Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Il wha wha e i suoi "fratelli": vademecum degli effetti audio

13/3/2024

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Sin dal secolo scorso con l’era elettronica e in questo secolo con l’era digitale, in progressione esponenziale, c’è stato, e c’è, un notevole ricorso alla manipolazione sonora, che ha caratterizzato moltissima musica.
L’elaborazione audio è divenuta un settore molto specializzato.
Pochi sanno o rammentano che gli effetti applicati alla musica si dividono soltanto in due categorie: quella che del segnale ne altera l’intensità e quella che ne altera il tempo.
Va da sé che possono coniugarsi.
Sebbene non entreremo nei dettagli (tantomeno nelle - per me avvincenti - specifiche tecnologico-matematiche), tenterò di darne una descrizione di massima che possa suscitare interesse e soddisfare qualche curiosità. 
​Alcuni di questi dispositivi di controllo del suono (o perlomeno i loro effetti) tutti li conoscono.
Per esempio, l’equalizzatore (c’è pure nei televisori e smartphone): è un dispositivo che selettivamente altera ampiezze (volumi) di bande di frequenze. Come pure quel formidabile amplificatore di segnale, tanto radicale da modificarne la natura: nomen omen, il distorsore (overdrive, fuzz); immancabile nell’arsenale rock.
​
Vediamo schematicamente i raggruppamenti.
I processori d’intensità del segnale, oltre i già citati equalizzatore e distorsore (overdrive, fuzz), i più usati sono: wha wha, tremolo, compressore e noise gate (riduttore di rumore);
I più usati processori del tempo sono: riverbero, eco (delay), phaser, flanger, chorus, univibe e octaver.
​
​Una sommaria descrizione degli effetti.
Il wha wha è un particolare controllo monobanda di filtro frequenziale azionato dal movimento del piede su un pedale oscillante collegato a un potenziometro. Emula ciò che con la sordina davanti alla campana della tromba (o trombone) i jazzisti 100 anni or sono facevano. 
Un celebre esempio di wha wha (chitarra elettrica) 
​Il tremolo varia periodicamente l'ampiezza (intensità) sonora*.
Esempio di ​tremolo per chitarra elettrica – campionata e traslata in basso d’intonazione
Un minimo di approfondimento per Il compressore, usato anche per i mastering dei dischi, pure perché con esso sono spiegati il noise gate (riduttore di rumore), il limiter e l’espansore: tutti della stessa famiglia, modificatori automatici dei livelli d’intensità, di volume.
Il compressore è un apparato che riduce la dinamica sonora: impostate le soglie d’intervento eleva i segnali più deboli e diminuisce quelli più elevati (l’espansore il contrario).
Di fatto, da parecchio tempo, nei dispositivi più invalsi e quindi nell’uso comune è parzializzato alla funzione di limitare i suoni più elevati, divenendo appunto un limiter con inferiore rapporto di compressione. Come il noise gate, che non fa passare suoni sotto una soglia impostata, è la massimizzazione dell’intervento dell’espansore, che (oltre ad elevare i suoni più forti) riduce i suoni più deboli.

Il riverbero e l’eco (delay) si sa, del suono sono le riflessioni, variamente ritardate: tantissime ma minime di volume e quindi indistinguibili singolarmente ma che producono un alone di profondità ambientale per il riverbero; una, o poco più, ma sufficientemente vigorose per esser distinte, per l’eco.
​
Phaser, flanger, chorus e univibe sono della stessa famiglia; sdoppiano, ritardando il segnale originale, da pochi millisecondi a poche decine (a secondo del dispositivo), poi ulteriormente è trattato in modo diverso, generando così le varie tipologie di effetti.
Il phaser fornisce un potente effetto rotante e avvolgente; simile ma più discreto e meno profondo l’univibe; danno un effetto simile agli altoparlanti rotativi leslie, famosi per la loro applicazione all’organo Hammond.
​​Esempio di Phaser (piano elettrico) 
Esempio di ​Univibe (chitarre elettriche, pure quella degli interventi solistici - e basso) 
Il flanger è il più “chiassoso”, avendo una retroazione (feedback). Un esempio per chitarra elettrica.
​Il chorus è il più elegante, poiché il più semplice; s’incarica di emulare l’effetto coro, sdoppiando il segnale, ritardandolo e intonandolo appena differentemente. (Qui chitarra elettrica.)
​L’octaver divide il segnale, intonando quello processato, un’ottava o due al di sotto della frequenza originaria**. (Qui basso elettrico.)
Insomma, sintetizzando, si può generalizzare che la categoria di elaboratori audio d’intensità sonica produce effetti di forte caratterizzazione timbrica individuale e un complessivo potenziamento e omogeneizzazione sonora; la categoria di dispositivi d’interventi sul tempo genera forme di profondità soniche assai suggestive, di tridimensionalità sia individuali sia complessive delle parti musicali.

​
* Da non confondere col vibrato, che varia periodicamente l’altezza (modulazione di frequenza) sonora; molto meno usato.
** Da questo, presente già a fine anni ’60, una decina di anni dopo si arriverà al pitch shift (o harmonizer) cui sarà possibile intonare liberamente anche gli altri intervalli.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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