Questo post è un addendum al precedente articolo sull’armonia in cui è citato Allan Holdsworth, tanto per dare un piccolo riferimento sostanziale volto a mostrare come spesso le cose creative non sono solo teoriche, futuribili, esiti di speculazioni e agognate realtà, ma già compiute in questo tempo, appena passato, ovvero nella nostra era; senza indicare necessariamente Listz o Debussy… In piena seconda ondata british, quella elettro-pop degli anni Ottanta, Holdsworth nel 1986 pubblicò un disco “strano”, Atavachron.
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Il 29 maggio 1992 moriva a Madrid lo straordinario chitarrista britannico Ollie Halsall. Era nato a Southport il 14 marzo 1949. E' stato membro dei Patto e dei Tempest e aveva collaborato a lungo con l'ex Soft Machine Kevin Ayers.
Un po’ tutti gli ascoltatori dall’impronta quasi fisica del “primo ascolto” di un brano e quindi di un disco ne traggono la sintesi; il "mi piace/non mi piace" è strettamente correlato e interdipendente da quella percezione degli aspetti sovratrutturali: un minimo di forma e colori del “testo”, la sua esteriorità. In seguito chi vuole, a seconda delle proprie capacità, può condurre un’analisi degli aspetti strutturali ossia cosa c’è scritto nel testo, e pertanto conseguire ulteriori sintesi che vanno a integrare, più o meno riformandole, le prime.
A me è capitato tantissime volte, ve ne racconto una. Anno Domini 1980, Pino Daniele con soltanto tastiere, basso, batteria e la sua voce (ed esigue sovraincisioni) ha realizzato uno dei suoi brani più famosi: A Me Me Piace 'O Blues. Come già accennato nel precedente articolo, gli assoli musicali sono una porzione importante di musica, anche perché, tanto banalmente quanto brutalmente, aggiungono moltissime note al brano.
Ammettiamolo, l’assolo di chitarra è roba da vecchi. Un tempo tutte le canzoni ne avevano uno, ma oggi sono in via d’estinzione. Perché la chitarra solista è sparita dal mainstream? Così recentemente un articolista sulla rivista Rolling Stone; e ammonticchiando parecchio confusamente ed erroneamente alcune questioni e argomenti, non si è nemmeno risposto…* Però è vero, gli assoli di chitarra elettrica in special modo con timbro distorto un tempo erano più presenti nelle produzioni musicali; tuttavia la tendenza è iniziata moltissimo tempo fa**, non è cosa recente.
Verrebbe subito da chiosare considerando che storicamente nelle produzioni più disimpegnate, come quelle delle boy band, l’assolo è praticamente assente, pertanto far conseguire che più che indice di modernità la rarità di assoli è sintomo d’immaturità; e viceversa, altro che "roba da vecchi"… Ma approfondiamo un minimo. “È un rock bambino soltanto un po' latino una musica che è speranza una musica che è pazienza” Così il nostro grande Ivano cantava nella sua hit di 40 anni fa “La mia Banda Suona il Rock”: il cosiddetto latin-rock fu un termine coniato per inquadrare quella peculiare musica che i Santana dal festival di Woodstock in poi diffusero nel mondo. Nei loro primi tre dischi (Santana, Abraxas e Third) in pratica c’è già tutto di questa particolare mescolanza: un’effervescente musica apparentemente tanto semplice, cantabile e sovente ballabile, quanto strutturata e innervata di finezze compositive ed esecutive.
L'approfondimento completo su Gabor Szabó è disponibile sul libro 📙 Eroi elettrici
L’8 marzo 1936 nasceva a Budapest il chitarrista ungherese Gabor Szabó. Una volta emigrato negli USA fu ingaggiato da Chico Hamilton (sostituendo Jim Hall), con cui da 1962 al ’66 registrò ben otto dischi prima di avviare una sua proficua carriera solista. Le canzoni sono di solito costituite da un paio di semplici sequenze accordali (strofa e ritornello con ripetizioni della strofa e minime varianti) lunghe ciascuna 8 battute; un’intro e una coda. Pertanto il basilare “giro” totale è in genere di 32 misure. Gli accordi sono di vario tipo, perlopiù una precostituita connessione monotonale tra minori e maggiori; a volte qualche “sospeso”. Il modello di fondo è questo (naturalmente c’è una melodia che si sovrappone).
La rapidità (e nettezza) esecutiva è spesso (a torto) l’unico fattore di riferimento col quale si stima l’abilità tecnica di un musicista. Ma è solo il parametro più elementare e “vistoso” (peraltro come “endemico”) della costellazione tecnica costitutiva la galassia musicale. Questa velocissima frase costituita da più di 20 note in meno di 2 secondi fa riflettere in più aspetti. Potrebbe essere di Charlie Parker o John Petrucci, ma non è così, è suonata da un musicista che certamente dai più non è considerato un granché a livello tecnico. Nondimeno in quel 1991 di certo era tra le fasi peggiori della propria carriera artistica e “commerciale”.
Nozze di rubino. 40 anni di matrimonio, tanto dura il mio rapporto, di amore, con la chitarra. Eh già, fu in un giorno di inizio estate del 1978 che ebbi la mia prima chitarra, una Eko classica. Luna di miele immediata: notte e giorno insieme… Ma siccome appassionato di Rock, già nell’autunno/inverno del medesimo anno riuscii a mettere le mani su una chitarra elettrica: prima in prestito, poi acquistata.
