Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Al Jarreau, il gigante gentile della fusion

13/2/2017

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Jazz + vocalità + Funk = Fusion cantata. Semplice ed elegante. Semplice ed elegante come era lui; Al Jarreau è stato l’esempio più garbato e alto di interprete moderno che ha unito molte caratteristiche musicali con disinvoltura. 
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Quando è apparso al proscenio, nel ‘75 con il disco We Got By, era già in fase avanzata quella fusione tra generi che, avendo l’ascendente principale nel Jazz, ha prodotto, dal versante più colto, musica popular di grana fine e profumo sofisticato. Lui incrementò l’inclinazione.
Jarreau è riuscito con autorevolezza a imprimere un proprio stile musicale, nonostante non fosse un compositore, poiché aveva idee chiare su come usare la sua estrema flessuosità vocale; ha cominciato con Glow (1976) a prendere le giuste misure per iniziare a delineare una sua importante via, e il disco live Look to the Rainbow conferma il solco e lo amplia.

Fatti salvi i colossi innovatori come Sly Stone, Stevie Wonder e Gino Vannelli (e lateralmente gli Earth, Wind & Fire), Jarreau, dal versante della radice più mainstream Jazz (anche soul/r&b) e quindi nei perimetri più ristretti di una scarsa sperimentazione sonica e più legato al format della song raffinata, stava estendendo i confini, poiché quella diffusa mobilità musicale del tema melodico di una canzone, che nel generale andamento ritmico tanto somigliava a quella pop-rock, non si era mai ascoltato. (George Benson fece fortuna prendendo anche lui una direttrice simile, ma fu più incisivo anche perché nel cantare era meno svincolato, più ricorsivo; e questo, si sa, paga…)
Fu unica la sua maniera d’improvvisare linee vocali intonando timbri inusitati e fare scat molto ritmico (sillabare note senza testo a mo’ di strumenti musicali finanche quelli percussivi), in grado di affrontare brillantemente alcuni tra i brani più monumentali del repertorio jazz (Take Five, Spain e Blue Rondò a la Turk).

Il cantante, dopo il transitorio All Fly Home del ’78, realizza la trilogia della maturità artistica inaugurata nel 1980 con This Time, il suo capolavoro: una magnifica fusione tra Funk, temi altamente melodici, improvvisazione, lirismo e un suonato di tutto rispetto.
Al prosegue nel 1981 con Breakin’ Away, degno successore di This Time, ma più nel segno di una sofisticatissima Pop-fusion meno legata all’improvvisazione, che approfondisce l’incisività dei temi sacrificando colori, varietà e duttilità: orizzonti meno ampi.
L’omonimo Jarreau (’83) conferma l’andamento discendente delle matrici nobili, dell’improvvisazione, ove a volte al posto del Funk c’è la Dance, e soprattutto è calante la qualità musicale generale. Sono gli anni del successo di vendite e della sua consacrazione come interprete di qualità superiore.
In seguito realizza dischi sempre più legati alle tendenze pop-dance di quell’epoca, seppur di gran pregio: High Crime (’84), In London (live ’85) e L is for Lover (’86).
Poi il lento ma dorato tramonto.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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