Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

UK, una perla a tempo scaduto

1/2/2017

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L’album U.K., realizzato dalla band omonima nel 1978, è grande disco crossover. E’ il prodotto del supergruppo formato da quattro musicisti principeschi: due magnifici co-leader (Bill Bruford e John Wetton), uno stimatissimo session man (Allan Holdsworth) e un emergente (Eddie Jobson). 
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Il disco è un crossover tra Jazz-Rock e Progressive; ottimo esempio di opera che ha differenti traiettorie musicali, utile anche per chiarire in tal senso alcuni profili. In questo album dominano le componenti e il carattere Jazz-Rock, tuttavia può confondere il fatto di essere in parte cantato e che alcuni membri del gruppo abbiano avuto esperienze legate al Progressive e dintorni.
U.K. è un album prevalentemente Jazz-Rock perché ci sono molte sezioni di natura modale e molto spazio per parti strumentali sia come assoli sia come temi e unisoni (virtuosistici), molte parti ritmiche e metriche complicate: anche nel Prog c’è questo, tuttavia non così preminente e strutturale. Laddove non propriamente d’impianto modale, le armonie sono più semplici di quelle tipiche del Prog, e al contempo i temi melodici (anche quelli cantati) sono di discendenza Jazz: né pentatonici-rockeggianti né classicheggianti. Anche le forme dei brani sono mediamente meno complesse di quelle Prog, seppur con atmosfere rapidamente mutevoli. Il clima di fondo di tutto il disco, il suo “mood” essenziale, è scuro, nervoso e aguzzo; più tipico del Jazz-Rock che del Prog.

​Veniamo ai brani.
In The Dead Of Night è il magnifico pezzo di apertura che ostenta la traiettoria Jazz-Rock: modale, in 7/8 e con lungo assolo. Introduzione su una nota e un minimale riff di tastiere, poi Wetton canta un incalzante motivo di pochissime note, poco dopo si distende, ma dura pochissimo… dopo solo trenta secondi s’innesta un tema strumentale (chitarra e basso), un lungo ponte… Riprende il cantato, si ripete la sezione strumentale, si giunge all’assolo di Holdsworth. Ripresa di una precedente sezione (quella a 1’01”) per il finale.
Senza soluzione di continuità (grazie ad un serratissimo “drone” di tastiere in 5/4 che si era sovrapposto in coda al primo brano) giunge By The Light Of Day. Per contrasto si sovrappone un pacato cantato, che riprende in parte il motivo del pezzo precedente; entra la batteria e breve assolo del violino elettrico di Jobson interpolato con un ponte cantato. Poi sezione strumentale, la conclusione è affidata soltanto alle tastiere.
Senza interruzione s’innesta Bruford e comincia Presto Vivace And Reprise dominato da un terrificante e lungo tema esposto dalle tastiere, contrappuntato dal basso, e qua e là doppiato dalla chitarra; del tutto asimmetrico. Incedere zappiano, però meno ironico e più cattivo. La parte Reprise è inerente a In The Dead Of Night e occupa la sezione centrale e finale: mediante l’assenza d’interruzioni tra questi tre brani e le riprese di un paio di temi, è data consistenza al progetto di un brano di dodici minuti.
Thirty Years, grande introduzione di tastiere a mo’ di archi e chitarra acustica. Dopo circa un minuto la voce filtrata di Wetton traccia un tema complesso. A circa 3’30” entra la ritmica (basso e batteria) e la chitarra elettrica: prima un disteso motivo, poi la musica si compatta, si acumina e complica... Obbligati, assoli, interpolazioni asimmetriche; riprende il cantato prima del gran finale capitanato dall’elettrica di Holdsworth che plana su un tappeto di tastiere per la conclusione.
Alaska è un brano del tutto strumentale: ancora sintetizzatori per la lunghissima e solitaria introduzione di Jobson… dopo quasi tre minuti tutto il quartetto è all’opera per le parti sincopate, dispari e aggressive. La parte terminale rammenta alcune cose più cupe degli ELP; senza interruzione s’innesta un accordo esposto con cori e il cantato del brano successivo, Time To Kill. Scattante, con la melodia che alterna parti in 4/4 e 15/8.  Dopo circa 30”, sempre su un fitto tessuto di tastiere, altra sezione; ne succedono altre prima di quella strumentale (1’49”), che sembra frutto di un edit. Su un aggressivo e sincopato riff (composto di una nota bassa ripetuta) in 18/8 s’inserisce l’assolo di violino elettrico; seguono alcune variazioni e si arriva al finale, che riprende la parte del cantato (quella a 1’11”).
È la volta di Nevermore. Due chitarre acustiche, poi l’immancabile sinth-tappeto di Jobson, quindi batteria e cantato per un brano rapido e sinuoso. La melodia, alquanto jazzistica e triangolare, potrebbe giungere dal song-book di Robert Wyatt; dopo poco tre minuti, assolo di Holdsworth, seguono duetti tra lui e le tastiere di Jobson. Obbligati in unisono, distensione e rientro del cantato. A circa 5’20”, su una nota tenuta dalla voce di Wetton (doppiata dal sinth), suggestiva sezione con droni e tappeti di tastiere. Ancora un po’ di voce e chitarra elettrica. Breve coda di tastiere in dissolvenza.
Mental Medication, ultimo brano, non dissimile dal precedente in quanto a strutturazione melodica e armonica di derivazione jazzistica. L’intro è esposta con pochi ma sofisticati suoni di chitarra e violino elettrici; poi la voce di Wetton. Segue sezione A con entrata della ritmica. La parte B è basata su un complesso obbligato. Ancora A, poi nuova e complicata sezione strumentale. A 4’30” assolo di violino elettrico su una base sempre modale. A 6’06” rientra la voce esponendo brevemente il motivo dell’intro, si arriva verso il termine con la voce che lascia il posto a un esercito di chitarre elettriche armonizzate; il disco si conclude su un accordo di tastiere.
Tutte le meravigliose esperienze anglo-francesi di questa speciale commistione tra cantato e strumentale, a cavallo tra Jazz-Rock e Prog (Magma, Gong, King Crimson, Matching Mole, Hatfield and The North e altri), sfociano brillantemente in questo U.K..
 
Sempre a nome U.K. si è proseguito parzialmente nel ‘79 con il disco Danger Money (in trio, senza Bruford e Holdsworth e con il bravissimo batterista statunitense Terry Bozzio). Un album non al livello del precedente. Molto meglio i susseguenti dischi solisti di Bruford (Feels Good To Me del ‘78, One Of A Kind del ’79 e Gradually Going Tornado dell’80) e di Holdsworth (I.O.U. dell’82, Road Games dell’83 e Metal Fatigue dell’85), i quali sostituiranno i residuali stilemi Prog con alcuni elementi Fusion (all’epoca più attuali): giunsero così a una musica moderna che, ad oggi, risulta ancor più pregiata anche per questo fattore di estrema e alta sintesi musicale. Sintesi smarrita da decenni, con i gruppi della nuova generazione persi in meandri di soluzioni convenzionali e abilità camuffate con i digitali edit dell’hard disk recording.

​Allan Holdsworth è uno dei protagonisti del libro Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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