Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Alan Parsons Project, onnivori come il Rock

20/12/2017

7 Comments

 
The Alan Parsons Project è stato un gran gruppo rock, eppure, facendo la tara al successo di massa conseguito (in particolare con alcuni dischi), non venne adeguatamente considerato dalla critica; nonché dalla maggioranza dagli ascoltatori più attenti e appassionati del Rock più “alto”.
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E già, perché è nell’empireo del genere la collocazione di questo gruppo, soprattutto tenendo conto (come spesso accade) del primo periodo di attività produttiva: pubblicarono dieci dischi nel dodicennio che va dal 1976 al 1987.
I primi due sono i migliori, i modelli di riferimento: Tales of Mistery and Imagination (’76) e I Robot  (’77).  Il terzo, Pyramid (’78), un buon compendio…  Ammonia Avenue e Vulture Culture i più deboli (del 1984).
In ogni caso tutti hanno delle peculiarità che li distinguono dalle altre produzioni musicali (soprattutto altrui); e fino alla fine produssero musica di buona qualità. (Nel 2014, in modo controverso, è stato pubblicato quello che, sembra, avrebbe dovuto essere il loro quarto o quinto disco The Sicilian Defence.)
​
Forse hanno pagato lo scotto di essere poco inquadrabili, se non come generico e un po’ declive Pop. Non furono semplicemente un gruppo pop, e non certo solo per il loro essere un po’ sfarzosi nei suoni e per le loro espressioni di concept-album, di dischi a tema (peraltro nella realizzazione non così profondi).
The Alan Parsons Project era capitanato dal duo Eric Woolfson (tastiere e voce solista) e Alan Parsons (jolly tuttofare: chitarrista, tastierista, vocalist e ingegnere del suono, ex assistente di studio dei Beatles e dei Pink Floyd in alcuni loro importantissimi dischi come Abbey Road e The Dark Side of the Moon, in particolare di questi ultimi in qualità di sorta di “quinta colonna” in merito ad alcune brillantissime soluzioni in studio).
I TAPP furono coadiuvati benissimo da ottimi professionisti in special modo da Andrew Powell (orchestratore, conduttore e co-compositore) e dal fido chitarrista Ian Bairnson. Una loro caratteristica primaria fu l’impiego di una pletora di cantanti solisti, oltre allo stesso Woolfson.

La loro particolarità era data da una speciale amalgama di poliedrici materiali musicali sia in termini di tecniche compositive sia soniche, alquanto sofisticate e di valore. Nei loro dischi diffusamente si trovano soluzioni orchestrali insieme con droni elettronici, accattivanti melodie e begli assoli di chitarra elettrica (finanche nello stesso brano come in Damned If I Do dal disco Eve), pezzi strumentali con ostinati di basso animati da raffinate e mobili armonie accordali seguite da incisivi motivi melodici che traversano il tutto (Voyager/What Goes Up da Pyramid), atmosfere ”thrilling” od ossessive con semplici ritmi (quasi dance) e riff o motivi melodici da canticchiare quasi come tormentoni (Mammagamma da Eye in the Sky), strumenti acustici con sinth e raffiche più aggressive di suoni e insistiti ritmi con metri dispari (The Ace of Sword da The Turn Of A Friendly Card),  canzoni romantiche (Old and Wise ancora Eye in the Sky), strumentali che rasentano i mondi Jazz-Rock e Fusion (Urbania da Stereotomy).

Insomma i polimorfi Alan Parsons Project, onnivori come il Rock sa fare, tanto variegati quanto dotati di una precisa identità tali da renderli subito riconoscibili (malgrado i tanti cantanti): un gruppo che andrebbe molto rivalutato.
7 Comments
Carlo
30/3/2022 09:53:58

"non così profondi"?????
Non voglio leggere altro perchè capisco che colui che ha scritto è decisamente NON ALL'ALTEZZA DEL SUO COMPITO!

Reply
carlo pasceri
30/3/2022 15:46:20

Grazie sig. Carlo, mi ha davvero fatto fare una sana risata, torni presto.

Reply
silvio
3/6/2022 09:12:38

forse prima di ascoltare e recensire ogni disco sarebbe da leggere i libri, o guardare le opere architettoniche (di Gaudi, per esempio) da cui sono ispirati i dischi.
solo di recente ho letto il libro I Robot e devo ancora capire cosa ha ispirato i Nostri nel loro disco..

Reply
carlo pasceri
3/6/2022 18:55:28

Caro Silvio,
no, il critico musicale non deve leggere libri di letteratura, guardare opere architettoniche ecc. (ammesso si abbiano fonti inoppugnabili e del tutto sincere), non è assolutamente necessario sapere cosa o chi abbia ispirato un musicista per fare musica (per certi versi è anche fuorviante...):
la musica è tutt'altro, ha la sua peculiarissima grammatica, estetica, poetica e storia, e va affrontata e stimata avendo piena competenza di questi elementi (per i testi è differente).
Va da sé che il normale ascoltatore per sua curiosità può trarre soddisfazione nel fare quel che tu ipotizzi.
A presto.

Reply
Dario Greggio link
18/3/2023 16:15:11

"ammonia avenue debole" è una bestemmia :) !!

Reply
Matteo K
20/3/2023 00:56:36

Recensione scadente e molto sommaria, mal scritta e che approfondisce decisamente poco la carriera del Project....non cita neppure i dati in maniera precisa! Giudizi affrettati e peraltro poco comprensibili nella stesura... Cavoli, è proprio vero che in Italia chi non sa insegna!!
Mi aspettavo decisamente qualcosa di meglio!! 🤨🤨🤨

Reply
carlo pasceri
20/3/2023 07:12:48

Caro signor anonimo Matteo,
purtroppo ne ho incontrati sin troppi di fan come lei,
ossia di fanatici di un artista o gruppo musicale che,
pur nella totale incompetenza in materia musicale,
siccome non viene magnificato in tutto e per tutto l’oggetto di venerazione e viene mossa qualche critica si scagliano contro l’esperto professionista.
Che proprio perché è un esperto del settore è per voi superficiali dilettanti ancora più odioso.
Casomai solo voi fan(atici) potete permettervi qualche critica nei confronti dell’adorato, gli altri (peggio che mai l’esperto) assolutamente no: chi muove una pur minima critica è da “abbattere”.
I fan(atici) di tutti i tipi, che siano politici, di squadre calcistiche ecc., sono il problema del mondo.
Le auguro più ricchezza di interessi e vedute, e serenità.

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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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