Tastierista e compositore nato in Austria (Vienna) nel 1932, si trasferì negli USA e da qui prese avvio la sua carriera. Dapprima, a cavallo tra i ‘50 e i ’60, come collaboratore di grandi leader (Maynard Ferguson e Dinah Washington), proseguendo dal 1961 con la lunga militanza nella band dei fratelli Cannonball e Nat Adderley (suo il grande successo Mercy, Mercy, Mercy del 1966). Poi, a cavallo tra ’60 e ’70, con Miles Davis.
Da tenui e sfumati trascoloramenti di puri timbri che sembrano acquerelli di lievi nuvole dipinte in cieli aurorali senza confini, a poderosi tratti di colori fluorescenti realizzati con squadre e compassi su predisposte tele, il suo suonare le tastiere era un tutt’uno con la composizione, le improvvisazioni solistiche e la ricerca timbrica.
Ciò che egli tracciava era frutto della stupefacente sinergia di questi quattro aspetti.
Che fossero intricati reticoli a china, pennellate lievissime o secchiate di colori, si presentavano contemporaneamente a lui, e a chi lo ascolta, in modo compatto; che fossero impalpabili atmosfere o groove da rituali danzanti, erano sempre concordi alla sua stupenda estrosità, mai forzati e incoerenti.
Joe Zawinul è un tastierista che, a differenza di altri giganti suoi coevi (per esempio Hancock e Corea), è riuscito a staccarsi dal pianoforte definitivamente. (Solo Jan Hammer e George Duke possono vantare una simile ricerca sonico-tecnica indipendente dal pianoforte, tuttavia non hanno prodotto compositivamente cose altrettanto valide. Discorso a parte il “rocker” Keith Emerson…)
È cresciuto come pianista, ma il suo strumento originario era stata la fisarmonica; forse questo ha determinato la sua diversità. Fu uno dei primi (nei ’60) a inserire nel Jazz il piano elettrico, in seguito, oltre a filtrarlo pesantemente, usò l’organo e ancor dopo i sintetizzatori. Quando dalla metà dei ’70 ci furono i sinth polifonici, ebbe un ulteriore impulso creativo, eccellendo ancor più.
Zawinul ebbe sempre una visione corale della musica, a lui non interessava l’improvvisazione fine a se stessa come capitava spesso nel Jazz e nel Blues, nonostante fosse un maestro anche in ciò, era ben più interessato alla composizione.
Tuttavia non si accontentò di avere uno strumento come il pianoforte, qualche timbro di tastiera, e governare altri musicisti per generare la sua musica; tentò direttamente con le sue mani e la sua testa la difficile impresa di andare ben oltre le linee e le strutture musicali squadrate e monocolori offerte dal pianoforte, rendendole meravigliosamente sinuose e curve, tingendole di colori mai ammirati. Le sue flessuose pitture musicali avevano sempre un’insita logica, geometrica, ciò le rendeva speciali, non erano astratti giochi di luci e colori, ma originali cattedrali sonore, con forme particolari e con dentro oggetti mai visti e, laddove più comuni, non uguali ad altri.
Giunse a una sofisticazione inusitata, e tuttora la sua lezione è formidabile, perché nessuno ancora è riuscito a combinare così efficacemente ricerca timbrica, armonie, melodie, improvvisazione, forme e composizioni; discorso un po’ a parte per l’elemento ritmo (e metrico): è stato per lui importantissimo (meno quello metrico), ispirandosi molto a quelli etnici, segnatamente africani, sempre di più e sempre più esplicitamente, ovvero con meno elaborazioni personali.
Spesso le sue linee colorate come meridiani e paralleli tracciati sul globo terrestre, considerando la sua magnifica propensione a quella che successivamente sarà chiamata World Music: Zawinul non azzardò banali scorciatoie, adottando qualche elemento sonico o pattern musicale per evocare terre esotiche, lui non sfiorava superfici, ma si impregnava di genti con culture diverse che poi condensava mediante la sua sensibilità e sapienza creando musiche inusitate. Congiunse moltissimo, polarizzando e proiettando attitudini d’altri insieme con le sue, ampliando enormemente le prospettive.
La sua opera è così vasta e qualitativamente alta che è difficile segnalare qualcosa di preciso. Semplificheremo così: da tutti è riconosciuto che il suo periodo migliore è quello coi WR, che divenne nel tempo sempre più la sua “creatura”. Di questo periodo Zawinul prediligeva un’opera in particolare: Black Market.