Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Morricone... che confusione!

6/9/2012

31 Commenti

 
Forse non c'è niente di più occulto ma allo stesso tempo manifesto, palese e diffuso della musica.
La musica è misteriosa, in parte intrinsecamente, e in parte perché male insegnata dagli addetti ai lavori (forse perché male studiata da loro e quindi male compresa). Ancor peggio è spiegata dai mass media che tendono sin troppo a semplificare quelle parziali e talvolta errate nozioni e conclusioni a loro trasmesse. Comprendere profondamente la musica è impegnativo ma non impossibile, a patto di non incorrere in errori teorici e metodologici.
Bisogna pertanto fare due fondamentali premesse per ottenere appunto alcune “pietre angolari” che facciano comprendere quanto la musica sia esoterica e complessa, giacché la percezione, derivata dal vivere esperienze musicali superficiali, purtroppo ci illude del contrario. 
La prima è di ordine MATEMATICO: prendendo in esame la musica occidentale, le 12 note che formano il nostro sistema musicale hanno quasi diecimila miliardi di possibili disposizioni (per l’esattezza 9.726.655.034.460), considerando una sola ottava e con un numero massimo di ripetizioni pari a 12. Dunque senza contare sovrapposizioni di note (armonie e contrappunti), durate (ritmi) e timbri, che nella musica reale sono giustamente sfruttati. Va detto che in certe musiche di massa le ripetizioni di micro cellule (di note e di ritmi puri), e l’impiego estensivo di timbri (variegati, riempitivi, comunque affascinanti di per sé), sono usate in modo esasperato proprio per ottenere, anche con poche idee, molta suggestione e quindi “successo”. 
La seconda è che la musica NON ESISTE IN NATURA! Noi siamo attorniati da colori, forme, oggetti e prospettive, ma non esistono suoni che siano rapportabili ai suoni musicali. Tutti i suoni che udiamo sono RUMORI, ossia suoni che non hanno somiglianze con le note musicali; suoni che perciò non possono essere usati come “atomi” fondanti nemmeno astrattamente, quindi con il pensiero che suggerisce l’ente musicale stesso (a parte rari casi d’ispirazione soggettiva). 
Una parte del fascino esoterico della musica risiede in ciò. 

La musica già composta e addirittura registrata, finché non è prodotta o riprodotta da strumenti o apparati elettronici esiste solo mediante l'intelletto.

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Un esempio (tra i tanti) d’informazione deformata è l'intervista a cura di Sara Gandolfi al maestro Morricone, pubblicata sul magazine SETTE il 10 agosto 2012.
Questa intervista mi fornisce l’occasione di provare a fare un po' di chiarezza, raccomandando ai più interessati la lettura del mio libro “Tecnologia Musicale”.
Alla prima domanda “La musica è un mistero?” Morricone risponde che “Pitagora ha rivelato il fenomeno dei suoni armonici naturali, elemento decisivo nella natura del suono”: a cosa si riferisce?
Sembrerebbe riferirsi alla scoperta dei suoni armonici insiti in una nota; oppure allude alla scoperta che definiti rapporti numerici (2:1, 3:2, 4:3, ecc.), misurano definiti rapporti tra grandezze fisiche (lunghezza della corda a metà, a 1/3, a ¼, ecc.), che producono perciò definiti rapporti armonici chiamati poi musicalmente intervalli consonanti (ottava, quinta, quarta, ecc.)?
Se Morricone si riferisce ai suoni armonici insiti in una nota è in errore. Infatti, solo molti secoli dopo Pitagora (vissuto circa mezzo millennio prima di Cristo), siamo giunti a questa scoperta fondamentale: nel '700 ad opera dal fisico francese Sauveur, studi sui suoni poi sviluppati e perfezionati da Fourier e Helmholtz nell' '800.
Se invece si riferisce agli intervalli musicali, è errata la terminologia: i rapporti semplici di sovrapposizione tra suoni non sono decisivi per spiegare e comprendere la natura del suono, ma solo per comprendere che mediamente noi possiamo attribuire un'eventuale qualità di gradevolezza consonante a quelle armonie (accordi, contrappunti, ecc.) che realizzino dei rapporti aritmetici semplici di numeri interi piccoli tra le frequenze delle note (2:1; 3:2; 4:3).
O ancora è possibile che Morricone sottintenda alla “scienza delle proporzioni armoniche”, propugnata dallo stesso Pitagora che anticipava le sue stesse conclusioni appena ricordate: se si pone il ponticello del monocordo (attrezzo usato da Pitagora per gli esperimenti) in una posizione di media armonica rispetto agli estremi (la formuletta è: 2AB/(A+B)), troveremo un punto di proporzione “speciale”. Nel caso dell’ottava musicale (raddoppio di una frequenza), la media armonica è il rapporto di 4/3 che corrisponde all’intervallo di quarta; il suo complemento in un’ottava musicale è 2/3 ossia l’intervallo di quinta: questi due intervalli sono quelli più consonanti dopo quello di ottava.
A una successiva domanda Morricone risponde che “si è passati dalle armonie rinascimentali alla libertà dei suoni di Schoenberg, quando la democrazia dei popoli diventa democrazia dei suoni, che non dipendono più dal rapporto fra loro ma sono delle individualità precise”.
Anche qui c'è confusione: che i suoni (le note) siano in assoluto delle individualità precise, non ci sono dubbi, solo che in un'armonia rinascimentale le note usate si piegano gerarchicamente alle esigenze del Re (tonica).

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Ma è soprattutto confuso il riferimento a Schoenberg, dato che se è vero che lui ideò un sistema nel quale tutte le note hanno lo stesso potere (per precisione, appena prima di lui Josef Hauer teorizzava una dodecafonia simile e l’ha poi praticata), è vero pure che proprio per non incorrere in un'anarchia musicale (nemica e antitesi di ogni compositore), Schoenberg legò le note ancor più fra loro, imprigionandole tramite dei rapporti assai costringenti. Forse proprio per questo il suo Metodo Dodecafonico Seriale, se adottato come l'unico possibile, è risultato storicamente "perdente".
Ancora: “quando uno strumentatore scrive bene, anche la musica contemporanea, dissonante o sperimentale, suona bene perché Pitagora è presente”.
Allora iniziamo a dire che uno strumentatore è colui che attribuisce la parte a ciascun strumento o voce quando scrive la partitura; o a partitura scritta, sceglie strumenti diversi dall'originale.
Detto ciò, affermare che quando uno strumentatore "orchestra" bene la musica, anche quella moderna suona bene, è del tutto soggettivo e pure un po' antipatico da parte di Morricone: sembra che si debba partire dal presupposto che la musica moderna suoni male! Chi decide se la musica suona bene o male? E cosa centra ancora Pitagora con ciò?
L'intervista prosegue: “Com'è la colonna sonora dell'Universo?” (l’intervistatrice forse allude all’antico concetto filosofico greco della Musica delle Sfere, avanzato proprio da Pitagora e i suoi discepoli, ossia di una musica che sarebbe conseguenza del movimento dei corpi celesti, che però produrrebbero suoni inudibili dall’orecchio umano, eventualità peraltro contestata già da Aristotele). Morricone risponde: “tutto quello che scrivono i compositori esiste già, non s'inventano niente. Esiste nell'aria […] la musica che alla fine scrive è già scritta nella natura, è nel mistero di questa arte. Perché il suono in sé è una cosa astratta, non è una realtà”.
Come si concilia la musica, che è concreta, reale, perché “scritta nella natura”, con il suono, che invece è “cosa astratta”?
In questa frase c'è una doppia confusione pure contraddittoria, che inverte i termini concettuali e fenomenologici della questione musicale.
La musica già composta e addirittura registrata, finché non è prodotta o riprodotta da strumenti o apparati elettronici che generano un'elongazione molecolare dell'aria (variazione di pressione delle onde sonore, quindi un’energia, fenomeno fisico ben reale pure citato nell'intervista), esiste solo intellettualmente. O “esiste” come un qualsiasi ricordo di una qualsiasi attività passata, come può esserlo una nostra passeggiata in montagna. Di conseguenza la musica è un fenomeno ben reale, che però esiste soltanto nel momento in cui è prodotta o riprodotta, e quando ciò accade, è energia che c’investe fisicamente: un’altra parte della rivelazione del perché la musica sia tanto peculiare e misterica.
Ricordo pure che la musica è una nostra totale invenzione: abbiamo costruito strumenti che, insieme con la nostra voce, possono realizzare suoni aventi peculiari correlazioni aritmetiche (armonici), formanti appunto delle musiche. Dunque in natura la musica non esiste affatto: in natura esistono solo rumori, che sono l'antitesi della musica, giacché il rumore è un suono con caratteristiche indiscriminate, infatti, in esso sono insite tutte le frequenze soniche.  Anche ciò contribuisce a “svelare” la musica.
L'intervistatrice continua con: “Lei come la scriverebbe (la musica dell'Universo)?” E lui: “Io ho tentato di inventarmi un suono del cosmo, che a noi appare silenzioso ma non credo che lo sia. E siccome immagino la voce umana come il primo suono, ho creato pezzi con le voci di 300 persone moltiplicate per 300. Molti suoni, tutti insieme, avviluppati, che non dicono una parola”.
Quasi insuperabile l'imbarazzo di non capire del tutto la composizione della frase: ossia come può sussistere un suono che appare silenzioso a noi (noi umani, quindi anche lui?), ma che l'inventore stesso (Morricone) non crede che sia davvero silenzioso; infatti (forse per non sbagliare) ha creato pezzi impiegando ben 300x300 = 90.000 voci, tutte insieme ma che non dicono una parola! In che modo ci è riuscito?
L’intervista termina in bellezza: “Maestro, dov'è la bellezza della musica?” “Se una musica è scritta bene (Morricone sembra intenda come grafia!) e suona bene, quella è la bellezza in musica. La bellezza non è una bella melodia, anche la più bella del mondo, è come questa bellissima melodia sarà strumentata dall'autore”.
L'imbarazzo cresce: che c’entra come è scritta graficamente una musica e chi decide se suona bene? Addirittura questa è la bellezza in musica? Chi decide se una melodia è bella o no?
Concludendo, sembra che Morricone voglia intendere che la bellezza sia data dalla maniera in cui è strumentata una melodia (bella o brutta che sia): quindi pare che Morricone, e la carriera lo confermerebbe, reputi che tutta la musica debba basarsi soprattutto su accurate scelte timbriche con qualche ornamento armonico, che conseguano quindi un bel riempimento di una qualsiasi melodia… Troppo semplice!
Questa intervista a Morricone avvalora tutte le perplessità sulla rappresentazione della musica per opera dei mass media, e fa emergere una figura simile ad un piccolo bottegaio artigiano rinascimentale, pure un po' confuso; certamente non un maestro dei nostri giorni, non il grande artista riconosciuto in campo internazionale, da noi italiani incondizionatamente incensato e “impalmato”. Un “maestro” che ha pure l'ambizione di scrivere la Musica dell'Universo.

