Sono seguiti, con l’elettrificazione degli strumenti, il Rock&Roll e il Rythm&Blues/Soul (poi Funk) che riprendono le arcaiche reiterazioni: molti passi indietro, ma da ciò ne è disceso il Rock, con la sua eccezionale ricchezza timbrica elettrica/elettronica, di soluzioni formali e linguaggio. Si è andati avanti…
Sul finire del secolo la Dance e l’Heavy Metal: due facce della stessa medaglia di simpatiche brutalizzazioni del Funk e del Rock&Roll con notevoli quote di rumore o giù di lì.
Il Pop è nato col Rock e il Funk, declinando canzonette in modo alquanto banale, a seconda dei casi più ballerecce o aggressive; o tutte e due insieme.
Questa, con l’accetta, l’estrema sintesi: siamo sul finire degli anni Dieci del nuovo secolo e c’è ancora il dominio di Pop, Dance e Heavy Metal, questi ultimi due spesso poppizzati (meno radicali e più digeribili), insieme con rivoli di musiche post-moderne: rozzi connubi tra generi e stili…
Da molto tempo, evidentemente per reazione e contrappasso, molti si rivolgono al passato, di solito quello glorioso del Rock ‘60/’70, e nei pop-network (radio ecc.) anche dei decenni successivi (‘80/’90), qualcuno al Jazz di metà secolo scorso.
Negli ultimi decenni di strumentisti notevoli poco o nulla, soprattutto se confrontati con i precedenti.
La musica, differentemente dalle altre arti, è in potenza infinita, ma la sua recente storia indica profondità qualitative agonizzanti e orizzonti foschi: dove ci stiamo dirigendo?