo fu molto considerato (da contemplare peraltro che le cose di successo aumentano la propria efficacia con la reiterazione degli ascolti; una progressiva autoalimentazione del gradimento).  
La brillante idea fu di filtrare pesantemente la chitarra mediante un effetto chiamato harmonizer (all’epoca piuttosto inusitato), che duplica, o triplica (o più), il segnale originale, traslandolo d’intonazione a piacimento. Si possono generare così più linee parallele a intervalli predeterminati, potenziando intensamente la parte. Per contrappasso non fu usata alcuna ambienza, alcun effetto riverbero e/o eco: tanto rara quanto notevole scelta che punta a produrre un ambiente innaturale, anecoico, quasi futuristico.
Quindi il solo di Rabin sembra molto moderno, innovativo, tuttavia in sé è alquanto semplice e convenzionale nel fraseggio, nulla di che, addirittura rasenta il rock-blues, ma così filtrato e inserito è molto efficace, ed efficientissimo: con poco si è ottenuto molto.
D’altronde in tutto il brano sono sfruttati diffusamente molti tipi di modernissimi effetti (per l’epoca), quindi la particolare atmosfera dell’intero scenario in divenire e l’harmonizer alterano la percezione della struttura; è così massiccia la sovrastruttura, la barocca sofisticazione, che prevale sul resto.
Addirittura dal vivo Rabin replica la sua “improvvisazione”, il che la dice lunga su molte cose… Nulla di più lontano dal Jazz.

La diversità tra un brano rock e un brano jazz è simile tra il nuotare in piscina e nuotare in mare (ancor più cogli altri generi del Novecento e contemporanei, fino ad arrivare alla massima divaricazione dell’esperienza con la Classica).
Insomma, sono così pure chiarite, sommariamente e del tutto polarizzate, le estetiche e le poetiche del Jazz e del Rock; naturalmente ci sono gradazioni e vari assetti di tutto questo, fino a vere e proprie ibridazioni che strutturano quei generi cui la loro denominazione le indica esplicitamente: il Jazz-Rock e la Fusion.


*È l’armonia, cioè la sequenza di accordi, o in qualche caso anche solo un Riff, a determinare l’alveo melodico ove i musicisti possono lavorare.
** Ritengo limitanti, financo fuorvianti, questo tipo di manuali così schematici, apoditticamente assertivi, dogmatici: funzionano, aumentano l’efficienza in base a un criterio di efficacia, però alquanto parziale e scolastica.
*** Va sottolineato che chi accompagna nel Jazz di solito non lo fa rigidamente, ma flessuosamente, improvvisa; pertanto seppur ogni volta ripetuta e in teoria uguale, una sezione sarà nella pratica un po’ differente alla precedente.
0 Commenti

Il tuo commento verrà pubblicato subito dopo essere stato approvato.


Lascia una Risposta.

    Immagine
    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


    Foto
    TEORIA MUSICALE
    Foto

    Archivio

    Giugno 2025
    Maggio 2025
    Aprile 2025
    Marzo 2025
    Febbraio 2025
    Gennaio 2025
    Dicembre 2024
    Novembre 2024
    Ottobre 2024
    Settembre 2024
    Agosto 2024
    Luglio 2024
    Giugno 2024
    Maggio 2024
    Aprile 2024
    Marzo 2024
    Febbraio 2024
    Gennaio 2024
    Dicembre 2023
    Novembre 2023
    Luglio 2023
    Maggio 2023
    Aprile 2023
    Marzo 2023
    Gennaio 2023
    Dicembre 2022
    Novembre 2022
    Ottobre 2022
    Settembre 2022
    Agosto 2022
    Dicembre 2021
    Maggio 2021
    Marzo 2021
    Settembre 2020
    Agosto 2020
    Luglio 2020
    Giugno 2020
    Maggio 2020
    Aprile 2020
    Marzo 2020
    Gennaio 2020
    Dicembre 2019
    Settembre 2019
    Luglio 2019
    Giugno 2019
    Maggio 2019
    Aprile 2019
    Marzo 2019
    Febbraio 2019
    Gennaio 2019
    Dicembre 2018
    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Settembre 2018
    Agosto 2018
    Luglio 2018
    Giugno 2018
    Maggio 2018
    Aprile 2018
    Marzo 2018
    Febbraio 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Novembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Febbraio 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Giugno 2016
    Maggio 2016
    Aprile 2016
    Marzo 2016
    Febbraio 2016
    Gennaio 2016
    Dicembre 2015
    Novembre 2015
    Ottobre 2015
    Settembre 2015
    Giugno 2015
    Maggio 2015
    Aprile 2015
    Marzo 2015
    Febbraio 2015
    Gennaio 2015
    Dicembre 2014
    Novembre 2014
    Ottobre 2014
    Agosto 2014
    Luglio 2014
    Marzo 2014
    Febbraio 2014
    Settembre 2013
    Luglio 2013
    Maggio 2013
    Marzo 2013
    Febbraio 2013
    Gennaio 2013
    Dicembre 2012
    Novembre 2012
    Ottobre 2012
    Settembre 2012

    Feed RSS

    Categorie

    Tutti
    Afrobeat
    Analisi Musicale
    AOR
    Basso
    Batteria
    Blues
    Cantanti
    Cantautori
    Cd
    Chitarra
    Classica
    Critica
    Dischi Da Leggere
    Eroi Elettrici
    Folk
    Funk
    Fusion
    Hard Rock
    Heavy Metal
    HiFi
    Hip Hop
    Jazz
    Jazz Rock
    Jazz-rock
    Krautrock
    Libri
    Libro
    New Age
    Pensieri
    Pianoforte
    Pop
    Progressive
    Punk
    Rap
    Recensione
    Rhythm And Blues
    Ritmo
    Rock
    Rock'n'roll
    Soul
    Storia Musicale
    Tecnica
    Tecnologia Musicale
    Tecnologie
    Teoria Musicale
    Vinile
    World Music

   Home   Blog   Biografia   Discografia    Shop   Didattica   Pubblicazioni    Strumentazione   Media   Contatti   

© Carlo Pasceri - E' vietata qualsiasi riproduzione anche parziale - Risoluzione minima 1024x768

designed by ALi

Basato su tecnologia Crea il tuo sito web unico con modelli personalizzabili.