31 Commenti
ubaldo
8/9/2012 10:41:15

Come non essere d'accordo con Carlo in questa chirurgica analisi musicale e musicologica. Morricone commette il solito errore, cioè quello di assegnare bellezza ad interventi di rimaneggiamento musicale che per definizione sono soggettivi e figli del background musicale che ogni compositore porta con sé...Sottolineo tuttavia che è altrettanto asettico definire "equivalenti" tutte le combinazioni possibili dei suoni del sistema temperato occidentale con le relative variazioni timbriche e ritmiche....non si può per questo prescindere dal fatto che quando Bach ha ridefinito il sistema temperato ha in sostanza filtrato in funzione della purezza assoluta e relativa ai suoni vicini (si pensi al concetto di dominante) quelle combinazioni elette, che portano con sé qualcosa in più di una serie numerica di suoni...Chiudo dicendo che, scendendo sul piano pratico, l'estremizzazione del concetto che qualsiasi stringa melodica possa essere considerata valida è a parer mio errata...Esistono innumerevoli esempi di temi "discutibili" al limite della sperimentazione "musicomatica" (4' e 33" di John Cage ne è a mio avviso un esempio) che di bello hanno poco ed appaiono più che altro pretesti per lavorarci intorno...la magia della musica, come per tutte le cose di questo mondo, dall'infinito dei sistemi di pianeti e stelle all'infinitesimo dei cristalli e delle strutture subatomiche, sta nell'equilibrio recondito che li accomuna e che per alcuni è esemplificazione della voce di Dio... e lo è nella nostra capacità ancestrale di riconoscerla senza conoscerla.

Risposta
Carlo Pasceri link
9/9/2012 02:13:58

Caro Ubaldo,
mi complimento per la scelta dell’aggettivo asettico, perché è corretto per definire una delle fondamentali caratteristiche dell’ente musica.
Infatti, le note in sé (armonici), le loro combinazioni (intervalli) e l’organizzazione musicale (anche prima dell’avvento del sistema temperato) sono strettamente connesse con l’asettica matematica.
Da questo intimo equilibrio essenziale si genera la magia della musica; equilibrio che una nostra capacità ancestrale ci consente di conoscere senza riconoscerlo.
La equivalenza sta nella strategica considerazione di queste realtà indiscutibili e quindi potenzialità musicali, non di certo nel giudizio che ognuno di noi ha il diritto di emettere. Il compositore concreta le sue scelte proprio applicando delle non-equivalenze tattiche stabilite dal suo intelletto creativo insieme con il suo gusto (che nel tempo speriamo estenda sempre di più creando così nuove combinazioni di note).
La personalità (che nell’accezione comune il termine asettico dovrebbe escludere) è data appunto dalle scelte che un compositore-musicista compie. Il “calore” (altra caratteristica che il termine dovrebbe escludere) sarà inevitabilmente fornito dalla peculiare articolazione che ogni musicista ha pure a dispetto di sforzi sovrumani per suonare come una macchina: una musica suonata da un uomo (con uno strumento musicale, pertanto mai perfettamente uniforme nell’emissione) non produrrà mai suoni aridi (belli o brutti che siano ritenuti), quindi...
Quindi differentemente dalle altre arti in musica abbiamo (sostanzialmente) delle illimitate potenzialità asettiche di equivalenze di disposizioni e combinazioni delle note. Noi, con il limite inflitto dalla nostra sensibilità e conoscenza, decretandole essere più gradevoli di altre, ne scegliamo alcune (speriamo tantissime).
Quelle “combinazioni elette” del sommo Bach (non stimato ai suoi tempi), sono tali proprio perché sono delle “perfette” serie numeriche di invenzioni compositive; architetture soniche più “calcolate e perfette” di altre realizzate da altri.
Comunque quelle di Bach sono una serie di combinazioni e non sono la serie di combinazioni.
D’altra parte proprio Bach è in assoluto uno dei compositori più “asettici”: la musica di Bach la potremmo pure far suonare da un primitivo sintetizzatore programmato e riprodotta tramite un telefonino, che la riconosceremmo e apprezzeremmo comunque.
Tutti gli innovatori sia prima sia dopo Bach, sono degli innovatori proprio perché hanno esplorato nuove combinazioni di note: non esiste oggettivamente una musica non valida ma solo una musica sbagliata, data da frequenze di suoni, tempi e ritmi non conformati tra loro.
Se non ci fossero state esplorazioni di nuove stringhe di note non avremmo avuto i successori di Bach (e naturalmente lui stesso è successore di altri). Di solito questi pionieri sono stati almeno all’inizio considerati non musicali e inaccettabili, comunque criticati e disprezzati, proprio perché basavano le loro artistiche composizioni su “schemi” diversi: …da Monteverdi a Bach, da Wagner a Schoenberg, da Stravinsky a Bartok, da Charles Ives a Charlie Parker, da Lennie Tristano a John Coltrane, da Miles Davis a Ornette Coleman, da Frank Zappa a …
P.S. Non ho capito bene cosa intendi per purezza assoluta dei suoni vicini e il concetto di dominante di Bach, e la citazione del pezzo di Cage con il suo silenzio provocatorio.

Risposta
massimo franceschini
9/9/2012 11:35:43

Finalmente discussioni serie sulla musica! Complimenti a Carlo e a chi vorrà partecipare!

Risposta
massimo franceschini
9/9/2012 11:37:28

Uno dei problemi della musica moderna stanno proprio nei puntini finali nell'ultimo intervento di Carlo......dopo Zappa......chi?

Risposta
alessandro d'aloia
10/9/2012 05:55:01

Ciao Carlo. Trovo il tuo articolo molto interessante ; pero' non concordo quando dici che la musica in natura non esiste ; mi vengono in mente molti suoni di animali come le balene e alcuni tipi di ucelli , che in realta' producono suoni veri e propri , con frequenza ben precisa. Poi c'e' una pulsazione ritmica ( e la musica e' anhe ritmo ) che e' una cosa base dell'universo ; e questo non sono solo io a dirlo. Quindi , secondo me , nella natura c'e' un bel po' della nostra musica.

Risposta
carlo pasceri link
12/9/2012 14:33:06

Ciao Alessandro,
grazie del tuo rilievo, che mi dà l’opportunità di approfondire questo argomento specifico (inserito nell’articolo su Morricone poteva essere un po’ troppo “pesante”); ho aspettato che qualcun altro intervenisse ma … Ma è il caso di subito dire che una rondine non fa primavera!
Innanzitutto non è vero che “molti suoni di animali”… ma è vero che POCHISSIMI suoni sono emessi TALVOLTA da pochissime specie di balene e alcuni tipi di uccelli, che insieme ai rumori tipici dei loro versi, emettono dei suoni non dissimili a quelli musicali. Per la precisione somigliano a un solo tipo, ossia quello emesso da un ottavino (strumento della famiglia dei flauti) ma più “sporco”, in termini di frequenze annesse.
Diciamo pure che questo non è proprio uno “scoop”, infatti, è nota la peculiarità di alcune specie di balene e di alcune specie di uccellini: come si sa pure che ogni regola ha la sua eccezione.
Le balene non prendiamole in considerazione a fronte del fatto che in pratica vivono in un altro “mondo” (e sono in assoluto un numero ridottissimo): chi ha mai udito una balena dal vivo? Rimangono gli uccellini, e quelli in grado di emettere dei suoni con frequenza propria sono di pochissime specie e raramente li producono:di solito cinguettano (generando esclusivamente dei rumori) e qualche volta emettono qualche fischio “musicale”, comunque sempre “sporcato” da rilevanti rumori accessori. Anche per le balene vale questo stesso discorso.
Questi uccellini (e balene) sono appunto singolarità, considerate le tantissime specie di uccelli (e di cetacei) e naturalmente le ancor più numerose specie di animali esistenti. Oltretutto come appena precisato questi animali sono anomalie nelle anomalie (e ancora) nelle anomalie. Infatti, e prometto che è l’ultima volta che lo dico, normalmente emettono versi che sono veri e proprio rumori, come per tutte le altre specie di animali.
Comunque ho dato per scontato che queste singolarità (che comunque tutti conosciamo) fossero escluse, considerato l’enorme numero di dati (colori, forme, oggetti e pure suoni), che ogni giorno ci bombardano i sensi della vista e dell’udito. E i suoni che normalmente udiamo, dall’”ululare” del vento allo scrosciare dell’acqua, dallo stormire delle foglie al rombare del tuono, dal miagolare del gatto al chiocciare della gallina, dal crepitare del fuoco al martellare del fabbro e così via: sono tutti dei RUMORI.
Per “la pulsazione ritmica che è una cosa base dell’universo”, beh non saprei… Ti riferisci all’alternanza giorno-notte, all’alternanza delle stagioni, o dell’anno? Oppure al respiro degli esseri viventi, alla loro andatura, al loro battito cardiaco? Non ti sembra che anche questo sia un argomento un po’ deboluccio e pretestuoso per sostenere che addirittura “in natura c’è un bel po’ della nostra musica”?

Risposta
Luca
6/3/2015 09:10:39

Sono d’accordo sul fatto che, per quanto ci è dato di sapere finora, la musica sia un prodotto della natura umana, non qualcosa che esiste, di per sé, nell’ambiente. Però onestamente mi viene più spontaneo inquadrare il problema in un modo diverso, e considerare in altro modo soprattutto il rapporto tra rumore e musica.
Se riesco, approfitto per dire due parole anche sulle apparenti attitudini musicali che mostrerebbero alcuni animali.

Lo ammetto, io amo molto la musica concreta, e apprezzo il concetto di rumorismo proposto dai futuristi, anche se forse non è stato poi sviluppato a dovere. Per me si può tranquillamente considerare “musica” una composizione di rumori, e questi rumori possono provenire dall’ambiente.
Lo stesso risultato globale può essere confuso, in alcune sue parti, con una semplice registrazione di rumori ambientali. E d’altro canto se del vento, soffiando su canne di diversa lunghezza, per puro caso produce un intervallo armonico, la percezione di questo fenomeno non è inevitabilmente musicale, per quanto a livelli estremamente primitivi?
Ma sono gli esperimenti di John Cage, che personalmente ammiro tantissimo, che più di ogni altra considerazione mettono in discussione la frattura tra rumore e musica. A parte la famosa esperienza di 4’33”, che apprezzo ma che accetto di buon grado di definire come happening piuttosto che come arte musicale, Cage sorprende per il suo personale percorso che lo ha condotto, gradualmente, dalla musica tradizionalmente intesa ai rumori ambientali: Cage affermava, ad un certo punto della sua vita, di non aver più bisogno della musica, perché i rumori gli davano già tutto il godimento musicale di cui necessitava.
So che questa frase può sembrare l’assurdità di un eccentrico, ma, sebbene non sia arrivato a dire di non aver più bisogno della musica tradizionalmente intesa, io stesso ho sperimentato la percezione musicale del puro rumore. La musica è un evento psichico, non una realtà esterna, e in quanto evento psichico ha un certo livello di soggettività.
Secondo me la migliore definizione di musica è “Suono percepito esteticamente”, ossia percepito come passibile di valutazioni estetiche. Prestiamo però attenzione a non confondere la percezione con l’apprezzamento: è possibile riconoscere le potenzialità estetiche di un evento sonoro senza sperimentarle, cioè, banalmente, senza riconoscerlo come bello o brutto (e sottolineo pure che la parola “apprezzamento” la uso in senso neutro: anche stabilire che una musica è brutta è un apprezzamento estetico, in quanto si sperimenta un valore estetico, anche se nel caso specifico di segno negativo).
Sicuramente è sotto gli occhi di tutti che alcuni eventi sonori risultano, statisticamente, più facilmente percepiti esteticamente di altri: una sinfonia di Beethoven è percepita sempre esteticamente, una composizione spettralista di Gérard Grisey lo è spesso, del noise giapponese duro e puro molto più di rado, il rumore di un fiume che scorre quasi mai (naturalmente sto solo facendo un esempio). Quindi si potrebbe dire che i suoni sono caratterizzati da maggiore o minore musicalità, dove con musicalità possiamo intendere la probabilità che il suono venga considerato passibile di valutazioni estetiche.
Tutte le altre definizioni di musica tramandate dalla tradizione, a me sembra, escludono alcuni fenomeni che vengono spesso considerati come musica o ne includono alcuni che sicuramente musica non sono.
Questa invece tiene conto dell’inevitabile soggettività percettiva e pone l’ascoltatore al centro (porre il creatore di musica al centro causa tanti problemi irrisolvibili secondo me).
Detto questo, è chiaro che, potenzialmente, ogni suono o rumore può essere musica, ma solo in virtù di una disposizione psichica, quindi è corretto dire che la musica non esiste fuori da noi, ma allo stesso tempo non riesco a distinguere tra musica e rumore: a mio parere si può riconoscere del rumore come “musicale” e si può comporre musica utilizzando il rumore.
Comunque, dal momento che la natura musicale di un rumore dipende dalla nostra disposizione psichica, effettivamente anche i versi animali possono essere interpretati musicalmente, ma questo al pari di qualsiasi rumore ambientale, e non ci dice nulla sui versi in sé o su presunte attitudini musicali degli animali, infatti tutto dipende da noi e basta.
Tuttavia è vero che alcune specie mostrano comportamenti che per qualche motivo ci ricordano la conscia produzione musicale dell’essere umano. Gli animali dunque fanno musica?
Andiamo a vedere intanto i casi più eclatanti (a

Risposta
Luca
6/3/2015 09:14:30

Mi sono accorto ora che il mio commento è stato troncato. Lo continuo qui:

Andiamo a vedere intanto i casi più eclatanti (anzi, forse gli unici degni di studio): gli uccelli intonano melodie i cui rapporti intervallari sono affini a quelli utilizzati in musica (il cinguettio del tordo eremita, rallentato adeguatamente, sembra proprio un riff jazzistico!), gli scimpanzé si esibiscono nel pant-hoot (un richiamo vocale ritmico, spesso corredato da movimenti anch’essi ritmici che possono ricordare le movenze di un percussionista umano) e le megattere, il cui “canto” mostra una struttura gerarchica più definita e complessa di quella dei “canti” degli uccelli.
Il fatto che il canto degli uccelli condivida gli intervalli con la nostra musica non è necessariamente sorprendente, dal momento che la preferenza per certi intervalli piuttosto che per altri sarà legata alla fisiologia dell’apparato uditivo, il quale sarà strutturato per far fronte nel migliore dei modi ai problemi che l’ambiente propone (non che il fenomeno della percezione uditiva sia privo di misteri eh, anzi! Però se nell’uomo un certo intervallo è particolarmente “attraente” per via della fisiologia del suo orecchio, e se la fisiologia del suo orecchio è fatta in un certo modo perché si è evoluta sotto le pressioni ambientali, non è così incredibile che altre specie animali si trovino in una condizione fisiologica, e quindi percettiva, simile).
Naturalmente non considero nemmeno il caso di uccelli in grado di replicare melodie umane, come i pappagalli, il merlo indiano o l’uccello lira, perché quella replicazione appare del tutto automatica e sicuramente priva di intenzione musicale. Comunque anche i normali cinguettii melodiosi degli uccelli, per quanto a noi appaiano molto musicali, sembrerebbero azioni automatiche innescate da processi ormonali influenzati da fattori ambientali come il clima. Non abbiamo la certezza matematica, ma l’osservazione etologica suggerisce che l’uccello, quando canta o ascolta il canto degli altri uccelli, non sta vivendo un’esperienza musicale.
Il pant-hoot degli scimpanzé anche sembra solo un modulo comportamentale innato che si innesca in automatico sotto pressioni endogene ed esogene. Non sembra un’attività musicale ma una sorta di sfogo emotivo che nulla c’entra con esperienze estetiche.
Le megattere offrono invece qualcosa di più curioso e sensazionale, sebbene sempre di difficile interpretazione: ogni banco di megattere ha i suoi specifici canti, e quando due banchi si incrociano se li scambiano, ed ampliano il repertorio mescolandone alcuni per darne di nuovi.
Queste dinamiche sono praticamente le stesse che si osservano tra le tribù di aborigeni australiani!

Risposta
carlo pasceri
6/3/2015 14:22:27

Ciao Luca, grazie e complimenti per la rarissima accoppiata di eccellente quantità e qualità che hai manifestato nel tuo intervento.
La confessione del tuo amore per la musica concreta ti concede le attenuanti eh eh… Infatti la tua è una forte premessa quella di considerare “musica” una composizione di (soli) rumori, che orienta tutto il tuo personale sentire estetico e comunicazione razionale; ma io non ho compreso bene se discende da una qualche causa oggettiva. Forse perché non ho capito il motivo per il quale la musica non sarebbe una realtà esterna… In che senso?
Credo sia molto importante considerare le differenze e diversità misurabili dei suoni tra puri e complessi e a loro volta tra note e rumori; insieme con il non mescolare la soggettiva capacità estetica di qualcuno di apprezzare (in senso positivo) alcune organizzazioni di soli rumori (di qualsiasi tipo), solo perché stando nel mondo generale dei suoni, come quelli particolari e straordinari dei suoni-note, si pensano musicali. (L’organizzazione musicale può contenere anche rumori, anzi dal ‘900 con la batteria la loro combinazione è sistematica)

Tu: "i suoni sono caratterizzati da maggiore o minore musicalità, dove con musicalità possiamo intendere la probabilità che il suono venga considerato passibile di valutazioni estetiche…" (Suono singolo o combinazioni di suoni della stessa tipologia?)
Tu: "Potenzialmente, ogni suono o rumore può essere musica, ma solo in virtù di una disposizione psichica…" (Dunque potenzialmente tutto può essere musica?)
(Il tuo approfondimento sulla “musica animale”, che peraltro mi sembra giunga alle stesse mie conclusioni, è interessantissimo ed espresso benissimo.)

Risposta
Luca
8/3/2015 09:59:29

Siccome l'argomento si fa molto complesso, farò fatica a strutturare per bene il discorso. Ti risponderò quindi in flusso di coscienza, probabilmente commettendo qualche errore (anche sintattico). Spero di risultare comunque abbastanza chiaro.


La causa oggettiva del mio includere composizioni di soli rumori sotto la definizione di "musica" è che credo sia necessario, come primo passo, tener conto di come questo termine sia stato utilizzato nel corso dei secoli. Infatti “musica” non è mai stata una chiara definizione tecnica dalla quale molti si sono distaccati in seguito iniziando ad utilizzare il termine fuori contesto o in senso figurato. “Musica” è un termine che è stato sempre molto vivo, nasce semplicemente per indicare qualcosa che è proprio delle Muse (e questo già esclude l’idea di rifarsi al suo significato originario), ma poi il suo uso viene confinato alla sola “arte dei suoni” umana. E tuttavia nel corso dei secoli è successo di tutto: si è parlato di musica anche a proposito del canto degli uccelli, si è deciso che fosse musica solo quella occidentale (a proposito, tanta musica percussiva tribale, che effettivamente è fatta di solo rumore, non sarebbe musica?), poi solo quella colta (e il contraltare era la musica pop). Ne sono state dette tante, e questo è stato possibile perché non c’è mai stata una definizione di musica abbastanza soddisfacente da impedire che il termine finisse ad indicare altro. Prendiamo ad esempio quelle che sono forse le più solide e celebri definizioni di musica della storia:

“La musica è ritmo prodotto per mezzo del suono” (mozart)
“La musica è l'arte di combinare i suoni in maniera piacevole all’orecchio” (JJ Rousseau)
“La musica è arte del tempo” (Stravinsky)

