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Libro Eroi Elettrici

L'ultimo De André: anni di ricerca musicale e capolavori

11/1/2019

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Comunemente ciò che conta non è quali cose sono fatte ma come sono fatte. Addirittura anche nel campo artistico è così; e Fabrizio De André non fa eccezione. Lui, il nostro cantautore per antonomasia, la differenza l’ha fatta nell’attuazione.
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I cantautori di solito curano maggiormente i testi delle musiche. Spesso, infatti, le loro musiche sono piuttosto elementari, non di rado sono legate o comunque almeno screziate di temi folcloristici, “danzerecci e filastroccati”. 
È probabile che ciò avvenga sia perché si è facilitati, quasi giustificati, nell’attingere a motivi musicali, ritmi, armonie e suoni di una certa tradizione senza troppo inventare, sia perché si ammanta il messaggio testuale e quindi la propria figura di essenziale schiettezza data da un sapere arcaico… insomma un bell’affare.
D’altronde folcloristici o meno, musicali o testuali che siano è noto che De André è stato un abile maneggiatore, un magnetico assemblatore di spunti o addirittura intere idee altrui. Lui sin dai primi anni (nei Sessanta) si è appoggiato per musicare i suoi testi esposti con la sua inconfondibile e profonda voce ai più bravi autori, arrangiatori-produttori e musicisti italiani; ricordiamo tra gli altri, Gian Piero Reverberi, Nicola Piovani e Tullio De Piscopo. Faber ha seguito molti solchi musicali, da quelli sacro-classicheggianti a quelli più americanoidi…

Ad ogni modo il lascito per il quale è più celebrato è quello dell’ultima fase, quello dopo la collaborazione con un altro grandissimo cantautore, Francesco De Gregori (Volume 8 del 1974) e con Massimo Bubola (Rimini del 1978), allorquando giunse all’epocale collaborazione coi signori del Rock italico: la Premiata Forneria Marconi.
Il disco Rimini stranamente conteneva due pezzi strumentali, e con uno di essi, il modesto Folaghe, si chiudeva… E forse non è un caso che poco dopo De André si ritrova a ospitare a casa sua il più famoso gruppo italiano, appunto la PFM (maestri nel comporre ed eseguire grandi brani anche strumentali), impegnato con loro a organizzare importanti concerti.
Mussida e soci si dettero un gran daffare per offrire al cantautore genovese stimolanti arrangiamenti dei suoi pezzi, e lo fecero in una chiave tutto sommato naturale a quel punto del percorso artistico di tutti e due i contraenti di questo patto d’oro: sull’alta onda di un rock mediterraneo suonato magistralmente ove si innestavano le minimali melodie sillabate da un’importante voce che recitava altrettanti importanti testi. Gli esiti furono molto efficaci.
D’altra parte già nel 1970 in qualità di session man il nucleo storico della PFM (all’epoca erano ancora I Quelli), pure con il più etnico e schierato politicamente Mauro Pagani (che non faceva parte del gruppo già dal 1976 ma che in seguito riapparirà alla corte di Faber), furono impiegati per uno dei suoi dischi più importanti, La Buona Novella.
Concerti e disco conseguente pubblicato nel ’79 (Fabrizio De André in concerto - Arrangiamenti PFM, il primo dal vivo del genovese) riscossero moltissimo successo, e l’anno seguente fu dato alle stampe il Vol. 2º che va quasi a completare la scaletta di quei due storici concerti invernali di Firenze e Bologna da cui sono tratti i brani pubblicati. (Peraltro De André in seguito userà moltissimo gli arrangiamenti ingegnati per lui dalla PFM.)
Poi ognuno per la propria strada, tuttavia i segni di questa rapida ma intensa coniugazione si mostrarono per lungo tempo sul tracciato artistico di tutti e due… Il cantautore proseguì pubblicando nel 1981 un bel disco (coadiuvato da Bubola), Fabrizio De André (album noto anche come L'indiano).
Ma è nel 1984 che, dopo aver avviato il sodalizio con Mauro Pagani, giunge al suo punto più alto: Crêuza De Mä. Questo è un capolavoro di tutta la musica italiana, un’opera che sintetizza al meglio ricerche e sviluppi di due grandi artisti nel pieno delle loro maturità artistiche, ove i testi tutti in quel dialetto genovese così tanto arabo-turco sono declinati con musiche aventi (oltre che suoni peculiari) forme e ritmi asimmetrici, melodie e armonie inusuali tanto originali quanto perfettamente amalgamate in una finalizzazione etnico-idiomatica post moderna: ci offre il panorama ben più ampio di un Oriente mediterraneo che quello prettamente locale folcloristico-ligure.
La collaborazione tra i due prosegue in modo proficuo con il disco Le Nuvole (1990), seppur non così parente a “Crêuza”: un passo indietro stilistico e qualitativo. D’altronde il disco è più eterogeneo anche in termini di contributi, ritorna parzialmente Bubola e si avvia la collaborazione con Ivano Fossati (menzioniamo la presenza di Flavio Premoli: suona la fisarmonica in alcuni brani).
L’ultimo disco di De André è Anime Salve (1996), musicalmente composto da Ivano Fossati, ebbe un ottimo riscontro in termini di vendite e di critica. “Che bell'inganno sei, anima mia e che grande questo tempo, che solitudine, che bella compagnia.”: fu un bell’addio a tutto tondo, col quale ci piace ricordarlo nell’ardente sede dei beati, l’Empireo, almeno quello artistico, per tutto quel bendidio che ci ha lasciato (seppur lui forse si sarebbe posto nel Purgatorio):
Lume è là sù che visibile face
lo creatore a quella creatura
che solo in lui vedere ha la sua pace

​Grazie Fabrizio.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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