E qui un importante nodo da sciogliere dello sviluppo del chitarrismo rock.
Fatto salvo Jimmy Page, che financo a breve si aggiungerà ai due negli Yardibirds, unico vero compositore di questa trinità rock inglese, appena dopo la pubblicazione di quel gran disco rock-blues di John Mayall, Blues Breakers with Eric Clapton, vi fu un florilegio di ottimi chitarristi di natura squisitamente rock-blues: da Peter Green a Mick Taylor e Rory Gallagher, o dall’altra parte dell’oceano, Mike Bloomfield (già salito alla ribalta ma dopo divenne un po’ più rock), poi Johnny Winter e Duane Allman e altri.
Ma nel frattempo ci fu l’avvento della rock-astronave Experience guidata dall’alieno Hendrix, seguito da altri giganti elettrici tangenti il mondo rock a sei corde, come McLaughlin, Fripp, Santana e Blackmore: Beck ebbe un forte rallentamento creativo; forse ha avuto bisogno di mandare giù e assimilare…
Nel biennio 1968/’69 ha pubblicato due dischi solisti alquanto ortodossi e sottotono ("Truth" e "Beck-Ola") anche a livello chitarristico, considerate le tante meraviglie che stavano nascendo: la sua risposta alla genia chitarrista che stava sviluppandosi considerando quello che già con gli Yardibirds aveva dimostrato, non fu all’altezza.
E se nel frattempo la direttrice dei chitarristi versati nel rock-blues aveva intrapreso una via di successo, benché (o proprio perché) assestandosi su coordinate di comodi cliché, Beck, da grande artista qual è, ha recuperato e alla grande, pubblicando dischi più interessanti anche nella dimensione chitarristica, arrivando nel ’75 al suo capolavoro a tutto tondo Blow by Blow, subito seguito (’76) da un altro notevolissimo disco (Wired), sancendo la sua definitiva consacrazione tra i colossi.
Insomma, l’avvio di Jeff Beck nei ’60 un lampo di Zeus: subito molto genio e molta sregolatezza, tanto che per ristabilirsi sull’Olimpo ci ha messo quasi dieci anni, poi, quando moltissimi cercavano di correre più veloci della luce su e giù e giù e su per scale (peraltro già consumate da secoli), producendo qualche fiammella e scoppiettio, lui con quattro note illuminava tutto e tutti con lampi e tuoni.
Certamente oggi più regolatezza e meno genio, tuttavia tra i vecchi dèi, Beck è quello che meglio si è mantenuto all'altezza della propria grandissima e meritata fama: è ancora incomparabile.
Ancora oggi nessuno come lui sa toccare quelle sei corde.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra