Questo disco per un lato paga lo scotto di un inaridimento della vena, sfruttatissima in quei quattro anni, avendo replicato sin troppo alcune soluzioni compositive e operative, per l’altro si approfitta dell’esperienza acquisita, soprattutto nella seconda parte del disco (Karn Evil 9) è manifesto un raffinamento delle formulaiche abilità, arrivando, in alcuni punti, ad ulteriori vette.
Ma non sorprendono più. Lo sanno anche loro, e da qui la crisi fatale.
Per chi non li conosce affatto, si tratta di un gruppo costituito da tastiere, basso e batteria, nel quale Greg Lake (ex King Crimson), il bassista, veste talvolta i panni di cantante; tal altra di chitarrista, talora tutte e due insieme per alcuni rari bozzetti acustici, romantici, melodiosi, nei quali si apprezzano echi crimsoniani...
Per la maggioranza del resto si tratta di musiche impetuose, serrate e dense di suoni sia in termini di quantità sia in qualità timbrica. Un’immagine evocativa della loro musica potrebbe essere quella di una pesante macchina da guerra: un cingolato di piombo. (Da rammentare pure che all’epoca il batterista Carl Palmer era, per precisione e velocità, considerato tra i più validi batteristi del Rock.)
Gli ELP lasciano poco respiro e scatenano poca fantasia, sono pesantemente ancorati a terra, illuminano pochi scenari chimerici, alati, ma esprimono moltissima energia e compattezza: le loro singole fibre musicali si intrecciano così tanto e così bene, da formare robustissime gomene da trainare transatlantici.