D’altronde il trascorso orientale della Spagna si rinviene nel cante jondo, primitiva forma vocale flamenca, caratterizzata dal porsi tra il sistema temperato occidentale e quello orientale con intervalli microtonali. Sono canti a cappella di solito con tempi lenti e linee melodiche perlopiù discendenti, monodici e melismatici. Per i gitani il cante è sì l'espressione lirica della sentimentalità propria di tutti gli uomini, ma innanzitutto è un disagio zingaro della difficoltà del vivere e di difesa dell'identità.
Il Flamenco, di là di questa consanguineità di espressione vocale, col Blues ha in comune di aver cristallizzato alcuni fattori costitutivi, pertanto primari, che lo fanno identificare subito: un determinato ciclo di accordi con una specifica scala sovrapposta a esso da cui trarre motivi melodici (che siano estemporanei o non), insieme con un determinato ciclo ritmico.
Laddove il modello base del Blues ha la sequenza caratteristica di accordi (spesso di natura maggiore e di settima) I7-IV7-V7, col ritmo 4/4 terzinato shuffle (12/8) e la scala pentatonica minore, quello del Flamenco ha la (andalusa) successione armonica discendente IVm-III-II-I* e la scala frigia con un sincopato ritmo (compas) di 12/8 (a sua volta considerabile terzinato) ben più articolato e sofisticato nell’esito dello shuffle.
Infatti il 12/8 del modello base (cui corrispondono alcuni stili) del Flamenco è raggruppato, mediante gli accenti sulla terza, sesta, ottava, decima e dodicesima pulsazione, in 3+3+2+2+2. Pertanto ha davvero necessità di tutte e 12 le scansioni per compiere il suo ciclo ritmico, mentre lo shuffle jazz-blues si esaurisce in un raggruppamento di 3 (con legatura delle prime due pulsazioni) esposto ricorsivamente quattro volte**.
E di là delle naturali varianti e variazioni di armonie, scale e ritmi che determinano stili o interpretazioni artistiche, basilarmente questo è il carattere dominante e riconoscibile del Flamenco, come quell’altro del Blues. Altri generi non sono così stilizzati.
Dalla musica Classica al Jazz stesso sappiamo di molte e stupende ibridazioni col Flamenco, anche giganti come John Coltrane e, soprattutto, Miles Davis (e prima di loro Lionel Hampton) negli anni Sessanta ne hanno subìto l’incanto, fondendo il loro Jazz con questo meraviglioso blues orientale… D’altro canto nel 1967 il sassofonista Pedro Iturralde ha pubblicato un considerevole disco chiamato Jazz Flamenco, con un chitarrista ventenne che diverrà di lì a poco, meritatamente, una superstar internazionale del Flamenco, peraltro quello più innovativo e moderno: il chitarrista e compositore Francisco Sanchez Gomez, noto come Paco de Lucia. Fu un rivoluzionario del genere, che ha ibridato il Flamenco con la musica più occidentale, anche direttamente collaborando con alcuni titani del Jazz e del Jazz-Rock, come Chick Corea e Al Di Meola (in parte anche John McLaughlin); che hanno a loro volta inserito nella loro strepitosa e innovativa musica, oltre a quelli più genericamente latino-americani (parenti a loro volta del Flamenco), importantissimi elementi specifici della tradizione spagnola; ben più del Blues.
Paco de Lucia ha pubblicato come leader alcuni dischi in cui ha operato una portentosa fusione, tra i quali Almoraima (’76), Solo Quiero Caminar (‘81) e Zyryab (’90), uno per ogni decade in cui è stato più florido.
**Ritmo base bulerìas-flamenco: le sue sincopi e asimmetrie offrono particolari ambiguità accentuali soprattutto sul primo movimento in assoluto: ciò lo apparenta ai ritmi afro-cubani.
Maria Cristina Assumma (Professore associato di Letteratura Spagnola presso l’Università di Cassino, Facoltà di Lettere e Filosofia)
Flamenco: passione e sensualità in musica (edizioni Red!)
Dizionario del Flamenco (Vallardi)