Però ora basta ricordi personali: la chitarra elettrica è lo strumento che (insieme con la batteria) ha più cambiato la musica del XX secolo. La chitarra elettrica è lo strumento più versatile che ci sia. Fra poco devo uscire di casa e attraversare la città, e cosa comune a chi è nato e cresciuto in una metropoli è la rassegnazione al dispendio di risorse di ogni tipo per l’impresa… E uno dei brani che sin dall’inizio più mi colpirono di Jimi Hendrix fu il brevissimo Crosstown Traffic (contenuto nell’album Electric Ladyland del 1968), senza nemmeno un accenno di assolo di Jimi. Forse mi immedesimai col titolo, sicuramente il suo trascinante andamento mi piacque tantissimo.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra C’è un signore inglese, il chitarrista elettrico per eccellenza, che è il protagonista di uno strano caso: Jeff Beck. La carriera di Beck inizia a metà anni Sessanta e subito si distingue da tutti gli altri chitarristi elettrici perché non così incline allo stile rock-blues e ai suoi piccoli cliché che, soprattutto diffusi dai tre grandi King (BB., Albert e Freddie), stavano fecondando la stragrande maggioranza dei giovani seicordisti, compreso, anzi, soprattutto, il suo compagno d’armi negli Yardibirds: l’ottimo Eric Clapton.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Jim Hall è stato un chitarrista jazz apparso sulle scene alla metà degli anni Cinquanta, che gode di grande fama; tuttavia la sua figura nel firmamento dei grandi è stata un po’ intermittente, ma progressivamente si è elevata senza indugi: ormai è quasi un monumento. Nel primo periodo fu tenuto in ottima considerazione, in seguito (alba dei Sessanta), forse a fronte dell’avvento di Wes Montgomery (di tutt’altro stile), un po’ meno sugli scudi.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra La maggior parte degli appassionati conoscono Steve Lukather (chitarrista, cantante e autore) come un importante membro dei Toto, ma pochi sanno che è stato tra i chitarristi più studiati dai professionisti… Ciò perché Lukather, sin dalla sua comparsa al proscenio col primo disco dei Toto nel 1978, si fece notare per il suo lavoro discreto (se confrontato con il guitar hero emergente dell’epoca Van Halen) ma efficacissimo nell’economia di un gruppo giacché strumentista che svolgeva una funzione pressoché completa di molte parti chitarristiche elettriche; anche quelle di accompagnamento “pulito” (senza distorsione timbrica), con suoni e soluzioni ammalianti l’attento ascoltatore.
Musica di protesta sociale, aggressiva, rapidissima, esasperata ed esasperante, incentrata sul rifiuto delle norme e regole compositive e tecnico-strumentali; e delle gerarchie. Trasgredisce tutto e tutti. No, non è il punk, è il free-jazz. Soprassedendo gli esperimenti di Lenny Tristano di fine anni Quaranta (e poi di altri), il free-jazz (chiamato all’inizio “new thing”) è nato e cresciuto in USA negli anni Sessanta per opera di musicisti di colore. E nel 1971 (registrato l'anno precedente) è pubblicato Where Fortune Smiles, successivamente accreditato al solo nome di John McLaughlin; un’opera discendente dall’esperienza che in quegli anni aveva raggiunto il culmine, che stava fecondato continenti diversi e musicisti non necessariamente legati alla causa del Black Power. Ciò indica il poderoso impatto che la “new thing” ebbe nella comunità musicale.
Pat Metheny è in assoluto tra i più grandi chitarristi-compositori contemporanei, ma io lo trovai all’inizio un po’ scialbo e antipatico.
Lo statunitense Blues e lo spagnolo Flamenco sono parenti più di quanto si creda. D’altra parte circa un secolo fa Jelly Roll Morton, uno dei padri del Jazz, parlava della musica di colore spagnolo (Spanish Tinge)… La Spagna, terra abitata anche da gitani erranti, mercanti ebrei e schiavi provenienti dall'Africa, si è alimentata degli influssi culturali di ritorno dall’America anch'essa meticcia. E il Flamenco è un'espressione musicale prodotta in Andalusia nella prima metà dell'Ottocento ed è la sintesi tra l'Andalusia cristiana e quella musulmana.
Tratto dal libro Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra
Storicamente sono stati tre i più grandi chitarristi del Jazz-Rock: John McLaughlin, Al Di Meola e Allan Holdsworth. Ed è curioso notare che due sono britannici e uno, Di Meola, americano di chiare origini italiane.
Holdsworth si differenzia da McLaughlin e Di Meola per varie ragioni, due le più evidenti: la sua carriera come leader ha fatto molta fatica a concretarsi, e sicuramente non ha avuto il successo di pubblico degli altri due; il suo stile chitarristico, seppur come McLaughlin e Di Meola basato sulla rapidità, privilegia l’articolazione tecnica del legato (dopo aver dato l’impulso con la mano dx congiunge le note immediatamente seguenti tastandole solo con la sx), mentre gli altri due sono dei formidabili plettratori (suonano a una a una la stragrande maggioranza delle note con la mano dx), e usa la leva vibrato.
Questo articolo è tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Lo statunitense George Benson (Pittsburgh, 22 marzo 1943) è un magnifico chitarrista jazz apparso sulle scene nei ’60. Il grande successo lo ottenne nei due decenni successivi spostandosi progressivamente verso una musica più facile, cantata (benissimo), finanche danzereccia. In particolare dal disco Breezin’ del 1976 e con l’apice di Give Me The Night del 1980, ma ha continuato fino a oggi a esser ben presente sia discograficamente sia in concerto. Ottimo esempio della sua fase più luminosa è il live del ’78 Weekend in L.A..
Questo articolo è tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Bill Frisell è il chitarrista che più congiunge, in modo creativo e quindi originale, moltissimi generi e stili, sia musicali sia prettamente chitarristici. Attivo discograficamente dai primi anni ’80 sia come leader di propri progetti sia come collaboratore di altri o semplicemente ospite in qualità di chitarrista.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Ottobre 2024
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