Mingus fu pertanto protagonista di una particolare vicenda musicale, infatti riuscì all’interno di perimetri stilistici a essere originale: un conservatore creativo.
La sua inventiva si è concretata congiungendo, col formidabile collante del Blues, due modelli stilistici di Jazz quasi in opposizione, ovvero lo Swing e il Bebop; qua e là innestando elementi etnico-esotici.
Quindi Mingus fu un illuminato restauratore-riformista del Jazz dei gloriosi primi decenni, andando ad ampliare e approfondire configurazioni e strutture tramite variazioni di velocità e metriche in uno stesso brano, e realizzando lunghezze atipiche delle sezioni; meno rinnovatore per quanto concerne temi melodici e armonie. Anche per gli assoli nei suoi brani non si riscontrano diffuse eccellenze.
Insomma fu un potentissimo bluesman ellingtoniano con le rapidità e affabulazioni motiviche parkeriane, qualche etnicità, e molto furore e orgoglio razziale mostrato anche in alcune passaggi al limite del free (prima dell’affermazione di Ornette Coleman) o, al contrario, ostinandosi in note ribattute, accordi isolati, bordoni e mini-riff modali (prima del manifesto davisiano Kind of Blue), pure con qualche suo intervento vocale, non di rado gridato: un laico predicatore, un agitatore...
Uomo degli eccessi, si è espresso principalmente con brani da medio-veloci in su, talvolta con lente e delicate ballad: il suo brano più famoso, Goodbye Pork Pie Hat, fu composto e registrato nel 1959 (disco Mingus Ah Um) per la morte di Lester Young.
In Goodbye Pork Pie Hat la creatività di Mingus si è attuata nella stupefacente armonizzazione del semplice (ma non banale) tema, che è basato sulla scala esatonica blues di MIb: MIb-SOLb-LAb-LA-SIb-REb-(MIb). (La sequenza armonica è fondata su complicati interscambi modali troppo tecnici per trattarli in questa sede…).
La melodia è interessante: sinuosa, ritmicamente molto movimentata, contrastante in modo complementare all’estrema lentezza e linearità della pulsazione di riferimento (che oscilla intorno ai 54 bpm).
La caratteristica di questo tema è data dall’insistenza sulle note della triade di MIbm: MIb-SOLb-SIb (estensione di passaggio alla settima minore REb); le prime quattro battute con arco in senso ascendente-discendente, le ultime cinque in senso solo discendente con prevalenza note SOLb-MIb. Fondante intervallo di terza minore che funge da perno e trampolino per l’intero pezzo.
Le tre misure centrali prevedono variazioni: traslazione di quinta ascendente dell’intervallo di terza minore (misure 5 e 6), più ellittiche e tensive le seguenti (misure 6 e 7) per riportarsi nel finale discendente e distensivo coll’intervallo principale del brano (SOLb-MIb). Strutturazione melodica un po’ asimmetrica.
Altresì nelle battute 6 e 7 ci sono tre note aggiunte fuori scala blues: RE SI e FA. Infatti nella sesta c'è un vertiginoso arpeggio discendente di SImM9, e nella settima un passaggio tensivo di FA che risolve in SOLb. Tutte e tre queste note sono comprese nella scala di MIb minore armonica, scala alquanto “esotica” nel Jazz, in special modo in un blues.
L’assolo del sax tenore per opera di John Handy si snoda su armonie differenti da quelle del tema: nelle prime quattro misure semplice alternanza bluesy tra MIbmM7-LAbm7 (ultima LA7b5), poi si innescano complesse sequenze accordali del tutto fuori norma per un blues minore (basate su intervalli di seste, quinte bemolli, quarte e semitoni), per riportarsi sul MIbmM7 iniziale.
Un’elegantissima perla che negli anni ’70 è stata ripresa benissimo da tre fuoriclasse di generi diversi: John McLaughlin, Jeff Beck e Joni Mitchell.
Per conoscere l’arte del possessore di uno dei peggiori caratteri della storia del Jazz, ruvidissimo e spigoloso, si può iniziare da questa delicatezza; a patto di non indietreggiare quando tira pietre!
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