La prima definizione, quella di Mozart, include un sacco di fenomeni non musicali. Un fabbro che batte su un incudine produrrebbe musica secondo questa definizione.
La seconda, di Jean-Jacques Rousseau, presenta pure grossi problemi: “Arte”, qualunque cosa voglia dire, presuppone l’atto di una volontà cosciente, ma quindi se per puro caso un fenomeno naturale producesse un qualcosa che a noi appare musica non dovremmo considerarlo musica perché non c’è un artefice dietro? Per quanto la cosa sia altamente improbabile, non è possibile escludere categoricamente che un fenomeno naturale possa produrre una breve sequenza di note, che magari ci ricorda anche un brano musicale che conosciamo: gocce d’acqua che, in una grotta, cadono su stalagmiti di diversa altezza, o canne di diversa lunghezza esposte ad un forte vento, potrebbero produrre delle note tali da farci pensare a della musica. Delle note che, se le avessimo ascoltate da un cd, senza alcuna informazione al riguardo, avremmo potuto considerare come frutto di creatività umana.
Ecco, anche questo è il punto: definire la musica a partire da chi la produce anziché da chi la ascolta fa sì che, a rigore, sia impossibile riconoscere un evento sonoro come musica se non si dimostra con certezza la sua genesi “artistica”. Naturalmente sto esagerando per mettere in luce le pecche logiche di questo modo di affrontare il problema, è ovvio che nella stragrande maggioranza dei casi la musica stessa, con le sue caratteristiche intrinseche, rivela di essere stata creata da un essere umano (non ho bisogno di sapere che l’autore di “Voodoo Child” è Jimi Hendrix, mi basta l’ascolto per capire che dietro quei suoni c’è un intelletto umano), ma è una posizione che non ha fondamenta logiche solide. In più Rousseau parla di combinazioni di suoni piacevoli all’orecchio, e qui si espone all’ovvia obiezione che “quel che è piacevole per te può non esserlo per me”. E soprattutto siamo sicuri che un compositore non possa scegliere consapevolmente di creare un frammento musicale volutamente sgradevole? Mozart l'ha fatto nel suo famoso scherzo che ho già citato (k 522), eppure credo sia musica per tutti, no?
La terza definizione, quella di Stravinsky, presenta lo stesso problema legato al porre l’accento sull’artefice anziché sul fruitore, eppure a me sembra chiaro che la musica possa essere definita solo dal fruitore. Se Jimi Hendrix suona davanti ad un sordo, il sordo non avvertirà alcuna musica, se suona davanti ad un soggetto affetto da amusia ciò che produrrà sarà, a seconda del livello del deficit cognitivo dell’ascoltatore, distinto poco o per nulla da un qualsiasi altro tipo di musica (forse addirittura potrebbe risultare indistinto da un qualsiasi rumore ambientale, non lo so).
Poi naturalmente il ri

Luca
8/3/2015 10:02:35

Poi naturalmente il riferimento al tempo è vago e inutile. Le definizioni vengono date perché servono a qualcosa, a cosa serve definire la musica “Arte del tempo”? Non la distingue da tante altre arti, che comunque hanno un rapporto analogo col tempo, ma ci sono anche altri problemi che non sto qui a sviscerare.

Venendo alla musica di soli rumori: esiste già solo per il fatto che c’è chi l’ha definita così, dimostrando di provare, nell’ascoltarla, un’esperienza affine, per qualche motivo, a quella che provava nell’ascoltare musica di tipo “tradizionale”. Del resto la musica “tradizionale” rivela il suo alto valore non nei singoli suoni ma nei rapporti tra loro, e anche nelle composizioni di soli rumori, di solito, ogni singolo elemento ha valore soprattutto in relazione al resto.
Parlando in generale, se definiamo la musica sulla base della sua causa, ci ritroviamo un criterio identificativo non autonomo, che ha bisogno sempre di altre informazioni, non necessariamente sempre reperibili. Se invece definiamo la musica sulla base delle sue caratteristiche intrinseche, rischiamo di fare come quelli che dicevano che la dodecafonia non era musica, che il jazz non era musica, che la musica percussiva congolese non era musica, che tutto ciò che non rientra nelle strutture a me familiari, e che ho scelto come definizione di musica, non è musica. In questo modo poniamo a noi e alla musica dei limiti, del tutto soggettivi, che uccidono la creatività e la comprensione. Se la definizione di “musica” universale la desse un Inuit potrebbero uscir fuori dalla definizione un sacco di cose che noi consideriamo sacre e consolidate.
L’unica soluzione secondo me è definire la musica a partire dall’evento psichico che si presenta nell’ascoltatore, ed è per questo che non posso escludere i rumori.
Ci sono tante situazioni di confine che, se non adottiamo questo terzo punto di vista, ci metterebbero molto in imbarazzo: Ligeti, utilizzando strumenti tradizionali, ognuno dei quali produce note di altezza definita e non rumori, produce quasi, per addensamento di voci, una specie di unico timbro modulante, di altezza spesso indefinita. Eppure Ligeti è chiaramente erede di tutta la tradizione musicale occidentale che l’ha preceduto, né è naturale evoluzione.

Comunque è proprio per questo mio concentrarmi sull’ascoltatore che dico che la musica non è una realtà esterna, essa si rivela come evento psichico. In fondo noi la musica la sogniamo anche (a me è successo un paio di volte), senza che ci sia qualcuno attorno al nostro letto a suonare.
Per non parlare di tutte quelle persone che hanno rari deficit cognitivi che compromettono seriamente l’esperienza musicale.

Tu dici: “Credo sia molto importante considerare le differenze e diversità misurabili dei suoni tra puri e complessi e a loro volta tra note e rumori”
Ma io sono d’accordo, non credo sia in contrasto con quello che dico. Se uno vuole comporre o studiare la musica deve conoscere le caratteristiche della percezione sonora, che sta alla base della musica, e quindi naturalmente deve anche conoscere le caratteristiche dei singoli suoni e saper distinguere un rumore da una nota ben intonata ecc. Ma poi si può usare qualunque elemento se funzionale al proprio scopo estetico, ecco il punto.

Po tu dici anche: “non mescolare la soggettiva capacità estetica di qualcuno di apprezzare (in senso positivo) alcune organizzazioni di soli rumori (di qualsiasi tipo), solo perché stando nel mondo generale dei suoni, come quelli particolari e straordinari dei suoni-note, si pensano musicali.”
Che è un’osservazione giusta ma, lungi dal minare la mia definizione di “musica”, può servire perfino a renderla ancora più comprensibile, e ne approfitto subito!
Io ho sempre detto che esistono diversi tipi di fruizione musicale, e che, anche concentrandoci sul compositore anziché sull’ascoltatore, mi verrebbe da dire che sotto il termine “musica” passano diversi tipi di arti molto differenti tra loro, accomunate da noi superficialmente solo perché condividono lo stesso materiale da costruzione, il suono. Un’analoga superficialità applicata alle arti figurative ci condurrebbe a paradossi molto più facili da smascherare: finiremmo col considerare una chiesa ed una statua come espressioni della stessa arte solo perché entrambe realizzate in marmo.
Quindi, certo, l’apprezzamento della musica concreta e del rumorismo puro può essere (ma, attenzione, andrebbe pure dimostrato, e finché non è dimostrato non è nemmeno sicuro usare questo elemento nelle argomentazioni!) radicalmente diverso dal

Risposta
Luca
8/3/2015 10:04:06

Quindi, certo, l’apprezzamento della musica concreta e del rumorismo puro può essere (ma, attenzione, andrebbe pure dimostrato, e finché non è dimostrato non è nemmeno sicuro usare questo elemento nelle argomentazioni!) radicalmente diverso dall’apprezzamento di Mozart, ma potrei dire la stessa cosa (e molti l’hanno fatto) confrontando Mozart con tanta altra musica sulla cui natura nessuno disputa: l’apprezzamento della musica rock è molto diverso dall’apprezzamento della musica classica (anche il progressive rock io lo trovo molto diverso dalla musica classica, di qualsiasi epoca, anche se da questa attinge), e la musica jazz è radicalmente diversa dalla musica techno. E anche all’interno dell’alveo della musica colta occidentale dobbiamo riconoscere che il canto gregoriano poco c’entra con la polifonia franco-fiamminga, la quale a sua volta non c’entra molto con Haydn, il quale è abbastanza distante da Schoenberg e radicalmente diverso da Penderecki.
Anche all’interno del jazz discorsi analoghi: la gente che ballava sulle note di “Sing sing sing” suonata da Benny Goodman e i suoi provavano un godimento confrontabile a quello degli estimatori di Ornette Coleman? Probabilmente i due tipi di ascolto attivano facoltà psichiche diverse e piacciono per motivi diversi. Di sicuro su Ornette Coleman non si balla!
Quindi o smettiamo di usare il termine “musica” limitandoci all’uso dei nomi dei vari generi, oppure decretiamo che una sola tra questa è “musica” (ma in base a quali criteri?) e per le altre adottiamo termini alternativi. Oppure, ed è quello che faccio io, si continua ad usare il termine “musica” per tutte queste espressioni, ricordando però che le varie musiche producono esperienze diverse, a volte opposte. Il motivo per cui io sento di fare così è che a me piacciono un po’ tutte queste possibilità, e mi interessa capirle tutte. E visto che sono riuscito a trovare una definizione che le racchiude tutte, mi conviene usarla.
Comunque ribadisco che nella mia definizione entra in gioco il riconoscimento del potenziale estetico di un evento sonoro, non l’apprezzamento!
Bach per me resta musica anche se lo stanno mandando alla radio mentre sono disinteressato a godermelo (e quindi non lo valuto né positivamente né negativamente).
Del resto sospetto che molta musica venga apprezzata non esteticamente ma in altri modi. Però è sempre musica perché suggerisce l’idea di possedere un potenziale estetico (sempre intendendo con “potenziale estetico” la possibilità di essere definito bello o brutto, non necessariamente solo bello!).
Comunque sia chiaro che non ho la presunzione di dire qualcosa di originale eh! Alla fine tutte queste cose potrebbero essere sintetizzate, per esempio, da un singolo aforisma di Luciano Berio: “È musica tutto ciò che vogliamo sentire come musica”.

