Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

"Poseidon" dei King Crimson, il sottile equilibrio degli opposti

15/5/2020

2 Comments

 
È noto che il secondo disco dei King Crimson In The Wake Of Poseidon uscito solo sette mesi dopo quello di esordio (In The Court Of The Crimson King) è stato concepito e realizzato tra dissapori all’interno del gruppo; con Greg Lake, Mike Giles e Ian McDonald in via di uscita (abbandonarono dopo la registrazione del disco)*. 
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Si sa pure che, forse per la vicinanza temporale e musicale (pure del titolo e iconografica) col primo, è stato dal pubblico non molto apprezzato: sembra sia quello piaciuto di meno tra i primi sette storici dischi in studio pubblicati dai KC dal’69 al ‘74.
In The Wake Of Poseidon è un disco più sofisticato di ITCOCK sia formalmente sia come contenuti, ed è quello in cui Robert Fripp prende le redini dei King Crimson; peraltro come chitarrista è più operoso del precedente.
ITWOP sembra avere linee guida concettuali che innanzitutto realizzano una principesca cornice che sostiene una tela dipinta magistralmente e che, seppur commetta il peccato di sfruttare più di un’idea del precedente (e di altri autori), rendono questa opera affascinante.
Le espressioni di polarità opposte, di qualsiasi natura, in un "congegno energetico" nel quale evidentemente è necessario ottenere le giuste oscillazioni di flussi, altrimenti si cortocircuita e salta tutto. Insomma il tema tra pace e guerra, raziocinio e istinto, serenità e angoscia, la rete di connessioni e bilanciamento tra ciò sembra permeare tutto ITWOP.
Non è difficile riscontrare che c’è un breve pezzo di musica (ossia Peace) che è sfruttato a mo’ di leitmotiv che, in differenti declinazioni, s’incarna in tre piccoli brani che sono posti all’inizio, in mezzo e a conclusione del disco. Un efficace bilanciatore.
Gli otto brani che costituiscono ITWOP sono alquanto vari in termini di ampiezza temporale: tre lunghi, tre corti e due di media durata. Le velocità di quattro di questi si attesta sul medio-lento; l’altra metà sul lento dei tre brevi bozzetti “Peace” (benché emerga la scansione doppia e comunque sono in rubato), mentre è circa il doppio più rapida quella del brano più lungo, The Devil's Triangle.
Il disco principia con Peace - A Beginning, solo la voce di Greg Lake che affiora da una misterica lontananza intonando in falsetto una melodia pentatonica semplicissima, potremmo dire primitiva, arcaica e pertanto endemica a noi tutti. Rapidamente l’ambienza (riverbero-eco) si riduce e quindi l’effetto lontananza fino al termine, dove 4 note, di cui 2 in aggiunta alle pochissime precedenti, di uno strumento a corde acustico (forse un dulcimer) si innestano provocando un vago senso di inquietudine, anche perché è introdotto un altro motivo conduttore del disco tanto caro a Fripp: l’intervallo tritonico, quello del diavolo in musica, che divide in due lo spazio cromatico dell’ottava musicale che è il principio e la sostanza del massimo grado di consonanza.
Segue il brano più aggressivo e articolato, Pictures of a City (già lo suonavano dal vivo nel ’69 col titolo A Man, A City e parente di 21th Schizoid). Tutto il gruppo schierato con sovraincisioni di fiati e soprattutto di chitarre; complicato da una Intro che benché basata su una semplice misura di 8/4 essa è articolata in 3/4 + 2/4 + 3/4 con all’interno successioni di crome puntate-terzinate-puntate che ne alterano il senso del tempo. Dominato dal chitarrismo di Fripp.
Si continua con la quieta canzone Cadence and Cascade parente di I Talk to the Wind, mentre quella successiva, In the Wake of Poseidon, è sulla falsariga di Epitaph, dunque benché semplice un po’ "sinfonicamente" epica e tesa.
Si conclude la prima parte del disco e perciò le reminiscenze col precedente sono, in effetti, quasi imbarazzanti.
Si cambia con la seconda parte che apre con Peace - A Theme: un solitario Fripp che con la chitarra classica armonizza ed estende il motivo melodico di Peace - A Beginning con uno stile ibrido un po’ jazzy un po’ classicheggiante. Si evidenzia che è anche traslato come tonalità modulando di un tritono.
La seguente Cat Food, sorta di rielaborazione di Come Together dei Beatles (dunque specie di canzone blues), è impreziosita da fratturazioni ritmico-metriche dispari (i 3/8 aggiunti alternativamente alle sette misure di strofa e il sedicesimo addizionato al termine delle quattro misure 4/4 del ritornello**), dagli interventi al pianoforte di Keith Tippett apparentemente casuali quasi quanto un nervoso gatto che si muove sulla tastiera, e dall’assolo di Fripp.
The Devil's Triangle (strumentale diviso in tre sezioni) è chiaramente “ispirato” a Mars - The Bringer of War della Suite sinfonica The Planets di Gustav Holst. È il brano meno chitarristico in assoluto ma anche il più interessante, dominato dal Mellotron, dal tritono e da citazioni (merita una trattazione a sé anche solo per i vari rimandi simbolici cui è impregnato). Ipnotico, modale e basato su una sequenza ritmica in 5/8 che rammenta il celeberrimo (e successivo) Bolero di Ravel, si dipana e aggroviglia tra variazioni motiviche, citazioni, crescendo e diminuendo, glissati, rumori, parti free e interferenze disturbanti alla Revolution 9 dei Beatles, per concludersi con un breve arpeggio di chitarra classica (15/8 in MI) che prepara il finale del disco Peace - An End.
Forse è banale a questo punto rimarcare l’alternanza tra gli antitetici che pervade il disco, tra l’aggressività della guerra e la terminale pace. Quest’ultimo brano riunisce i due precedenti “Peace” traslando ancora una volta tonalità (si pone a distanza di semitono ascendente da quello iniziale). Inizia solo cantato, poi si aggiunge Fripp con la chitarra classica (per tutto il disco usa invece un’acustica oltre ovviamente all’elettrica) e qua e là c’è un raddoppio di voce all’ottava. Questa finale riconciliazione tra gli opposti insieme con la circolarità paiono ottenute anche mediante il senso crescente della distanza generato dall’ambienza all'interno dello spazio audio: l’allontanamento progressivo della voce che rimanda all’avvicinamento iniziale.  Un commiato quasi commovente.
 
