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Libro Eroi Elettrici

The Yes Album: guida all'ascolto

19/2/2018

4 Comments

 
Il 19 febbraio 1971 gli Yes pubblicano il loro terzo disco The Yes Album. Il gruppo inglese riparte da questa importante opera dopo due dischi più che buoni (Yes e Time And A Word) pubblicati precedentemente, interessanti sotto vari profili. ​
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Entra in squadra Steve Howe al posto del pur bravo Peter Banks. Howe sarà colui che incarnerà il chitarrista di riferimento in quanto a versatilità ed espressione “pirotecnica” sia per quanto concerne i generi e stili chitarristici sia di suoni e modi d’impiego della chitarra (e i suoi derivati cordofoni: lap steel, mandolino ecc.). E’ il chitarrista di stile più schiettamente americano di tutti i suoi coevi colleghi. Howe contribuirà anche come compositore. (All'opposto questo disco sarà l’ultimo del tastierista Tony Kaye, sostituito da Rick Wakeman dal successivo disco Fragile)
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Il biglietto da visita dei nuovi Yes è il lungo e rapido brano Yours Is No Disgrace: incipit in unisono chitarra-basso-batteria, poi Hammond che preconizza uno dei motivi melodici del pezzo. Frequenti cambi di marcia, con la precisa e austera batteria di Bruford, vari stop and go, la trama fitta di tessiture chitarristiche, cori, motivi melodici marcati dalle tastiere e anche dal potente basso di Chris Squire (anche in walkin’ a 3’16”), tutto questo compone uno dei pezzi forti del disco e del loro futuro repertorio. In ogni caso, quasi uno showcase di Howe che immette interventi country, jazzati, hendrixiani (a 4’46” ricorda l'incipit del brano Siberian Khatru di due anni successivo), e più originali (frase a 3’13” e prosecuzione con pedale volume), tutto finalizzato a costituire l’ossatura di questo variegato, ma non complicato, e importante brano. Yours Is No Disgrace ha dei mini motivi melodici conduttori continuamente traslati di tonalità e appena variati (talvolta affidati a strumenti diversi), legati tra loro e che permeano tutto il brano; solo a 5’08” mini sezione differente e più sinfonica.
La seguente The clap è un’esibizione (live) virtuosistica in solitario di Howe alla chitarra acustica: una variazione su temi ragtime, diverrà uno dei banchi di prova per i chitarristi dilettanti che ambivano esser considerati un po’ “meno dilettanti”.
Starship Trooper, altro loro pezzo forte (ed esteso, circa 9’30”), medium tempo e cantabile ma caratterizzato da forma particolare, da tempi metrici e andamento estremamente variegati: all’inizio basata su una frasetta basso (con effetto veloce tremolo) e arpeggio di chitarra elettrica in 9/4, prosegue con breve motivo melodico cantato da Anderson, punteggiato benissimo da Bruford con il suo stile batteristico in evidenza (un po’ “elettronico”, un po’ dialogante jazzistico), il tutto “spalmato” su uno spazio altamente irregolare: due misure di 11/4 (2+5+4) + una 9/4 + due 4/4 + una 7/4 + una 3/8 + due 4/4; il tutto è ripetuto, poi ponte strumentale lineare e tranquillo prima del cambio di sezione. A 1’51” pertanto nuovo tema melodico, più articolato e quasi contrappuntato da Squire. Ponticello strumentale (2’25”), ripetizione dal principio. Cambio a 3’16”: s’innesta segmento con chitarra acustica stile ragtime che funge da raccordo con lo sviluppo che porta verso il termine del brano tra raddoppi di velocità e dimezzamenti, aree tonali che variano, inserimenti di melodie armonizzate con cori (vagamente gentlgiantiani). A 5’36” la sezione finale: “schitarramento” di tre accordi che anticipa cose successive, sia loro (Drama) sia di altri (alcune canzoni grunge-pop dei ’90), che ci porta così un po’ in crescendo, con assolo sovrainciso di Howe, fino alla conclusione.
I’ve Seen All Good People inizia con un’incisiva parte di coro a cappella (che sarà il ritornello finale); prosegue come una ballata, introdotta da Howe con un suono che ricorda un liuto medievale (difatti è una piccola chitarra di origine portoghese medievale), poi cassa pulsante e basso. In evidenza la lirica melodia cantata dall’angelico Anderson, ma qua e là sempre rinforzata potentemente dai cori, addirittura da flauti armonizzati. A 2’49” entra quasi prepotente l’Hammond di Kaye dal tono chiesastico e a 3’30” termina la sezione denominata Your Move da cui sarà tratto il singolo. Appena dopo è innestato un pezzo chiamato All Good People, che cambia completamente registro: prende un ritmo shuffle con tanto di walkin’ bass alla McCartney, con riesposizione del motivo melodico iniziale e assolo di Howe, che incrocia Les Paul e Scotty Moore, quindi viene ancora ripreso il motivetto. Termina come era iniziato (in dissolvenza) con cori ma sorretti da una nuova e ricca sequenza armonica accordale per opera di Kaye all’Hammond dal carattere ecclesiale: spettacolare.