Per finire, mi chiedi se, quando parlo di suono potenzialmente percepibile esteticamente, mi riferisco ad un suono singolo o ad una combinazione di suoni dello stesso tipo.
La risposta è difficile perché in realtà è arduo individuare davvero degli atomi musicali!
Nella musica più familiare il valore sta nei rapporti tra le note, e quindi è automatico considerare le singole note come gli atomi musicali, i singoli suoni. Eppure sappiamo che è già una grossolana approssimazione, in quanto una singola nota può essere più o meno lunga.
Ma il punto è che il singolo suono stesso, avendo diverse caratteristiche come durata, volume, timbro, altezza è già in sé una mini-composizione. Volendo portare l’attenzione sul timbro poi esce fuori una composizione di toni puri, e questo lo sanno bene i compositori spettralisti che proprio da queste premesse sono partiti per sviluppare la loro musica.
Comunque un rumore che dura troppo poco perché si possa divenire coscienti di qualche sua caratteristica (a parte la sua impulsività) potrebbe essere impossibile da valutare esteticamente perché non c’è proprio il tempo materiale affinché la mente si disponga nel giusto modo. Invece un suono che dura abbastanza a lungo da poter avvertire modulazioni timbriche, di altezza ecc, è passibile di valutazione estetica.
Io ho goduto “musicalmente” del rumore prodotto da un cancello automatico che si chiudeva, che ci crediate o no. Mi ha catturato la ricchezza della modulazione timbrica del suo scricchiolìo e i brevissimi e labili pattern ritmici dati da occasionali schiocchi prodotti dalle meccaniche. Poi il boato fragoroso finale, dovuto alla chiusura del cancello, è stata una conclusione molto

Risposta
Luca
8/3/2015 10:05:10

Io ho goduto “musicalmente” del rumore prodotto da un cancello automatico che si chiudeva, che ci crediate o no. Mi ha catturato la ricchezza della modulazione timbrica del suo scricchiolìo e i brevissimi e labili pattern ritmici dati da occasionali schiocchi prodotti dalle meccaniche. Poi il boato fragoroso finale, dovuto alla chiusura del cancello, è stata una conclusione molto emozionante.
Ecco, mi espongo al pubblico ludibrio!
Quindi sì, ciò che ho detto, e lo ribadisco, è che potenzialmente tutto può essere musica.
Naturalmente alcuni eventi sonori sono interpretabili musicalmente molto più facilmente, e sia chiaro sempre che la maggiore o minore “musicalità”, per come l’ho definita io, non ha nulla a che fare con la bellezza di ciò che si percepisce: una semplice melodia ingenua ed ultra-banalissima ha per me il massimo della musicalità, nel senso che praticamente nessuno potrebbe negare che si tratta di musica, ma potrei considerarla una cosa bruttissima e noiosa. Allo stesso tempo so benissimo che il rumore del cancello è una cosa poco musicale, nel senso che generalmente non viene percepito musicalmente, ma a me è piaciuto molto. Vi rassicuro sul fatto che questa mia attenzione musicale per i rumori non ha sovvertito le usuali “gerarchie” degli ascolti: il cancello è stato divertente, ma non mi emoziona quanto Wagner, Louis Armstrong o i Pere Ubu, tranquilli!
La mia definizione “larga” di musica non ha l’intenzione, e comunque non ne avrebbe il potere, di togliere valore all’arte di comporre musica. Serve solo a tener conto di tutti i modi di comporre coi suoni e di tutti i modi in cui la musica si manifesta nella nostra psiche. Ma per nessuna ragione viene meno l’esigenza di studiare la teoria musicale e la tecnica strumentale per chi vuole creare musica: Robert Wyatt, John Coltrane e Aleksandr Skrjabin non esisterebbero senza lo studio, e la loro musica non può essere sostituita da alcun surrogato, ha un valore unico. E chiaramente non la troviamo di certo nell’ambiente.
Uno deve solo constatare che certi stimoli acustici producono, con una certa probabilità, determinati effetti in chi ascolta. Il compositore, partendo da ciò, può guidare con la sua volontà i fenomeni sonori per ottimizzarli in vista dei suoi fini (estetici ma anche solo edonistici), ed è così che poi si creano i vari generi, ognuno col suo senso preciso. Il rumore ambientale invece è casuale, e quindi ci vuole uno sforzo percettivo (bisogna allenarsi infatti a prestare totale attenzione al suono senza aspettative condizionanti, e non è facile) per coglierlo musicalmente e, anche quando ci si riesce, l’apprezzamento (stavolta nel senso positivo del termine, non nel senso neutro) è sempre, per forza di cose, limitato (al massimo si aggiunge la piacevole sorpresa di aver colto qualcosa da un evento sonoro puramente casuale).

Risposta
carlo pasceri
10/3/2015 03:26:27

Caro Luca, di nuovo ti ringrazio del tuo eccezionale intervento.
Su alcune cose convengo con te, per esempio sul fatto che siano insufficienti le definizioni di musica di quei personaggi illustri.
Tuttavia c’è subito un punto da chiarire: per te è “vitale” distinguere (e definire) tra la musica intesa dalla parte dell’ascoltatore e non del compositore; per me né l’uno né l’altro, perché sono tutti e due soggettivi. La musica per comprenderla dovremmo prenderla innanzitutto e più possibile per lei stessa come un oggetto, poi, eventualmente, per aggiungere elementi connotativi interessanti si possono prendere quei “punti di vista”. Altrimenti ci saranno delle deviazioni che deformano il “fenomeno” musicale, magari interessanti a livello psicologico-sociale, ma... Anche solo da qui discendono delle conseguenze fondamentali che ci portano a divergere.
Su una di fondo non siamo certo d’accordo, perché mi sembra ancora che tutto il tuo straordinario sforzo sia, scusa l’estrema sintesi, per esprimere la tesi che anche una sequenza di soli rumori può essere considerato musica, basta che l’ascoltatore la consideri tale! Allora logicamente per converso estremizzando potrei dire che per me un pezzo di Madonna non è musica? Mmmm… C’è qualcosa che non va.
Se invece quella è per te in ogni caso musica allora possiede determinate caratteristiche; se indagheremo le scopriremo facilmente: ci sono melodie e armonie oltre naturalmente ai ritmi. Gli eventi che non hanno quelle caratteristiche non sono musica; semplice. Ovviamente ci sono casualità, eccezioni e quant’altro, ma se non siamo disposti ad ammettere ciò, credo che siamo su di un piano del tutto soggettivo e astratto, e in quanto tale credo poco interessante in termini d’informazione oggettiva.
Pur rispettandola e come già scritto apprezzandola come sforzo intellettuale, mi sembra una posizione ultra-semplicistica che non illumini sul “fenomeno” musica né lo evidenzi nella sua eccezionalità della sua realtà fisica esterna, pertanto né per chi la riceve né per chi la produce. L’estremo soggettivismo psichico-estetico porta a questo un po’ in tutto, a un primitivismo panteistico super romantico che giustificando tutto spiega niente della cosa in sé; sia chiaro che tutti possono pensarla come meglio pare loro, ma si astengano .
Però alla fine la tua posizione sembra se non contraddittoria, almeno molto oscillante, e il tuo estremo “allargamento” non può non avere le conseguenze che però tu stesso hai tenuto a minimizzare, infatti scrivi: La mia definizione “larga” di musica non ha l’intenzione, e comunque non ne avrebbe il potere, di togliere valore all’arte di comporre musica”.
Magari non è tua intenzione togliere valore, ma sicuramente diminuisci e indebolisci; oltre a ciò, ribadisco, in questo modo se ne capisce di meno della musica, non di più. Però se ammetti esista il valore e l’arte di comporre musica (in altri passi sembra tu non lo ammetta) come fai a conciliare il resto? Le nuvole in cielo possono darci impressione e piacere come di ammirare una pittura o una scultura, ma non per questo lo sono.
E le tue disapprovazioni alle seppur parzialissime definizioni riportate, non mi sembrano del tutto centrate.
“La musica è ritmo prodotto per mezzo del suono”
“La musica è l'arte di combinare i suoni in maniera piacevole all’orecchio”
“La musica è arte del tempo”
La prima dovresti apprezzarla, anzi condividerla e diffonderla, considerato che tu affermi che musica è anche solo rumore e siccome il rumore può produrre solo ritmo (e non melodia e armonia).
La seconda poi è perfetta per la tua posizione esclusivamente soggettiva e psichica (la tua contestazione che si estende pure al fatto che in qualche modo non riconosci il primato alla produzione musicale nemmeno alla volontà umana, bè, insomma…).
E la terza è tanto laconica quanto vera: certamente la musica è arte del tempo, ed è l’unica in tal senso. Non mi pare che altre arti abbiano un rapporto analogo con il tempo. Quali?

Risposta
carlo pasceri
10/3/2015 03:29:01

E poi l’esempio del sordo che fai per contestarla, mina proprio quello che mi sembra sia il tuo assioma fondamentale in tutto quello che affermi, cioè che la musica è solo una realtà soggettiva interna all’ascoltatore: il sordo siccome non percepisce la musica la nega a prescindere dalla realtà oggettiva; come il cieco che non può leggere per lui la letteratura scritta nel libro o il quadro che ha davanti non esistono? Va bene così? Visione oscurantista, in tutti i sensi eh eh…
Tu affermi, rispondendo al mio rilievo inerente alla realtà esterna dei suoni: “Se uno vuole comporre o studiare la musica deve conoscere le caratteristiche della percezione sonora, che sta alla base della musica, e quindi naturalmente deve anche conoscere le caratteristiche dei singoli suoni e saper distinguere un rumore da una nota ben intonata ecc. Ma poi si può usare qualunque elemento se funzionale al proprio scopo estetico, ecco il punto.”
Non ti sembra un po’ contraddittoria? (Tra l’altro mai negata la libertà di usare qualsiasi elemento funzionale pure i rumori insieme con le note per creare musica: lungi da me!)
P.S.
Sintetizzando, per me musica è una organizzazione selettiva e combinatoria di suoni e silenzi disposti nel tempo (sicuramente di note ed eventuali rumori), che ha pertanto la peculiarità di generare melodie e armonie; oltre naturalmente agli inevitabili ritmi (che nel mondo sonoro sempre sono presenti, ma non per questo sono musica, anzi proprio per questo dimostrano che la musica è qualcos’altro, cioè melodie e armonie. Solo dei rumori, pure se organizzati in strutture di durate (ritmi), non possono essere considerati davvero musica, sono un simulacro, parziale e fittizio, di attività musicale: è solo un’ordinata realizzazione sonica (anche se realizzata volontariamente da umani).
Tutto sommato è molto semplice, per fare musica abbiamo necessità di un tipo particolare di suoni, quelli che chiamiamo note e di null’altro; se poi vogliamo accostare a ciò dei rumori, liberissimi di farlo, sempre di musica si tratterà. Ci saranno eccezioni che confermeranno la regola, come d’altra parte se per te musica è talvolta un cancello che si chiude e si apre, buon per te: però informami quanto dura quel tuo godimento se esposto a quella “musica” per il tempo medio non di una sinfonia o di un disco, ma di un brano Pop da radio!

Risposta
Luca
10/3/2015 12:59:17

Rispondo per punti, scusa la verbosità e gli errori che ci saranno.

Tu dici; “per te è “vitale” distinguere (e definire) tra la musica intesa dalla parte dell’ascoltatore e non del compositore; per me né l’uno né l’altro, perché sono tutti e due soggettivi.”

