I King Crimson con il loro primo disco “In the Court of the Crimson King” (10 ottobre 1969) hanno elaborato in modo sofisticato gli elementi più semplici di un certo fare Rock, immettendoli in un involucro diverso. Hanno prodotto in questo modo un disco che diverrà epocale.
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Tribali e stellari, sogno e realtà, ambienti claustrali e scenari smisurati, abissi di luci e ombre, il dissolversi di mondi da fughe del tempo… Ecco, i Pink Floyd sembra rappresentino, e non occasionalmente, un futuro primitivismo, talvolta cupo, come i film 2001: Odissea nello Spazio o Il Pianeta delle Scimmie: abitanti narratori di una Terra desolata e devastata, non dominata da esseri umani. Loro, perfetti e convincenti, privi di accademismi e automatismi utili per raggiungere agilità e nettezze sonore, ma che probabilmente sarebbero andate a discapito di quelle manifestazioni naïve che offrono un’impressione di spontaneismo genuino nella finalizzazione espressiva delle loro opere.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Franco Mussida (Milano, 21 marzo 1947) è stato un protagonista della musica italiana, in particolare del Progressive dei primi anni Settanta: tanta musica importante è sgorgata dalle sue sapienti dita, anzi, spesso l’ha creata direttamente lui stesso, come principale autore del nostro gruppo Rock più significativo, la PFM.
Andrew Latimer (chitarre, voce e flauto), Peter Bardens (tastiere), Andy Ward (batteria e percussioni), Doug Ferguson (basso) sono i Camel, ossia un gruppo britannico di Progressive che debutta ottimamente nel 1973 con l’omonimo disco e ben prosegue con Mirage. I successivi The Snow Goose (il loro capolavoro) del ’75 e Moonmadness (’76) sancirono il loro rilievo.
Ascoltai i Rush per la prima volta proprio all’indomani della pubblicazione di Moving Pictures (12 febbraio 1981). Mi piacque immediatamente la loro particolare miscela di netto hard rock con tracce di potenti e virtuosi innesti strumentali di matrice Prog e dintorni, quella strana e acuta voce del cantante bassista Geddy Lee, e che a suonare fossero solo in tre (il chitarrista Alex Lifeson e il batterista Neil Peart, oltre al già citato Lee); mi conquistò. Nel tempo mi persuasi che erano un gruppo notevole, e non solo un felice episodio musicale.
L’album U.K., realizzato dalla band omonima nel 1978, è grande disco crossover. E’ il prodotto del supergruppo formato da quattro musicisti principeschi: due magnifici co-leader (Bill Bruford e John Wetton), uno stimatissimo session man (Allan Holdsworth) e un emergente (Eddie Jobson). Il disco è un crossover tra Jazz-Rock e Progressive; ottimo esempio di opera che ha differenti traiettorie musicali, utile anche per chiarire in tal senso alcuni profili. In questo album dominano le componenti e il carattere Jazz-Rock, tuttavia può confondere il fatto di essere in parte cantato e che alcuni membri del gruppo abbiano avuto esperienze legate al Progressive e dintorni.
Phil Collins, in quanto a stile, è un batterista di evidente stampo europeo; la sua derivazione wyattiana è la più consistente, ma è chiara anche una porzione moerleniana (Pierre Moerlen, batterista dei Gong). Tuttavia, in seguito, dopo la metà dei ’70, il suo batterismo si è proteso più distintamente in due direttrici. Da una parte un muscolare e teso Jazz Rock (soprattutto nella militanza con i Brand X); dall’altra, attento all’efficacia dell’applicazione del groove e al contempo più elegiaco narratore, perciò con sfumature sia come variazioni del riff ritmico sia sonore.
I Gentle Giant sono uno dei gruppi più importanti del Progressive. Debuttano con l’omonimo album nel 1970 e terminano l’attività nel 1980 con Civilian: undici dischi (in studio) in undici anni. Si distinguono per un approccio virtuosistico nella composizione e nell’esecuzione, poiché complessi nelle forme (seppur con brani mediamente di cinque minuti) e nelle strutture, particolarmente stratificate e dinamiche nelle loro parti costituenti.
I Gong sono un validissimo gruppo il cui periodo d’oro è legato agli anni ’70 ma che, al contrario di altri gruppi dello stesso periodo, è meno conosciuto e apprezzato profondamente. Il suo fondatore, Daevid Allen, cantante-chitarrista membro originale dei Soft Machine ma uscito dal gruppo prima dell’incisione dell’album d’esordio, ha ripreso la lezione zappiana (spirito freak e accostamenti pazzi) infarcendola e acidificandola con motivi psichedelici-orientaleggianti-fantascientifici pinkfloydiani (senza la paranoia dei Floyd ma con ironia) alternandoli a melodie infantili. Ipnotici e asimmetrici.
