Il Blues è tra le meraviglie musicali del Novecento. Infatti, all’alba dello scorso secolo in Occidente, una delle novità musicali più importanti è stata proprio l’apparizione del linguaggio jazz-blues di matrice afroamericana, che si è affiancato e sovrapposto a quello classico-europeo.
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Miles Davis, figura musicale incomparabile di trombettista, compositore e leader di una pletora di gruppi di tutte le specie, attraversando quasi mezzo secolo del secondo Novecento, ha innovato in modo pressoché continuo. In questo brevissimo profilo si pone l’accento sull’aspetto strumentistico, tentando di trarre alcune conclusioni…
Roma, autunno 2017, proviamo, semplificando, a fare il punto su una “cosa” che ci sta a cuore; con un interrogativo finale. Dopo le musiche primitive, tribali ed etniche, semplici e funzionali, folcloristiche di ogni regione del globo, estremamente ripetitive, in Occidente, successivamente all’anno Mille, è fiorita la musica Classica che ha dominato fino all’alba del Novecento, con la sua estrema profondità, le sue variazioni ed espansioni di enormi contenuti.
Charlie Parker è stato un (alto) sassofonista che per circa un decennio, dalla metà degli anni Quaranta del ’900 fino alla sua prematura morte, ha dominato la scena musicale, segnatamente jazzistica, a fronte del suo enorme talento solistico, contribuendo grandemente alla nascita dello stile be-bop.
Il nome di George Russell (batterista, pianista, compositore e teorico musicale) è, per gli appassionati e cultori del Jazz, innanzitutto associato a un trattato musicale, il primo della sua specie, scritto negli anni Cinquanta del ‘900: The Lydian Chromatic Concept of Tonal Organization. A tutti i livelli appena si parla di Modale si cita questo interessantissimo e dotto libro: sbagliando.
John Coltrane, sassofonista (tenore/soprano) e compositore jazz, è stato uno dei protagonisti della musica del ‘900. Ebbe un approccio musicale differente dalla stragrande maggioranza dei suoi colleghi, non solo quello di strumentista-compositore attento a imparare e raffinare il “mestiere”, ma anche quello di rigoroso studioso, sorta di filosofo-scienziato: concezione di vita religiosamente illuminata, manifestata oltre nell’essere persona sensibile e pacata anche nel dedicarsi in modo quasi ossessivo alla musica.
Da ragazzino prodigio pianista-concertista di musica Classica nei primi anni Cinquanta a nume tutelare della Dance elettronica degli Ottanta; questi trenta anni Herbie Hancock li ha trascorsi costruendo un’importantissima carriera jazzistica. Si fece notare nel ’62 con il pezzo Watermelon Man che fu un successo soul-jazz, influenzando non poco la cosiddetta scuola Blue Note: sorta di asciutto hard-bop modale innervato con cicli ritmici binari e melodie cantabili ma non banali. Seguirono Cantalupe Island (’64), un altro dei suoi brani hit (evoluzione di Watermelon Man), e Maiden Voyage (’66) disco tra i più importanti in assoluto.
La fine degli anni Cinquanta del secolo scorso fu per la musica un periodo intenso, dinamico e denso di vicende. Una delle più rilevanti è l’entrata in scena del sassofonista (occasionalmente anche trombettista e violinista) e compositore Ornette Coleman; nel 1958 il suo debutto discografico: Something Else!!!!. Coleman fu un avanguardista che ha dato scandalo sin dall’inizio, e nonostante il suo lavoro abbia generato vastissime conseguenze, lui è stato un padre senza vera e precisa discendenza: realizzò della musica che suonava alle orecchie più eccentrica di quella di Monk e Mingus.
Il Jazz è difficile che piaccia perché dona pochi appigli su cui reggersi e “godere del panorama”. È perlopiù sfuggente, scivoloso; è un po’ come una musica voodoo, per iniziati. Certamente c’è quello più popular, con declinazioni più semplici, meno arduo, ma in sostanza il discorso non cambia. Il meraviglioso quintetto di Miles Davis degli anni '60 con Wayne Shorter, Herbie Hancock, Tony Williams e Ron Carter fu (anche) una ingegnosa rivisitazione dei principi free di Ornette Coleman: alla fine degli anni 50, Coleman dette un grande impulso innovativo. Certamente fu uno di quelli che carezzarono poco l’orecchio dell’ascoltatore.
Jazz + vocalità + Funk = Fusion cantata. Semplice ed elegante. Semplice ed elegante come era lui; Al Jarreau è stato l’esempio più garbato e alto di interprete moderno che ha unito molte caratteristiche musicali con disinvoltura. Quando è apparso al proscenio, nel ‘75 con il disco We Got By, era già in fase avanzata quella fusione tra generi che, avendo l’ascendente principale nel Jazz, ha prodotto, dal versante più colto, musica popular di grana fine e profumo sofisticato. Lui incrementò l’inclinazione.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Franco Cerri ha rappresentato per moltissimi chitarristi italiani IL chitarrista jazz; vuoi per la sua bravura, vuoi per la sua passata grande esposizione televisiva. È una leggenda vivente.