Io non nego la soggettività dei due punti di vista, anzi, la affermo fortemente nella mia definizione, che nasce proprio per rendere conto di questa soggettività. La soggettività è un elemento proprio della musica tanto quanto il fatto che è fatta di suono. L’esperienza musicale è una percezione, e le percezioni sono sempre soggettive. Intanto sia chiaro che la mia definizione tiene conto della soggettività dell’esperienza musicale MA NON È ESSA STESSA SOGGETTIVA!!! Anzi, è oggettiva perché comprende tutti i tipi di esperienza musicale.
Sia io che te siamo venuti al mondo millenni dopo la nascita del termine “musica”, secoli dopo alcune sue applicazioni principali e decenni dopo le sue ultime sfumature. Su quali basi possiamo arbitrariamente scartare alcune musiche rispetto ad altre? Perché dici che la musica è tale solo se c’è armonia o melodia? Perché la musica percussiva non è musica quando è sempre stata avvertita come tale dalla maggior parte delle persone (anche da chi la denigrava, sia chiaro!) ? Scusami, ma se stai selezionando gli elementi che per te contano scartando tutti gli altri va benissimo, ma allora è più giusto che tu usi un termine diverso: “musica” esiste da prima, e il 99% delle persone lo usa in accezioni inconciliabili con la tua. Tra l’altro la tua scelta è arbitraria quanto quella di chiunque altro, e difatti occasionalmente qualcuno si è levato a dire che il jazz non era musica, il rock non era musica, la musica non occidentale non era musica, ecc. Capisco che a te interessi un particolare tipo di musica, con determinate caratteristiche, ma questo non implica in alcun modo che si debba considerare solo quella come “musica”, altrimenti si creerebbe confusione nel parlare con gli altri. Anche a me può non piacere la pittura astratta, ma non posso dire che Kandinskij non sia un pittore e che i suoi non siano quadri, creerei solo confusione. E comunque logicamente non torna, visto che sto usando termini che non ho coniato io ma ho trovato “per strada”, e quindi devo tener conto di come sono stati sempre usati, e Kandinskij, per come si intende normalmente la pittura, è un pittore. Al massimo posso dire che la sua è pittura scadente, degenerata, brutta ecc. Ma è pittura!
Le parole servono per comunicare, quindi una definizione dev’essere data con lo scopo di convincere gli altri ad adottarla, in modo da poterla usare nelle discussioni. Non possiamo trascurare gli altri dunque!
Se “musica”, in un certo momento della storia dell’umanità, si fosse consolidato come termine tecnico ben preciso, accettato per convenzione all’unanimità, come avviene per le definizioni della scienza, allora sì, sarebbe giusto rivendicarne l’uso corretto, insistendo col dire che “musica” significa, per esempio, “organizzazione di suoni legati da rapporti armonici e melodici”, ma la verità è che è un termine che per tantissimi secoli è stato usato senza che ci si preoccupasse di definirlo bene, e quando poi qualcuno ci ha pensato, ha dato una definizione che non è stata accolta ed accettata dal resto del mondo, e parallelamente ne sono fiorite altre con lo stesso destino. E mentre accadeva questo la musica è evoluta, prendendo strade che solo 100 anni prima sarebbero apparse mostruose e non musicali. Quindi se oggigiorno decidiamo di trovare una definizione utile di musica dobbiamo trovarne una che includa tutti gli ambiti a cui si è applicato finora questo termine. Non c’è altra scelta, perché “musica” ora è questo: i canti dei pigmei, il gamelan giavanese, il jazz modale, la musica techno ecc. Se a te interessa solo la musica tonale, puoi parlare di musica tonale, anzichè di musica. Se ti interessa solo la musica polifonica, puoi parlare di musica polifonica, se ti interessa solo la musica che fa uso di suoni ad altezze definite puoi inventare un termine per questo (mi pare che in questo caso non esista già un termine), ecc. “Musica” deve tener conto di tutti i campi, e quindi la sua definizione deve contenere solo gli elementi che li accomunano tutti e che li distinguono da quelli che invece non sono mai stati considerati “musica”. Questi elementi sono oggettivi e la mia definizione intendeva cogliere proprio queste oggettività. E c

Risposta
Luca
10/3/2015 13:00:21

E credo che in effetti la mia definizione sia oggettiva! È il fenomeno che ha un certo grado di soggettività, ma la definizione lo coglie oggettivamente. E non è certo il solo caso in cui si definisce oggettivamente un fenomeno caratterizzato da soggettività, per esempio il dolore è un’esperienza soggettiva, ma se ne danno definizioni oggettive.
Poi credo che non sia una definizione inutile: questa definizione delimita in maniera sicura il territorio di indagine, tanto quanto la tua. Solo che la tua lascia fuori un sacco di cose sulla base di criteri tuoi che io, per le esigenze che ho, non mi sento di sposare. Alla fine la definizione deve servire solo a delimitare i confini, e questo la mia definizione lo fa.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:01:30

Sempre tu: “La musica per comprenderla dovremmo prenderla innanzitutto e più possibile per lei stessa come un oggetto, poi, eventualmente, per aggiungere elementi connotativi interessanti si possono prendere quei “punti di vista”. “

Per quanto riguarda la prima frase, è esattamente quello che sto facendo io: non ci si basa sul contesto (quindi, per esempio, sull’attività del comporre) ma sull’oggetto stesso, solo che, ed ecco che vengo alla tua seconda frase, l’oggetto è esattamente una percezione soggettiva, ossia quei “punti di vista” che per te sono solo accessori. So che col termine “musica” si indicano anche uno studio scientifico ed un’attività artistica, ma queste due attività sono, esattamente, lo studio DELLA MUSICA e l’arte DELLA MUSICA. Quindi si vede bene che queste accezioni del termine sono solo estensioni, l’oggetto vero è il fenomeno sonoro riconosciuto come musica, non l’attività del comporre o altro. Il fenomeno sonoro inteso in senso strettamente fisico non è mai musica perché è solo una sensazione, non una percezione. La sensazione è un dato sensibile non ancora elaborato dal cervello, la musica invece nasce dal mettere in relazione i dati sensibili (come dicevamo altrove, la musica è un’operazione di calcolo inconscia), ed è quindi una percezione. La tua definizione di musica comunque forse non è poi così centrata sull’oggetto visto che fa riferimento a concetti, come armonia e melodia, che rimandano al comporre o allo studiare la musica, e quindi è una definizione che non riesce ad essere strettamente empirica ma presuppone delle premesse culturali che la condizionano: è come se non riuscissi a dimenticarti che ciò che stai sperimentando è frutto di un’attività. Ma in questo modo stai aggiungendo all’esperienza empirica delle nozioni puramente culturali che provengono dalla tua esperienza.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:03:02

“Altrimenti ci saranno delle deviazioni che deformano il “fenomeno” musicale, magari interessanti a livello psicologico-sociale, ma... Anche solo da qui discendono delle conseguenze fondamentali che ci portano a divergere.”

Se non hai sperimentato l’interpretazione musicale del rumore ovviamente non lo puoi sapere, ma ti assicuro, per quello che può valere la mia parola (ma non sono l’unico a sostenere queste cose), che se arrivo ad estendere la definizione di musica a certi fenomeni sonori che tu invece valuti come non musicali è perché l’esperienza che ho potuto farne l’ho riconosciuta come identica a quella che mi provoca Bach (ricorda che io non sto parlando di apprezzamento estetico ma di percezione estetica, temo che questo sia un punto su cui è facile fare confusione: io non dico che il rumore è bello quanto Bach, ma che l’ascolto di entrambi può mettere in moto le stesse facoltà mentali di valutazione estetica, poi chiaramente i risultati della valutazione saranno diversi, ma questo vale anche quando ascolto Madonna rispetto a Beethoven, però credo tu consideri musica entrambi, no?). Così come Bach da solo non necessariamente produce esperienza musicale: se sono amusico è solo suono, se sono distratto o sto dormendo posso non esserne cosciente (anche se l’orecchio lo capta comunque, perché l’orecchio non stacca mai! È lo stesso fenomeno per cui, in mezzo ad una folla, ascoltiamo solo quello che ci dice il nostro interlocutore, non badando minimamente a ciò che si dice attorno a te e lui, però poi basta che qualcuno della folla ti nomini per farti portare l’attenzione su di lui, dimostrando che sentiamo più di quanto illuminato dalla nostra coscienza).
Ma tornando più precisamente a quello che dicevi tu, no, non ci sono deformazioni del fenomeno musicale con la mia definizione, perché il fenomeno musicale è un’esperienza di valutazione estetica del suono, e questa è graniticamente sempre identica, sia che si ascolti Hendrix sia che si ascoltino i giri del motore. Saranno i risultati di questa valutazione a differire, ma, ripeto, questo accade anche ascoltando due diversi sinfonisti o due diversi chitarristi rock.
Se poi per “deformazione” del fenomeno musicale ti riferisci a nuove sperimentazioni musicali, alla nascita di nuovi generi, beh, questa alla fine è la fisiologica evoluzione del linguaggio, ed è ciò che è accaduto dai flauti in osso del paleolitico alla musica Trance, passando per le melodie a picco tribali, per le ragas indiane, per il canto gregoriano, per l’ars antiqua, il melodramma, le sinfonie romantiche, il bebop ecc.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:04:10

“mi sembra ancora che tutto il tuo straordinario sforzo sia, scusa l’estrema sintesi, per esprimere la tesi che anche una sequenza di soli rumori può essere considerato musica, basta che l’ascoltatore la consideri tale! Allora logicamente per converso estremizzando potrei dire che per me un pezzo di Madonna non è musica? Mmmm… C’è qualcosa che non va.”

Il fatto è che la musica è una percezione, in quanto percezione vive nell’istante, non è una cosa che, nella sua accezione primaria, possa essere considerata eterna (anche senza addentrarci, come farò a breve, nel mio modo di vedere le cose, basta dire che la canzone di Madonna, ne converrai anche tu, è musica finché viene suonata, prima che inizi e dopo che è finita non c’è musica). Poi ci sono le estensioni del concetto a cui ho accennato prima, ma lì è un altro discorso.
Quindi non si può dire che Madonna è musica o non lo è, si può dire se, mentre la ascolto, la sto avvertendo come musica o no. La musica non è la canzone di Madonna, ma una sua possibile (in questo caso non solo possibile, ma estremamente probabile) interpretazione percettiva. Certo, se una persona affetta da amusia ascoltasse Madonna non avvertirebbe musica, come ho già detto. La musica, in quanto percezione, è interazione tra stimolo (esogeno o endogeno) e coscienza che lo sperimenta, quindi è sempre fondamentale la disposizione psichica di chi ascolta. Poi chiaramente ci si rende conto che alcuni fenomeni sonori si prestano molto più di altri ad essere percepiti musicalmente, e in questo caso specifico sappiamo che Madonna è estremamente musicale, così come il fruscio di un lenzuolo è invece estremamente non musicale. Se uno vuole essere davvero rigoroso deve ammettere che un albero che cade nella foresta non fa rumore, se non sei lì a registrarlo. Allo stesso modo se Madonna suona ma sul momento non ho gli strumenti per captarla come musica (sono amusico, sordo, addormentato, distratto, ecc) non vivrò l’esperienza musicale. Nel cercare di carpire la natura di una cosa non possiamo che essere empiristi inizialmente, poi le implicazioni concettuali, culturali ecc verranno dopo incrociando i vari dati empirici.
Se la musica è frutto di creatività umana, ascoltando da cd la registrazione di un fenomeno naturale confondibile con della musica comunemente intesa, come posso stabilire che dietro non c’è una creatività umana? Ecco il rischio di affidarsi al riconoscimento dell’artista.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:05:45

Sempre utilizzando come esempio Madonna mi hai scritto:

“Se invece quella è per te in ogni caso musica allora possiede determinate caratteristiche; se indagheremo le scopriremo facilmente: ci sono melodie e armonie oltre naturalmente ai ritmi. Gli eventi che non hanno quelle caratteristiche non sono musica; semplice.”

No, come ti dicevo, per me non è sempre musica. Poi le caratteristiche di cui parli tu le ha, ma chi decide che sono quelle a qualificarla come musica? E allora come si spiega che, pur avendole, posso non percepire Madonna come musica? E come si spiega il fatto che suoni che non ce le hanno possono essere sperimentati come musica? E perché un evento naturale che produce qualcosa di riconoscibile come frammento melodico non è musica?
E soprattutto, melodia ed armonia non sono fenomeni percettivi (e quindi soggettivi, istantanei ecc)? L’amusico non li distingue, ripeto (e sto sempre facendo l’esempio più estremo per chiarezza, ma in realtà ci sono situazioni molto più quotidiane in cui ognuno di noi può non avvertire queste cose)!
Quello che c’è a prescindere, ed è qui che secondo me si confonde la mappa con il territorio, è la formalizzazione analitica che è stata data (a posteriori) come strumento di lavoro per studiosi e musicisti. L’armonia e la melodia in quanto regole, anziché in quanto percezioni, non sono musica ma teoria della musica. Così come la luce è un fenomeno percettivo e non le equazioni di Maxwell, che servono solo a descriverne le proprietà. Le equazioni di Maxwell non abbronzano!

Risposta
Luca
10/3/2015 13:07:11

“se non siamo disposti ad ammettere ciò, credo che siamo su di un piano del tutto soggettivo e astratto, e in quanto tale credo poco interessante in termini d’informazione oggettiva.”

Una definizione si crea perché funga da strumento per raggiungere uno scopo, e a me serviva uno strumento in grado di includere tanto il canto khoomei mongolo-tuvano quanto le sonate di Beethoven, quindi mi serviva una definizione come quella che ho trovato. La tua sarà buona per i tuoi scopi, ma per me è troppo limitante (in effetti è una definizione che lascia fuori almeno il 50% della musica esistente!), quindi nessuno dei due ha sbagliato nella selezione, tutto dipende dai propri intenti. Però secondo me tu forse non dovresti usare il termine “musica”, che storicamente non si è limitato al campo in cui lo stai costringendo, ma un altro termine. Questo per quanto riguarda l’appropriatezza della scelta del termine. Poi, per quanto riguarda l’utilità pratica della parola, perché la mia definizione è meno utile della tua? Tu hai discriminato ciò che ti interessava (la musica con melodia e armonia) da ciò che non ti interessava, il resto. Io ho fatto la stessa cosa: ho discriminato ciò che mi interessava (il suono percepito esteticamente) da ciò che non mi interessava (il suono non percepito esteticamente).
Parlando più prosaicamente, una concreta applicazione utile della mia definizione si può trovare in campi come la filosofia estetica, la psicologia della musica o la musicologia. Nella filosofia estetica dare questa definizione, confrontata con altre analoghe date per esperienze diverse, può consentire di inquadrare meglio il problema più generale di definire l’esperienza estetica (non solo uditiva), e magari chiarire meglio il ruolo delle proporzioni tra le parti, la loro interazione con la nostra mente ecc. In psicologia della musica può portare alla luce dei meccanismi mentali innati magari coinvolti anche in altri ambiti (con ricadute interessanti in medicina probabilmente), magari illuminando anche i compositori sul perché “neurologico” per cui certe scelte musicali funzionano in un modo o in un altro e ispirando loro nuove soluzioni per ottenere nuovi effetti. In musicologia questa definizione può evitare fraintendimenti, che sono tipici e frequenti normalmente, nell’approccio a culture diverse dalle nostre. Infatti consente di porre le domande in maniera meno ambigua e di interpretare meglio le risposte senza che la nostra cultura ci faccia deformare ciò che raccogliamo. Sono cose un po’ complicate queste, me ne rendo conto, ma in molti casi mi è capitato di vedere che una definizione ben data avrebbe consentito di inquadrare meglio il problema.
Del resto ricordi la discussione sulla “musica animale”? Il motivo per cui ho inquadrato correttamente il problema parlando degli uccelli è che, tenendo a mente la mia definizione, ho potuto distinguere tra mia percezione e loro intenzione, e dunque, sebbene il cinguettio del tordo eremita fosse simile ad un riff jazzistico, non ho attribuito facoltà musicali a questo uccello.
Ecco l’utilità di questa definizione!

Risposta
Luca
10/3/2015 13:08:15

“mi sembra una posizione ultra-semplicistica che non illumini sul “fenomeno” musica né lo evidenzi nella sua eccezionalità della sua realtà fisica esterna, pertanto né per chi la riceve né per chi la produce.”

Non mi sembra una posizione ultra-semplicistica: è piena di passaggi sottili, ha un grosso potere predittivo e tiene conto di tutto il ventaglio di fenomeni che cadono sotto il termine “musica” senza includerne di estranei nemmeno come eccezione. E secondo me non si può dire nemmeno che non illumini sul fenomeno musica, visto che mette in luce proprio la cosa più importante, quella che accomuna tutte le musiche senza includere cose esterne, e cioè il fatto che la musica è suono percepito esteticamente! Tu dici che non evidenzia l’eccezionalità della sua realtà fisica esterna, ma la musica non ha una realtà esterna, e le cose di cui parli tu, armonia, melodia ecc, sono reali e importantissime, ma sono modelli predittivi che sorgono a posteriori e che giacciono nel dominio della logica, non in quello della musica. Sono strumenti in mano al musicista e al musicologo, ma non sono la musica! Così come le equazioni di Maxwell non sono la luce ma un modello matematico che permette di predire o produrre fenomeni in cui la luce è coinvolta. Ancora una volta la storia della mappa e del territorio. Un’osservazione empirica può essere descritta matematicamente in tanti modi diversi, non ce n’è uno giusto mentre gli altri sono sbagliati, spesso si afferma un modo solo perché è più pratico! Con la musica è la stessa cosa: posso predire e produrre percezioni musicali grazie alla teoria musicale tradizionale, ma in linea puramente teorica non posso escludere di poter fare previsioni altrettanto accurate (o addirittura più accurate) utilizzando concetti e procedure completamente differenti.
Vorrei fare l’esempio della riorganizzazione tonale fondata sulla scala lidia di Russell, ma effettivamente non ne so abbastanza e potrei dire boiate, quindi torno su un campo che conosco leggermente meglio.
In fisica capita che certi fenomeni possano essere descritti da diversi modelli, egualmente coerenti e sensati. In cosmologia esistono diversi modelli di universo che si equivalgono per adesione alle osservazioni empiriche, nella fisica classica l’approccio newtoniano e quello variazionale, diametralmente opposti, danno gli stessi identici risultati, senza contraddirsi.
Anche quando si aprì la disputa tra geocentrismo ed eliocentrismo accadde che la teoria di Galileo nasceva per render ragione del moto degli astri osservato dalla terra, che presentava delle incongruenze con la classica visione geocentrica, ma presto gli rispose Athanasius Kircher con un modello geocentrico diverso da quello tradizionale in grado di spiegare quelle anomalie con coerenza.
Solo ulteriori osservazioni successive hanno potuto far abbandonare uno dei due sistemi, ma in quel momento entrambi descrivevano bene i moti celesti per come venivano osservati.
Questo fa capire bene quanto le formule e le regole non siano la realtà ma una modellizzazione approntata dal nostro cervello.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:10:18

“L’estremo soggettivismo psichico-estetico porta a questo un po’ in tutto, a un primitivismo panteistico super romantico che giustificando tutto spiega niente della cosa in sé; sia chiaro che tutti possono pensarla come meglio pare loro, ma si astengano .
Però alla fine la tua posizione sembra se non contraddittoria, almeno molto oscillante, e il tuo estremo “allargamento” non può non avere le conseguenze che però tu stesso hai tenuto a minimizzare, infatti scrivi: La mia definizione “larga” di musica non ha l’intenzione, e comunque non ne avrebbe il potere, di togliere valore all’arte di comporre musica”. “

L’estremo soggettivismo psichico-estetico non lo sto postulando io però, è nella natura delle percezioni la soggettività!
Parli di “giustificare tutto”, ma io non ne sto facendo una questione di qualità estetica, io parlo solo di facoltà estetica. Io non ho MAI detto che il rumore è bello quanto la musica, ma solo che può essere, anch’esso come la musica, giudicato bello o brutto. Sono due cose diversissime! E se pensassi che il rumore vale quanto la musica dovrei spiegare perché è stata inventata la musica allora, ma non è quello che penso naturalmente.
Se ho capito bene tu pensi che la mia definizione delegittimi o svilisca la musica che interessa a te, ma spiegami il motivo perché a me non sembra.
La musica tradizionalmente intesa si apprezza perché si attiva una certa facoltà critica della nostra mente. Quello che sto dicendo è che questa facoltà critica può essere attivata sempre se ci si esercita a padroneggiarla consapevolmente. In che modo questo rende meno validi Bach, Vivaldi, i Led Zeppelin e Duke Ellington? E in che modo questo toglie valore allo studio dell’armonia, del contrappunto, della tecnica strumentale?
Il musicista studia gli strumenti che servono ai suoi fini: se a te interessa solo la musica fatta di note e accordi, studierai armonia e contrappunto. Se sei un musicista che desidera, potenzialmente, saper scrivere ogni tipo di musica (lasciamo stare la sensatezza o meno di un desiderio simile, ora mi serve come esempio), non devi mica abbandonare l’armonia e il contrappunto! Devi solo aggiungervi uno studio dei timbri sonori, della psicologia della percezione, di tecniche informatiche ed elettroniche ecc. Questa prospettiva non toglie nulla ai musicisti, ma, anzi, dà loro molte cose in più, senza danneggiare ciò che già avevano.
Comunque, molto più semplicemente, l’estremo soggettivismo ecc non rischia di portare a quello che dici tu, perché non è un soggettivismo della definizione, come ti dicevo. La soggettività sta nella percezione, la mia definizione è oggettiva e offre direttive solide e affidabili.

