Le sue canzoni, principalmente chitarra e voce (qua e là qualche altro strumento acustico), brevi e semplici, sembrano maschere che inventa per prendere distanza dal mondo… ma è sempre il suo mondo, abitato da presenze inquietanti, familiari e straniere al contempo: ci restituisce come consistenza di visioni che prendono vita da una sfera opaca, sotto forma di suoni che escono da chitarra e voce; residui diurni di una fantasia notturna.
O tutto il contrario: spoglio, a nudo, leale e fedele espressione della sua densità, diurna e più consapevole, ci restituisce, in forma di piccoli sogni, le sue fragilità, i suoi timori, che tenta di esorcizzare mediante la propria musica, che lo schioda da quella croce di ipersensibilità cui è schiacciato e lo interra a braccia levate verso il cielo…
A volte ci si monda tramite l’emancipazione dal controllo razionale che, a volte, ingorga le qualità sensibili; a volte semplicemente l’intuito di un attimo, l’istinto primigenio, come iscritto in noi, può far in modo di rivelarci a noi stessi, completandoci, lasciandoci andare con Nick Drake. A volte…