Jim Hall fu “riscoperto” e assai incensato negli anni Ottanta-Novanta, soprattutto dopo che chitarristi del calibro di John Scofield, Pat Metheny (col quale nel ’99 firmò un album) e Bill Frisell, dichiararono la loro grande stima verso di lui.
Egli sin dall’inizio si distinse per un approccio diverso rispetto ai coevi maestri bianchi della chitarra come per esempio Tal Farlow e Barney Kessel: tutte e due alquanto spettacolari, Farlow più funambolico Kessel più grintoso.
Hall, quasi un’antitesi di questi, più intimo e cameristico, fu un raffinato cesellatore di linee melodiche e armonizzazioni accordali tanto agili e concise quanto ideali complementi a musiche intellettuali come quelle del fiatista e compositore Jimmy Giuffre (in trio) e del pianista Bill Evans (in duo). Questi, tra i tanti altri già nella prima fase della sua attività, furono i grandi artisti cui Hall prestò la sua maestria anche nel trattare il silenzio musicale.
Dunque fu un’importante alternativa al diffuso stile jazz chiamato bebop, pertanto non roventi espressioni con accenti bluesy e rapidissime affabulazioni, bensì misuratissime e flemmatiche parti, che contribuivano a erigere strutture musicali più vicine alla forma polifonica (varie melodie che si sovrappongono) che a quella ben più largamente impiegata cosiddetta omofonica (melodia con accompagnamento accordale): più da quartetto d’archi che da lieder romantico.
Questa è di fatto una caratteristica che ritroviamo più nelle opere di jazzisti bianchi rispetto a quelli di colore (va da sé che ci sono importantissime eccezioni, basti pensare al Modern Jazz Quartet): coniugazioni e declinazioni differenti di un lessico comune ha prodotto due differenti traiettorie sintattiche del Jazz, che peraltro a volte si sono naturalmente incrociate.
Va rammentato che Jim Hall ebbe un importante predecessore stilistico-concettuale: Billy Bauer, chitarrista del gruppo di quel titano che risponde al nome di Lennie Tristano. Altresì lo stile di Hall nel corso della sua carriera lunghissima e, negli ultimi decenni, luminosissima, non ha avuto significative evoluzioni: ha eccellentemente approfondito il solco che Billy Bauer aveva cominciato a tracciare, statuendo quell’elegante e raro fare musica senza alcun clamore, un suonare gentilizio, quasi sottovoce, sempre in bilico tra prosa e poesia.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra