Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Il Blues e la chitarra elettrica distorta

2/11/2016

2 Commenti

 
Già detto, in varie occasioni, che il Blues molti decenni fa ha smesso di svilupparsi, anzi si è involuto, e ciò è coinciso innanzitutto con la diffusione della chitarra elettrica con il suono distorto. 
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Continui e recenti dialoghi su questo sito mi fanno riprendere brevemente l’argomento. ​
Tranciando: verso la metà dei ’60 i tre King (Freddie, Albert e B.B.) insieme con Eric Clapton del “bianco”rock-blues dei Bluesbreakers hanno (a fronte del loro successo) decretato l’inizio della fine dello sviluppo del Blues: complice l’enorme espressività della chitarra elettrica distorta hanno sin troppo efficientemente insistito sui limitati moduli che (per esempio) Muddy Waters, Lightin’ Hopkins, Jimmy Reed, Otis Rush avevano già ben sfruttato nel decennio precedente, e che a loro volta avevano desunto dai pionieri dei primi decenni del ‘900 (C. Patton e R. Johnson solo per citare due tra i primi e più importanti). 

Solidificazione appena progressista perpetrata nella prima metà dei ’70 da bravissimi alfieri del rock-blues (J. Winter, R. Gallagher, H. Mandel e D. Allman su tutti), e poco dopo l’avvenuta agonia in termini di creatività (e successo), definitiva imbalsamazione dai primi ’80 fino ad oggi tramite il boom restauratore di Stevie Ray Vaughan (quello meno ricco di tutti in fatto di linguaggio e varietà di tecniche adottate ma molto spettacolare e quindi incisivo).

Succintamente, ancora nei ’50 con il rock&roll c’erano chitarristi (Scotty Moore, Cliff Gallup e altri) che suonavano ben più di quelle cinque note in croce in maniera strillata e contorcente alla SRV e simili. Pure nel Blues c’erano chitarristi, T. Bone Walker su tutti (anche il meno noto Elmore James) e discendenti come lo stesso B.B. King prima maniera e il texano Clarence “Gatemouth” Brown, che avevano un linguaggio più fecondo di quello che a oggi, fine 2016, la stragrande maggioranza è abituata ad ascoltare e riconoscere come “vero” Blues. E basterebbe prestare attenzione anche ai loro collaboratori di allora (per esempio armonicisti e sassofonisti) quando andavano in assolo: erano comunque una costola del Jazz; pezzetto sì, ma sempre dello stesso corpo.

Infatti, il Blues jazzistico, quello di quasi un secolo fa, che non era innaturale innesto tra due generi ma frutto d’idiomi intimamente legati sin dalla nascita, condivideva alcuni padri fondatori e i loro figli e nipoti (in special modo trombettisti da W. C. Handy, King Oliver e L. Armstrong al moderno W. Marsalis), aveva una ricchezza di linguaggio sconosciuta ai chitarristi di oggi e di ieri… E ai loro appassionatissimi ascoltatori: tanto avvinti quanto conservatori del vernacolo vecchio di mezzo secolo, appena aumentato rispetto a M. Waters e compagnia bella.
​
Tutti i fan del Blues, che però sembrano non conoscere perfettamentele matrici e la storia del loro amatissimo genere, incensano oggi i figli chitarroidi dei restauratori e disprezzano i tentativi di riprendere l’antico cammino evolutivo; figurarsi d’innovazione. Peccato mortale.
2 Commenti
Massimo
11/11/2016 12:28:33

E' vero: i chitarristi blues anche i "grandi", sono dei conservatori, fanno sempre le stesse scale, gli stessi riff e le stesse note, quello che la gente vuole sentire. Io preferisco, butto a caso, Govan, Zappa, Pino Daniele, Ford, gli Area, Mc Laughlin ecc. Però devo riconoscere che quello che dice Hendrix è vero: nel blues, nel bene e nel male, conta molto l'intensità interpretativa di quelle cinque note, Bonamassa non ne ha, forse nemmeno Clapton, ma qualche "conservatore" si, ed è un piacere ascoltarlo...

Risposta
carlo pasceri
12/11/2016 07:01:40

Bevenuto Massimo, l'interpretazione sempre importante. Naturalmente meno cose ci sono in ballo e più conta; e più i musicisti ci contano, a volte esagerando nei contorcimenti... Hai individuato un motivo basilare del successo del Blues: ai più basta che arrivi quella sensazione interpretativa. E meno il "messaggio" ha contenuti musicali e più è leggibile da tutti; che giustamente si possono così emozionare. A volte anche a me piace ascoltare qualche conservatore.

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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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