Ancora i King Crimson con un brano, Book of Saturday, incluso in un’opera complessa, Larks’ Tongues in Aspic (1973): tra torri di luce e pozzi di oscurità, Book of Saturday, né radura né giungla sonica, è una rigogliosa, breve, pianura. I brani cantati da qui in poi sono assertivamente malinconici, e non malinconicamente assertivi come un tempo. Prima prolungati carmi un po’ lamentosi a prescindere, ora, semmai, divampanti sentenze accorate. Book of Saturday è un soffio caldo che dal di dentro brucia rapidamente la pelle.
Brano che ha una peculiarità anche in quanto a strumenti usati: solo chitarra, basso, voce e violino; non partecipano né batteria né percussioni di alcun tipo. Non se ne sente assolutamente la mancanza. | Due minuti e mezzo, una manciata di secondi oltre questo tempo, dura questo brano. Poco più di un aforisma musicale, e come un aforisma, è fulmineo nell'incidere perché di spessore. Come un aforisma, sembra poco più di una battuta, ma nasconde una gran mole di pensiero. Questa canzone è una pietra preziosa, che da oltre 40 anni esiste ma che mostra ancora bellezza: resiste, nessun logoramento. Anzi, conviene riprenderla in mano e lucidarla per farla splendere ancor di più. Circa 150 secondi, il tempo appena di accorgersi di essere stati al cospetto di un piccolo oggetto con la proprietà di una continua metamorfosi, che abbiamo pensato e pensiamo di conoscere, ma al tempo stesso statico e mutevole, predicibile e sorprendente, accessibile e inafferrabile. Un piccolo brano che ha pure una peculiarità in quanto a strumenti usati: solo chitarra, basso, voce e violino; non partecipano né batteria né percussioni di alcun tipo. Non se ne sente assolutamente la mancanza: pulsa perfettamente. La strutturazione di Book of Saturday è particolare, e ciò contribuisce notevolmente a non “consumarlo”. |
E Robert Fripp ordisce con un timbro puro una trama ricchissima e straordinaria di espansioni, punti e contrappunti melodici, connessioni e variazioni armoniche mai identiche; e John Wetton con il suo basso non è da meno: anche lui con timbro “pulito” è mobilissimo e con molta fantasia trova magnifiche soluzioni mai scontate; sembrano due jazzisti. Peraltro sono stati attenti a non sovrapporsi anche a livello sonico: le loro masse sonore e scelte timbriche sono per la chitarra di tono chiaro e sul registro medio-alto, ed esattamente opposte per il basso, agilissimo e felpato, come un felino. Insomma, armonia e melodia “povere” ma perfettamente compensate e distribuite; con il violino di David Cross che (dopo oltre un minuto) contrappunta delicatamente la melodia, la parafrasa, si distende in lunghe e liriche, cantabilissime note.
Ecco la sua forma un po’ eccentrica:
Book of Saturday è perfettamente calibrato tra la strutturazione precisa e particolare e la flessibilità di chi lo canta e lo suona, perfettamente calibrato tra scelte semplici, quasi banali, e soluzioni connettive originali. Tra carezze e fuga.
Aneddoti, copertine, testi (quando presenti) sono importanti corollari di un brano musicale. Però è la musica a far sempre la differenza, la sua esecuzione e soprattutto la sua composizione, come in questo piccolo e splendido Book of Saturday: e anche un brano come questo evidenzia la gran differenza che c’è tra i King Crimson e altri gruppi Rock, soprattutto quelli del Prog.
Sui King Crimson ho pubblicato l'analisi di Red disponibile in brossura e in versione elettronica.