La Bossa Nova è un genere musicale di origine brasiliana emerso sul finire degli anni ’50 derivato dalla Samba in quanto a pulsazione ritmica di base. Sin da subito i principali esponenti della Bossa Nova furono Antonio Carlos Jobim e Joao Gilberto, tanto che ne sono considerati i genitori.
"Manteca", insieme con "A Night in Tunisia" e "Cubana be-Cubana bop", è uno dei brani più importanti in assoluto per quanto riguarda la fusione tra il Jazz (bebop) e la musica afrocubana: sarà un modello per moltissimi musicisti, anche famosi. Dizzy Gillespie insieme con Chano Pozo (percussionista cubano) ha registrato "Manteca" nel 1947, ed è uno di quei brani perfettamente in bilico tra i due mondi: quello carnale e quello intellettuale, il primitivo rituale africano, dello stanziale sud del mondo, e quello moderno con le armonie e melodie europee che percorrono l’estremo nord occidente del globo, gli USA.
Tony Williams, batterista e compositore, di là delle correnti stilistiche, è stato nel Jazz colui che ha più di ogni altro interpretato in termini tecnici/formali e innovato in termini di contenuti ideativi il linguaggio batteristico, elevando ulteriormente l’asticella già posta molto in alto da suoi eccellenti predecessori. Fu il batterista che, nemmeno diciottenne, nel ’63, approdò senza alcun timore reverenziale alla corte di Miles Davis, imprimendo sia alla batteria Jazz sia alla musica del quintetto del trombettista, una propulsione straordinaria.
Tra gli anni ’20 e ’30 del ‘900 ci fu la formalizzazione del Blues come diffusamente lo si conosce ovvero, compendiando, una sequenza ciclica di 3 accordi (maggiori I-IV-V) lunga 12 battute con motivi melodici e riff basati sulla scala pentatonica (con la nota aggiunta di passaggio corrispondente all’intervallo di quinta diminuita e l’oscillazione di intonazione tra terza minore e terza maggiore). Fu un’osmosi tra i più arcaici e semplici brani con canti basati su un accordo (talvolta andando verso il relativo IV) e pochissime note con intonazioni variabili rispetto ai canoni occidentali, e quelli ottocenteschi di Ragtime basati su rapide sequenze scalari e accordali diatoniche; in quanto alla lunghezza dei cicli di battute, tutte e due le prassi musicali erano di misure variabili.
Già detto, in varie occasioni, che il Blues molti decenni fa ha smesso di svilupparsi, anzi si è involuto, e ciò è coinciso innanzitutto con la diffusione della chitarra elettrica con il suono distorto. Continui e recenti dialoghi su questo sito mi fanno riprendere brevemente l’argomento.
Continuando in modo arbitrario e minimale l’esplorazione delle nostre radici musicali, tutti sanno che la musica occidentale si è sviluppata dalla musica sacra, segnatamente dal cosiddetto canto gregoriano dell’Alto Medioevo. Forse meno ci si rende conto che questa matrice è molto orientaleggiante, e le ragioni sono politiche: l’assetto dell’impero era inclinato a Oriente (330 d.c. capitale Costantinopoli).
Wynton Marsalis (New Orleans, 18 ottobre 1961) è un portentoso modello di equilibrio tra scienza armonica, fantasia melodica e audacia ritmica, potenza e precisione timbrica. Egli è un po’ il Bach della tromba jazz: è riuscito a far propri i fondamentali insegnamenti dei suoi titani ascendenti, riunirli alla sua maniera ed esplorare qualche nuova zona, trovando alcune gemme. Sia come trombettista sia come compositore. Ciò per circa i primi dieci anni della carriera, poi si è istituzionalizzato come messaggero del Jazz, purtroppo pensando fosse una specie di (unico) prescelto per diffondere e difendere le radici di questa meravigliosa musica afroamericana. Involvendosi a tutto tondo e diventando un campione neoclassico della scuola neworleansiana.
Capita, a volte, che, in determinati momenti e per ragioni non sempre spiegabili, idee e azioni si addensino, come se misteriosamente si dessero convegno energie psichiche e fisiche per combinare qualcosa di straordinario; tutto ciò, in Musica, è accaduto nel millenoventocinquantanove. Sia chiaro, non scopriamo nulla che non sia già da tempo di dominio pubblico; solo un piccolo memento per sottolineare che quell’anno è stato speciale per il Jazz; e quindi per la musica in generale.
Il basso è uno strumento di raccordo importantissimo tra gli elementi musicali, approfittando anche del suo range d'intervento polarizzante, posto all'estrema gamma di frequenza, costituisce un potente fattore musicale polivalente. Dunque è un formidabile fattore unificante: le parti che esegue ben si prestano a fondere quelle espresse dagli altri strumenti, coniugando in modo efficacissimo tutti gli elementi musicali (ritmici, melodici e armonici). Il basso definisce in modo peculiare la musica in tutti i suoi principi.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Maggio 2024
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