A Venture: intro in 3/4 baroccheggiante con pianoforte in assolvenza seguìto dalla chitarra (sarà l’inserto B a 34”), per una breve e simpatica canzone senza pretese (considerati gli standard Yes), caratterizzata da sontuosi cori e andamento ritmico in 2/4. Va notato che la parte A è organizzata con 2 misure di 6/4 e la B con 4 misure da 3/4 (il totale è 12 di tutte e due); inoltre la parte A è fitta e sillabata, mentre la B è a note molto lunghe. Ma i favolosi Yes non si (e ci) fanno mancare un’ulteriore piccola eccentricità nella parte C (a 1’01”), ovvero di essere divisa in due sub-parti sia a livello ritmico-melodico (prima fitta poi distesa, come le parti A e B) sia metrico: la prima costituita di una misura di 4/4+1/8 e la seconda di 9/8, poi ancora una 4/4+1/8 + una da 6/8. Altresì c’è un bel break a 1’23”. Termina con assolo di pianoforte.
Perpetual change. Il titolo preconizza l’andamento estremamente sinuoso e policromo di quest’altro classico brano degli Yes; il tutto cucito benissimo. I cambi si susseguono a tutti i livelli. S’inizia con un veloce riff ad accordi in 10/4 (4+2+4) non dissimile come impalcatura da quello di Yours Is No Disgrace, poi arpeggio melodico (beatlesiano) a metà velocità che sarà il leitmotiv dell’intero pezzo in 7/4 (3/4+3/8+3/8+2/8). Si avvicendano sospensioni, motivetti cantati, modulazioni tonali, interventi e assoli di Howe (da 4’17” finanche jazzato), pause, valzerini americanizzati. A 5’09” improvvisamente, spiazzante, s’inserisce un veloce riff unisono di tutti in 14/16 (frutto di un montaggio in sede di missaggio), è un blocco in mono, e il tutto lentamente si sposta verso sx facendo posto sul canale dx allo spettacolare rientro a 5’31” del leitmotiv in 7/4 (dunque due band che suonano parti diverse nei due canali, quasi un delirio: sovrapposizione resa possibile senza disastri, poiché le parti sono eseguite perfettamente a tempo e sono coerenti tra loro. Due riff di 14/16 nel tempo di uno di 7/4), appena dopo Howe improvvisa quasi furioso e sale anche il sinth di Kaye. Un fantastico pandemonio controllato. Ripresa delle varie sezioni, poi il brano e il The Yes Album si concludono con l’ennesimo inserimento di una nuova sezione basata su variazioni di precedenti, ed ennesimo assolo di Howe.
Da sottolineare che solo gli Yes e Gentle Giant hanno un uso (peraltro estesissimo) dei cori. Tutti gli altri gruppi del grande Rock europeo li hanno quasi banditi; inoltre si può supporre che gli Yes, una volta ascoltato l’eclatante debutto dei Gentle Giant, abbiano innalzato il tasso di complessità e complicanze a tutti i livelli nelle loro composizioni (a loro volta i GG replicarono con i seguenti dischi).
The Yes Album sancirà il definitivo assetto stilistico di questo grandissimo gruppo, che tutto sommato ritroveremo, con le naturali piccole differenze e parziali eccezioni (Tales From Topographic Oceans), per tutto il corso della loro lunghissima e gloriosa carriera; anche senza Howe e Bruford.
4 Comments
Roberto Massafra link
23/2/2019 12:03:36

Ottima guida! Complimenti, è bello riscoprire chi scrive di musica capendone. Guida all'ascolto che niente hanno da invidiare a quelle delle opere classiche.

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carlo pasceri
23/2/2019 12:47:13

Grazie Roberto, è bello scoprire appassionati come te; è incoraggiante.

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Gerardo Pontecorvo
19/2/2023 18:31:41

Complimenti. La migliore e più completa recensione di Yes Album che abbia mai letto. La competenza dimostrata non appesantisce la lettura che resta scorrevole. Il migliore complimento che posso fare è che appena finisco di scrivere mi ascolto l'album. Conservo per il futuro

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carlo pasceri
20/2/2023 05:53:00

Grazie Gerardo; sono i migliori complimenti che potevo ricevere

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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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