Eh già, fu in un giorno di inizio estate del 1978 che ebbi la mia prima chitarra, una Eko classica.
Luna di miele immediata: notte e giorno insieme…
Però ora basta ricordi personali: la chitarra elettrica è lo strumento che (insieme con la batteria) ha più cambiato la musica del XX secolo. La chitarra elettrica è lo strumento più versatile che ci sia.
Per esempio, di solito si obietta che sia il pianoforte lo strumento più poliedrico, ma non è così: a fronte della sua stupenda capacità polifonico-armonica (ed estensione di registro), inarrivabile per tutti gli strumenti (a eccezione dell’organo), ha dei limiti insormontabili.
Senza entrare nei dettagli, diciamo che tutto quello che può fare il pianoforte, seppur con dei limiti, lo può fare la chitarra; ma tutto quello che può fare la chitarra non può assolutamente farlo il pianoforte.*
Avviciniamoci un po' al mondo della chitarra elettrica.
La chitarra è uno strumento musicale cordofono a pizzico: può essere suonato con i polpastrelli, unghie, plettro ecc.: a seconda se polpastrelli, unghie, plettro dà un suono molto differente.
E la chitarra elettrica è un tipo di chitarra in cui le vibrazioni delle corde sono rilevate da uno o più particolari microfoni (pick-up) ossia dispositivi elettromagnetici o elettronici trasduttori di energia: captando le vibrazioni convertono quell’energia fisica in impulsi elettrici.
Dunque di una chitarra elettrica che sia a corpo pieno (solid-body tipo Stratocaster o Les Paul) o semiacustiche, che siano quelle a “cassa bassa” (le semi-solid tipo Gibson ES 335) o alta (le hollow-body tipo Gretsch Country Gentleman), la caratteristica comune è il pick-up.
Il segnale prelevato all'uscita di questo, tramite un cavo di collegamento, è convogliato nell’ingresso di un amplificatore che lo filtra e moltiplica, inviandolo poi a un altoparlante che a sua volta, vibrando potentemente, lo riconverte in onde sonore udibili.
Eventualmente tra chitarra e amplificatore possono essere inseriti vari tipi di processori elettronici, i cosiddetti effetti (wha-wha, distorsori, phaser, delay ecc.): tutta questa catena tecnologica crea il suono basilare, ovvero la tavolozza timbrica alla quale attinge il chitarrista per creare i propri colori sonici. L’individuale “tocco” dei differenti chitarristi darà di volta in volta timbri differenti, infatti, a parità di strumentazione e settaggi chitarristi differenti generano suoni differenti.
Comunque è il pick-up, a seconda della sua tipologia e soprattutto dove posizionato (presso il manico=timbro tenorile / al ponte=soprano), che offre la fondamentale matrice sonica.
La prima chitarra elettrica è del 1931, praticamente una padellina con un manico e tastiera su cui sono tese sei corde: produzione americana di marca Rickenbacker. Poi una stupefacente pletora di variazioni e innovazioni, anche perché i fattori di modificazioni sono molti oltre il basilare pick-up.
Infatti, basti pensare che lo spessore delle corde, la loro tipologia (liscie o ruvide), la lunghezza del diapason (il tratto su cui poggiano: dal capotasto al ponte), la leva vibrato, altresì i materiali e come sono assemblati dell’intera chitarra, contribuiscono non solo al suono, ma soprattutto all’uso di tecniche differenti: talvolta in modo sfumato talaltra in modo marcato, quando addirittura di nuove.
Come accennato, i due strumenti principi del XX secolo sono la batteria e la chitarra elettrica, della batteria ho nutrito e nutro un amore platonico: interrogata, studiata, sfiorata… Mai avuta.
Della chitarra evidentemente no: ho avuto e ancora ho un amore totale. Carnale.
*La chitarra è come il pianoforte uno strumento polifonico-armonico, seppur non ha le sue ampiezze quantitative (ma ha alcune peculiarità qualitative che il pianoforte non possiede). Però le fondamentali articolazioni musicali come i glissati, intonazioni note con passaggi frequenziali continui come la voce (bending), legati (hammer-on/pull-off), o il tanto elementare quanto "vitale" vibrato, per il pianoforte sono del tutto ineseguibili.