Robert Fripp ha un talento particolare: è tra quei pochi cui basta pochissimo materiale per rendere interessanti gli esiti, spesso rielaborando cose già fatte, e questo disco ne è probabilmente la sua prova più clamorosa. Ha la facoltà di trattare lo spazio sonoro in maniera straordinaria: manipola timbri e tempo come creta, modellando oggetti sonori di grande fascino; è peraltro uno di quei rari artisti che non è preda dell’horror vacui, si distingue anche per questa caratteristica che coniuga benissimo con l’opposto, un amor pleni con cui altrettanto spesso ci ha deliziati in tanti anni di attività.
 ​
* La formazione oltre a Fripp che suona chitarre e Mellotron: Peter Giles – basso, Mike Giles – batteria, Greg Lake e Gordon Haskell – voce, Keith Tippett – pianoforte e Mel Collins - fiati
**Si potrebbe intendere più precisamente tre battute 4/4 + una 3/4 + la rullata di Giles di 5/16.

Il libro sui dei King Crimson è disponibile in brossura e in versione elettronica.
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2 Comments
Nicola Maria Spagnoli
15/5/2020 14:20:58

Mi compiaccio con l'autore e plaudo!😋😘

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carlo pasceri
15/5/2020 23:16:37

Grazie Nicola, e benvenuto.

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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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