I King Crimson rappresentano uno dei maggiori gruppi rock in quanto a bravura strumentale e creatività compositiva. Un gruppo nobile non solo per il suo nome altisonante, ma per l’effettiva consistenza della loro musica, complessivamente sviluppata nel corso di circa un quarantennio, con l’apice nella prima fase, ossia quella degli anni ’70, segnatamente con i tre dischi del biennio ’73-‘74. Ai King Crimson è associato, più di altri gruppi, una pubblicistica che favorisce miti e leggende e uno zoccolo duro di fan poco preparati ad accogliere la reale proposta del grande Robert Fripp. (Non è dato sapere se questa pubblicistica sia conseguenza del pubblico o viceversa, poco importa...)
5 dicembre 1974, gli Yes, dopo i fasti del precedente anno con il tanto magniloquente quanto valido Tales From Topographic Oceans, e il poderoso triplo live Yessongs (che però nulla ha aggiunto), pubblicano negli Stati Uniti (era già uscito qualche giorno prima in UK) un disco che in modo alquanto diffuso è considerato ottimo, parente stretto di Close To The Edge. Rispetto al precedente hanno cambiato il tastierista: Patrick Moraz ha preso il posto di Rick Wakeman. Perciò Jon Anderson (voce), Steve Howe (chitarre), Chris Squire (basso) e Alan White, che aveva rimpiazzato il fuoriclasse Bill Bruford migrato nei King Crimson.
Ogni tanto conviene tentare di fare chiarezza, aggirandosi tra le varie leggende che circolano da decenni nel mondo del Rock; saghe che alimentano mal comprensioni di cosa è il Rock, da cosa è formato, musicalmente intendendo. In special modo ne soffre il Progressive e dintorni… In passato abbiamo già affrontato il concetto di psichedelia, e mostrato come sia scorretto correlare questo termine a un genere o a un qualcosa di endemico del Rock; eventualmente da associarlo a un connotativo stilema inter-genere definito da alcune caratteristiche soniche.
Mi è già capitato che, relativamente alla collana Dischi da leggere, venisse mossa l’obiezione all'approccio di analisi dei brani, come esagerata, inutile ecc... Naturalmente così non è; e nessuno è obbligato a sapere e seguire fino al suo massimo livello di approfondimento. I Dischi da leggere sono infatti libri scalabili praticamente a tutti i livelli, da quello più tattico, ovvero cosa accade quasi secondo dopo secondo (con alcuni pentagrammi), a quelli super strategici, con inquadramenti dei vari artisti storici di larghissimo respiro, correlandoli con quello che c’era stato, c’era, e ci sarebbe stato. Finanche qualche riflessione in termini di estetica musicale.
La vicenda musicale degli Emerson Lake & Palmer, il più potente e tecnico trio di tutto lo scenario musicale, è straordinaria: dal 1970 al ’73 hanno realizzato cinque rilevantissimi dischi, cui l’ultimo è Brain Salad Surgery (uscito il 19 novembre 1973). In questa opera avevano mediamente 26 anni. Senz’altro la figura predominante è quella di Keith Emerson, IL tastierista rock. Grande istrione e leader; a oggi verrebbe banalmente e mestamente da dire: vittima del suo immenso talento.
A fronte di alcuni commenti sulla pagina Dischi da leggere, in relazione al breve articolo pubblicato ieri su Martin Barre e i Jethro Tull, è stata evidenziata un’affermazione pubblicata su un libro (peraltro di ottima diffusione), riferito al disco Thick as a Brick. Il recensore scrive che l'album in questione è costituito da “…due facciate di musica senza canzoni, con un riff di flauto che affiora più volte lungo il disco e poco più." Ora, di là dell’opinabilissima opinione tanto ingenerosa quanto poco argomentata sui Jethro Tull da parte dell’autore, nella fattispecie non si può non rilevare che le cose per il disco Thick as a Brick, non stanno così.
Il nome di Martin Barre (Birmingham, 17 novembre 1946) è indissolubilmente legato a uno dei gruppi rock più importanti in assoluto: i Jethro Tull. E Barre è stato un chitarrista prezioso perché è stato un chitarrista rock a tutto tondo, in grado di essere molto efficace in tutte le impegnative parti che svolse. E non solo come chitarrista elettrico di memorabili assoli (acclamatissimo quello sul pezzo Aqualung), ma anche di accompagnamenti con precisi arpeggi, accordi, riff e linee melodiche anche con obbligati e complessi unisoni con altri, il tutto spesso in intricate situazioni musicali sotto molti punti di vista.
