Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Un tuffo nel cuore della memoria, col ritmo dei Rolling Stones

11/5/2024

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Chi ha l’adolescenza parecchio alle spalle lo sa bene, di quel periodo rammentiamo nostalgicamente alcune esperienze, anche piccole, di apparente insignificanza, ma che per qualche motivo ci portiamo dentro e che a volte riaffiorano in modo prepotente.
Spesso sono legate alla musica; d’altronde non è da oggi che la musica permea in modo quasi invasivo le vite di tutti noi.
Dei nostri cinque sensi la vista e l’udito sono quelli che associamo più facilmente e potentemente a ciò che ci accade, soprattutto in termini mnemonici.
L’olfatto, il tatto e il gusto molto meno.
E non soltanto lì per lì, nel presente delle nostre situazioni; non ce li portiamo granché appresso. Invece la vista e l’udito sono pure formidabili vettori e amplificatori che con noi viaggiano nel tempo.
Certo, se non ne abbiamo foto o video, le immagini nella nostra memoria sovente sono abbozzate, sfocate, ma se fu presente qualche brano, ciò che rende intenso il ricordo, potenti le emozioni, è l’associazione musicale a quelle circostanze e periodi in generale.
E non di rado ci capita di ascoltare quelle musiche in modo inaspettato; passano alla radio, in televisione ecc., e ciò spesso accresce l’impatto emotivo.  
 
E può capitare che nemmeno abbiamo bisogno di ascoltare per innescare il ricordo, come a me il 10 maggio vedendo su Dischi da leggere che era l'anniversario dell’uscita negli Stati Uniti del singolo dei Rolling Stones Miss You (album Some Girls): perché a volte possiamo ricrearla mentalmente la musica.
È stato per me il primo loro pezzo in tal senso, dopo pure alcune canzoni dell’album Tattoo You, segnatamente i brani più quieti (Slave, Worried About You, Tops e più di tutti Heaven).
Loro in tutto e per tutto più che semplici, tanto rudimentali quanto efficaci, e Miss You, canzone ballereccia, ne è un ragguardevole esempio, considerando pure che ebbe gran successo.
Costituita soltanto da un breve motivo ripetuto tantissime volte, come un riff, sin dall’inizio, l’introduzione, su due accordi. Poi prosegue col cantato pressoché uguale fino al middle eight (1’45’’): due nuovi accordi con la melodia che ne segue l’andamento discendente. Poi riprende fino al termine.
Nella versione su 33 giri, un po’ più lunga, oltre a esserci un’introduzione più ampia, ci sono interpolati due brevi assoli, uno di sax tenore (Mel Collins) che parafrasa il motivo portante, come pure quello finale di armonica (Sugar Blue), facendolo però in modo più raffinato. Pure gli assoli non si discostano granché dal tema.

Dunque, di Miss You la particolarità dell’insistenza, da tormentone, del motivo melodico e il carattere discomusic dell’epoca, dato non tanto dal ritmo elementare della batteria quanto dall’accentuazione dei levare, dei tempi deboli, anche delle chitarre ma specialmente dalla linea del basso che, come era il cliché in quegli anni, saltellava sulle ottave alte in levare*.
 
Miss You è per me l’inizio della giovinezza, lo strimpellare la chitarra e il creare i primi legami; ma di fatto non sapevo di musica e ancor meno di mancanze importanti.
​
Dopo ho saputo dell’una, e ancor più delle altre.
 
 
 *È l’ossatura ritmica finanche di River People dei Weather Report. Peraltro presente dal secondo minuto anche l'altro cliché di quell'epoca danzereccia, il plateale accentare del levare aprendo il charleston (in Miss You in vari passaggi a cominciare da 42'')
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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