Quella armonica è la dimensione musicale più complessa sia a livello percettivo sia cognitivo ovvero il suo concepimento e realizzazione; d’altronde basta eseguire qualche accordo uno dietro l’altro imparato alla buona su uno strumento da poche decine di euro e fischiettare un motivetto per fare già musica alquanto articolata.
Infatti, da secoli il concetto dell’armonia è lo studio e l’applicazione del concatenamento tra gli accordi, insieme con una melodia data o da sovrapporre in seguito. Con queste (almeno potenzialmente) innumerevoli relazioni reciproche tra le note, il campo sonoro non solo si amplia, ma diviene anche più profondo.
Pertanto l’evoluzione del linguaggio armonico si potrebbe vederlo in un’ottica storico-antropologica insieme con quello specificatamente musicale; insomma, la differenza tra Bob Dylan e Duke Ellington è enorme, tuttavia è incomparabile la loro diversità rispetto a dei musicisti indiani o cinesi.
Eppure questa peculiarità non è protetta dal diritto d’autore, ovvero si può copiare l’intera serie armonica di un brano, usare tutti quanti gli accordi dalla A alla Z senza che nessuno possa reclamare.
Ciò perché essendo il diatonico Sistema Tonale la nostra fonte primaria con le sue regole e cadenze si è giunti presto a un corto circuito creativo: siccome le armonie accordali si muovono lentamente e quindi in un pezzo non saranno poi molti gli accordi, peraltro tutti simili come strutturazione (sovrapposizioni di terze), sarebbero troppo limitate le possibilità combinatorie dei 7 accordi canonici per punire i ricalchi…
Ed ecco dato via libera all'uso di qualsiasi “giro di accordi” che sarà la base per le “invenzioni” di motivi melodici; e se consideriamo che anche il ritmo non è protetto dal diritto d’autore, ci si rende facilmente conto del perché molti pezzi si somiglino parecchio; il pubblico si è abituato a tale barbarie creativa: è dato per scontato che la “base” di un pezzo possa essere del tutto simile ad altri.
E non si può non rilevare che, siccome si sono affermati quei pochissimi modelli di accordi (per terze) insieme con i loro collegamenti così reiterati e schematici, queste aggregazioni armoniche generano anche predeterminati pattern melodico-polifonici che vanno ad aumentare il grado di cantabile somiglianza.
Tra i giri più adottati in assoluto vi è quello di DO (I) SOL (V) LAm (VI) FA (IV), si ritrova dappertutto, dalle hit dei Beatles e Bob Marley passando per Antonello Venditti. Famosissimi anche i ricalchi delle sequenze armoniche degli Spirit/Led Zeppelin e Jethro Tull/Eagles: si varia motivo melodico e tutto a posto!
Per converso è impiegato un trucchetto affinché una melodia suoni abbastanza familiare per il pubblico da poterlo blandire: rifarsi grosso modo a un collaudato motivo cambiandone la sequenza accordale che scorre "sotto" affinché la percezione melodica sia alterata.
In questa maniera gli aggregati armonici non sono considerati come meravigliose materie sonore, conquiste creative della nostra civiltà, ma declassati a piccole basi da sfruttare per innalzarci su motivetti melodici da fischiettare, figuriamoci le complesse polifonie contrappuntistiche da cui sono nati: sepolte…
Si provi ad ascoltare la musica di Allan Holdsworth per comprendere come alcune potenzialità della moderna musica armo-melodica siano messe a profitto.
Certo non tutti sono come Holdsworth, e come ebbe a dire Voltaire “tra tutti i crimini il plagio è il meno pericoloso”, tuttavia il minimo è non accattare ed esibire senza ritegno, come è ormai abitudine; per dirla col Falstaff verdiano, almeno “rubar con garbo e a tempo”!