Peter Hammill (Ealing, 5 novembre 1948) ha un primato che condivide con Ian Anderson dei Jethro Tull: autore di musiche, testi, cantante, strumentista (chitarrista e tastierista), e leader conclamato di un gruppo in assoluto tra i più importanti del Rock: Van Der Graaf Generator.
A distanza di tempo, con questo decimo volume della collana Dischi da leggere, torniamo ad affrontare l’argomento Pink Floyd, tema già toccato con la pubblicazione, datata febbraio 2015, della monografia dedicata al solo Wish You Were Here (n.6). Sospinti anche dagli ottimi riscontri avuti con il volume precedente, riservato al periodo d’oro dei Genesis, con il quale prendevamo in esame sette album, abbiamo deciso di replicare quella formula e dare nuovamente spazio ad una band che ha innegabilmente segnato un’epoca, consapevoli del fatto che ci saranno ancora tanti libri da scrivere su altri artisti e gruppi importanti per la musica popolare del secolo scorso. Questo numero può essere letto, quindi, come un piccolo passo a ritroso, per recuperare e completare un discorso lasciato in sospeso, e successivamente ripartire verso nuove mete.
Una delle cose che maggiormente spinge ad ascoltare ancora i grandi classici del Rock del passato remoto, ovvero del decennio a cavallo tra i ’60 e i ’70, è che nel passato prossimo e nel presente c’è stato poco o nulla. Un’altra delle conseguenze è la diffusa pratica dei vecchi leoni alle réunion o giù di lì (magari mai ufficialmente sciolti con un paio di dischi pubblicati negli ultimi vent'anni): settantenni più o meno arzilli, che se ne vanno in giro a pestare indefessamente sugli strumenti antiche note.
Sul numero 83 di Dusk, rivista italiana dedicata interamente ai Genesis, è stata pubblicata la recensione del mio ultimo libro: Genesis 1970-1976. A firmarla è il giornalista e scrittore Donato Zoppo. La riporto integralmente. "Partiamo dal fondo. Dall'appendice, che sviluppa un argomento caro all'autore, spesso impegnato in disamine sui generi nel rock, non tanto terminologiche quanto contenutistiche: la vexata quaestio sul termine e sul concetto di progressive.
Il ruolo e il valore di John Wetton, come bassista elettrico, non sono stai mai compresi appieno. In realtà è un eccellente strumentista oltre che creatore di linee molto belle. Il suo è spesso un efficacissimo apporto perfettamente potente e sensibile, preciso ed espressivo.
Già con i suoi Mogul Trash, nell’ottimo disco omonimo pubblicato nel ‘71, aveva fatto capire che sarebbe stato un altro di quei grandi bassisti rock sull'onda della scuola inglese McCartney/Bruce/Squire; di quelli che, pur rigogliosi come apporti e con “tiro” straordinari, non sono mai sovrabbondanti ma sempre funzionali al brano, casomai compattando il gruppo e non staccandosi individualmente da esso. Questo articolo è estratto dal libro "King Crimson - Red". A proposito di un chitarrista sempre seduto, con gli occhiali da vista e mai una smorfia… Un chitarrista che abbia un approccio alla sperimentazione e manipolazione sonora e uno spiccato senso del “gancio” canzone parificabile a Jimi Hendrix, e al contempo una sapienza teorica musicale con altissime precisioni tecniche analoghe a John McLaughlin, e di questi due paragonabili capacità compositive e di leadership di band, non è una chimera: risponde al nome di sua musicale maestà britannica Robert Fripp. Lui è un chitarrista scienziato, altamente creativo.
Ogni tanto ci piace essere trancianti. Come in questo caso. Il britannico Keith Emerson (Todmorten 2/11/1944 – Santa Monica 10/03/2016) è stato il tastierista più notevole dell’enorme agglomerato Rock. Non è stato solo un musicista dalle braccia mulinanti e dita velocissime, aggressivo ed esagerato nelle movenze e nell'abbigliamento, decisamente sopra le righe, da circo. Questi atteggiamenti hanno contribuito a metterlo in luce, ma ne hanno pure un po’ ombrato la sua profonda validità.
L'11 Febbraio 1978 esce l'album "Songs from the Wood" dei Jethro Tull.
I Jethro Tull, creatura del rigoroso ma estroverso leader autore e polistrumentista Ian Anderson, sono uno dei più grandi gruppi Rock: hanno realizzato una musica che ha influenzato molti altri gruppi dell’intero panorama Rock, anche importanti. Il 2 Febbraio 1976 esce "A Trick of the Tail". Da più parti considerato un disco minore dei Genesis e del Prog in generale, in realtà “A Trick of the Tail” è un'opera di grande pregio.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Aprile 2025
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