Il CINEMA è l'unica disciplina artistica che per realizzare l’esemplare originale di un film e quindi per essere concretata, ha bisogno di notevoli risorse economiche (produttori economici ed esecutivi). Di conseguenza, realizzare un'opera cinematografica significa sempre sottoporsi a qualche pratica implicazione commerciale ed economica.
Prima, la MUSICA, anche se in misura molto minore, ebbe un destino simile al cinema: fino agli anni '80 del '900 per realizzare un disco furono necessari piccoli o medi investimenti in denari.
Dopo, per la musica prodotta dagli anni ’90 in poi, c’è stato meno bisogno d’investimenti per realizzare un disco; pertanto le implicazioni commerciali ed economiche sono decresciute di molto. (Un periodo cuscinetto è stato appunto il decennio precedente.)
Tuttavia quasi paradossalmente, prima di allora, c’è stata una musica più artistica, mentre da lì fino a oggi è in pratica scomparsa: com’è possibile che sia accaduto ciò?
Eppure, con l’avvento del CD, le opere musicali con questo supporto tecnologico seriale (il dischetto) cessavano di essere deperibili, offrendo due grandi vantaggi al fruitore: quello di ascoltare la musica sempre con la stessa qualità (il disco non si deteriorava), e un altro conseguente puramente economico, ossia di non essere costretto di acquistare nel tempo 2 o 3 volte lo stesso prodotto! Ma l’INDUSTRIA stessa (forse accortasi dell’errore), ha cercato (dalla fine degli anni ’90) di rimediare con vari stratagemmi al vantaggio che aveva offerto all'appassionato di musica. | L’industria sta provando a convincerci che le vecchie tecnologie siano migliori delle nuove. |
L’industria è riuscita a permeare l'immaginario collettivo pure in tutta la catena del processo musicale, nelle attività e applicazioni collaterali, sia nella registrazione sia nella riproduzione, convincendo tantissime persone che le VECCHIE tecnologie sono MIGLIORI di quelle NUOVE: le soluzioni che hanno proposto e propongono sono in assoluto inferiori sia per lo studio di registrazione sia per la fruizione in casa, se ci atteniamo alla realtà oggettiva o almeno al buon senso.
L'industria sta riuscendo nell'impresa perché il semplice ascoltatore, pur ricevendo quelle informazioni che evidenziano le tendenziose finalità consumistiche di essa, è troppo passivo e perciò a quelle crede, spesso accettandole pure con simpatia. Anche il fruitore di musica più esperto, l’audiofilo e addirittura il professionista, vogliono credere (quasi pregiudizialmente) alle fandonie dell'industria che somministra in questi casi: essa si spende nell’assegnare alle proprie apologie dovizia di particolari più o meno scientifici, tanto oggettivamente incoerenti quanto poi creduti dai consumatori.
Forse l’audiofilo e il professionista credono pregiudizialmente perché sono influenzati da certe loro affezioni, o danno retta a certe suggestioni, di fatto questi sono legati al passato; forse pure confondendo i contenuti delle opere con i formati e le forme nelle quali sono state comprese e realizzate. (Le opere di una volta sono, di fatto, più artistiche e interessanti, sono state prodotte e "mercificate" con tecnologie dell’era pre-digitale, di qui forse il fruitore trae un errato sillogismo…)
Gli ultimi decenni sono stati tremendi sotto molti punti di vista, ma quest'epoca è rivoluzionata da questa fantastica tecnologia digitale, proprio a cominciare dall'avvento del CD: PERCHÉ DARSI LA ZAPPA SUI PIEDI?