Tuttavia la musica gregoriana discende da quella ambrosiana, infatti, secoli prima di Gregorio Magno (590-604 d.c.), ci fu l’avvento di Aurelio Ambrogio (340-397 d.c.). La sua produzione innodica ebbe tale successo da stabilire le caratteristiche del genere. Il suo celebre inno Veni redemptor gentium sarà modello formale di un gran numero di inni, detti perciò inni ambrosiani. Questi si diffusero in tutta Europa.
L’opera musicale di sant'Ambrogio è storicamente provata solo per quanto riguarda gli inni; tuttavia i suoi scritti, accanto a quelli del contemporaneo sant'Agostino, lasciano scorgere un vivo interesse nei confronti della musica e una massiccia azione volta a rendere il canto più incisivo, tanto da esser definito un “padre musicale”.
Va anche sottolineata una certa qualità spettacolare del canto ambrosiano, ravvisabile nella variata struttura degli Alleluia (brani responsori che si cantano tra le letture della Messa) che assegna ruoli specifici ai partecipanti dei riti in coro antifonale: da una parte uomini dall’altra donne e fanciulli.
Dunque la musica ambrosiana ha fortissime influenze bizantine, quelle dei canti greco-siriaci, presenta elementi più arcaici e ornamentazioni rispetto al successivo e più noto canto gregoriano: melodie più brevi e semplici ma più fiorite da abbellimenti melismatici, che saranno a loro volta, seppur in misura ridotta, assorbiti dal gregoriano.
Il ritmo musicale (cantato) constava di un dimetro trocaico, era quindi strutturato da una nota lunga e una breve in proporzione 1:2 perciò rapportato in tre tempi e disteso in due battute. Il profilo è dunque come quello del ritmo jazz-blues denominato shuffle, che comunemente s’intende terzinato di minima+croma, che a sua volta è una riduzione dell’arcaico modello africano, da cui derivano altri diffusi pattern ritmici che nel tardo ‘900 hanno fatto breccia anche nella musica più giovanile e popolare (per esempio l’hip-hop). Sant’Ambrogio trisavolo di Eminem!?