La mia definizione non toglie nulla all’arte di comporre musica: la musica tonale ha annullato la bellezza della musica modale e l’esigenza di studiarne le regole per replicarla? La musica dodecafonica ha eliminato la bellezza della musica fortemente tonale e l’esigenza di studiarne le regole per replicarla? Il riconoscere il potenziale estetico dei rumori aumenta solo la tavolozza emotiva del musicista, non nega tutto il resto, perché dovrebbe?
Poi il fatto di riuscire a percepire esteticamente un suono (e la mia definizione in realtà poggia solo su questo) non significa apprezzarlo esteticamente. Apprezzarlo esteticamente a sua volta non significa considerarlo bello a livelli comparabili con la musica comunemente intesa. E se anche fosse (ed è impossibile per motivi fisiologici comunque, quindi sia chiaro che questa è solo un’ipotesi per assurdo), sarebbe solo una questione di gusti, così come c’è gente che preferisce il jazz alla classica o il reggae al rock, quindi non vedo perché preoccuparsi.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:11:48

“in questo modo se ne capisce di meno della musica, non di più”

Ma penso di aver chiarito, nelle righe precedenti, che invece si capiscono cose molto importanti.
Le definizioni che lasciano fuori invece dei fenomeni che qualcuno considera musica generano confusione secondo me.
Poi una definizione fondata su elementi specifici come l’armonia e la melodia non rischia di bloccare lo sviluppo della musica? Io credo che sia meglio individuare caratteristiche generali che possono manifestarsi nel particolare in tanti modi diversi (alcuni già noti, altri ancora da scoprire). Quando trovi la regola generale hai capito veramente una cosa, perché ti permette di produrre e predire, di manipolare, creare, sviluppare. Quando individui alcuni particolari rischi invece di fossilizzarti..

Risposta
Luca
10/3/2015 13:13:03

“Però se ammetti esista il valore e l’arte di comporre musica (in altri passi sembra tu non lo ammetta) come fai a conciliare il resto? Le nuvole in cielo possono darci impressione e piacere come di ammirare una pittura o una scultura, ma non per questo lo sono.”

Non so in quali passi io possa aver dato l’impressione di non ammettere il valore e l’arte di comporre musica, ma è un pensiero assolutamente lontano da tutto ciò che ho tentato di dire finora, probabilmente spiegandomi male.
L’esempio delle nuvole non è corretto comunque: se io apprezzo esteticamente la forma delle nuvole, sto vivendo un’esperienza estetica, sì, ma per la quale non esiste una parola in italiano. Non esiste una parola in italiano, o per lo meno a me non viene, per indicare l’esperienza estetica legata a stimoli visivi. Le nuvole non saranno mai pitture e sculture perché questi termini non indicano l’esperienza estetica legata a stimoli visivi, ma il prodotto dell’uso di certi materiali e strumenti. Non sono affatto l’analogo logico di “musica” per i fenomeni uditivi.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:14:26

“E le tue disapprovazioni alle seppur parzialissime definizioni riportate, non mi sembrano del tutto centrate.
“La musica è ritmo prodotto per mezzo del suono”
“La musica è l'arte di combinare i suoni in maniera piacevole all’orecchio”
“La musica è arte del tempo”
La prima dovresti apprezzarla, anzi condividerla e diffonderla, considerato che tu affermi che musica è anche solo rumore e siccome il rumore può produrre solo ritmo (e non melodia e armonia).
La seconda poi è perfetta per la tua posizione esclusivamente soggettiva e psichica (la tua contestazione che si estende pure al fatto che in qualche modo non riconosci il primato alla produzione musicale nemmeno alla volontà umana, bè, insomma…).
E la terza è tanto laconica quanto vera: certamente la musica è arte del tempo, ed è l’unica in tal senso. Non mi pare che altre arti abbiano un rapporto analogo con il tempo. Quali?”

La prima è una definizione sbagliata perché il ritmo prodotto tramite suono non definisce la musica! Se il ritmo è un semplice susseguirsi di eventi nel tempo, esso è riconoscibile in tutti i fenomeni sonori, non solo in quelli musicali. Se il ritmo è invece un susseguirsi di eventi caratterizzato da regolarità o rapporti gerarchici, dobbiamo riconoscere che può esistere musica in cui questo elemento non è sempre chiaramente ravvisabile. Ma soprattutto dobbiamo prendere atto del fatto che anche nel linguaggio parlato, nella sirena delle ambulanze, nei messaggi in codice Morse ecc noi ritroviamo delle regolarità, le quali però non ci portano sempre a considerare questi suoni come musica.
Tu dirai: “Ma come, prima hai detto che queste cose possono essere musica!”
Certo, ma non in virtù del ritmo, per quanto appena detto! Diventano musica se ci si dispone a percepirle esteticamente! Il ritmo non c’entra!

Per quanto riguarda l’osservazione sulla seconda definizione: io definisco la musica sulla base della possibilità di valutarla esteticamente, non sulla base del considerarla piacevole. Sono due cose diverse: posso considerare una cosa passibile di giudizi estetici senza darne, posso dare un giudizio estetico ma negativo (“questa musica è brutta!”), posso trovare piacevole una cosa senza trovarla bella (perché esistono piaceri di tipo diverso da quello estetico), ecc.
Poi sul discorso sulla volontà umana c’è un piccolo equivoco: non si deve fondare il riconoscimento di una cosa come musica sull’autore perché, a rigore, non sempre si può conoscere l’autore, oppure l’attribuzione è ambigua. Se una balena fa una cosa che mi sembra musica come mi regolo, non potendo immaginare in alcun modo cosa avvenga nella testa di una balena? Se un fenomeno naturale mi produce, per puro caso, una melodia, devo fingere di non averla recepita come una melodia? Se sogni un chitarrista che sta suonando una musica originale, chi è l’autore? Tu presumo, ma allora lo vedi che l’esperienza musicale finisce con l’essere ricondotta per forza di cose all’ascoltatore?
Se io ti porto un cd con registrata una brevissima melodia eseguita da uno strumento che non conosci, con l’esecutore che sembra amare molto il rubato, potresti poi stupirti nello scoprire che quella che hai sentito è solo la registrazione di gocce d’acqua che, all’interno di una caverna, cadono producendo diverse note. Però prima avresti detto con sicurezza che si trattava di musica (bella o brutta non importa) !

Per quanto riguarda la terza definizione: intanto Stravinsky dovrebbe spiegarmi di preciso cosa intende per “arte del tempo”, ma purtroppo è morto. È l’arte di manipolare il tempo? In che senso? O è un’arte che si esprime nel tempo? Un’arte che marca il tempo rendendoci consapevoli di esso?
Quale che sia la definizione, queste cose le fa qualsiasi arte costituita da eventi che si succedono nel tempo: il cinema, il teatro, la danza (anche se venisse effettuata senza musica), la pantomima, ecc.
Anche una semplice successione di segnali luminosi sarebbe “arte del tempo”.

Risposta
Luca
10/3/2015 13:15:16

“E poi l’esempio del sordo che fai per contestarla, mina proprio quello che mi sembra sia il tuo assioma fondamentale in tutto quello che affermi, cioè che la musica è solo una realtà soggettiva interna all’ascoltatore: il sordo siccome non percepisce la musica la nega a prescindere dalla realtà oggettiva; come il cieco che non può leggere per lui la letteratura scritta nel libro o il quadro che ha davanti non esistono? Va bene così? Visione oscurantista, in tutti i sensi eh eh…”

Ma io non ho mai detto che tutte le persone del mondo sono in grado di sperimentare la musica, anzi, ti ho citato diverse volte l’amusia. E questa cosa semmai conferma che la musica è un’esperienza soggettiva, non la mina affatto!
I colori esistono fuori dal cervello? Esistono sempre e comunque (se spengo la luce non li vedo) e per tutti (anche senza andare a pescare i ciechi, pensa a come vedono i daltonici)?
L’occhio rileva stimoli luminosi, ma vengono tradotti in colore solo dopo, e solo se l’apparato adibito alla trasduzione non ha problemi.
Per il suono è la stessa cosa: fuori di noi ci sono solo onde di pressione, il suono nasce grazie ad una trasduzione, è quindi frutto di una facoltà umana (che non è quella del compositore, ma quella dell’ascoltatore!) per quanto automatica e inconscia. E un sordo dalla nascita difetta semplicemente di questa facoltà.
In tutto ciò, lo ripeto ancora, io non nego l’oggettività dell’esistenza della musica, e la mia definizione è essa stessa oggettiva. Io nego l’oggettività del suo riconoscimento. È come se io dicessi ad un cieco che le melanzane sono gli ortaggi viola”: il cieco non mi contesterebbe l’esistenza delle melanzane, ma mi direbbe che non sono viola, che viola non significa niente per lui. Ma ciò non significa che lui stia negando l’oggettività delle melanzane!
Il suono esiste oggettivamente, ma non è sperimentabile da tutti allo stesso modo. La musica esiste oggettivamente, ma non è sperimentabile da tutti allo stesso modo. Tutto qua.
“La musica è suono percepito esteticamente” è una definizione buona quanto “La corsa è una camminata spedita” (vabbè, è un esempio). Il fatto che non tutti possano camminare, visto che c’è gente che non ha nemmeno le gambe, non inficia l’oggettività dell’esistenza della corsa. Però chi è nato senza gambe non saprà mai che sensazioni implica la corsa. Può capire che è utile per fuggire da un pericolo, ma non capirà mai bene in che modo è stancante e perché ad alcuni piaccia correre. Così come un sordo può capire benissimo che esiste la musica, e che è utile perché dà un qualche tipo di godimento, ma non capirà mai davvero il tipo di godimento, né capirà mai che differenza c’è tra una musica bella ed una brutta, nemmeno studiando l’armonia a livello teorico (e questo è indicativo!) !

Risposta
Luca
10/3/2015 13:16:25

“Tu affermi, rispondendo al mio rilievo inerente alla realtà esterna dei suoni: “Se uno vuole comporre o studiare la musica deve conoscere le caratteristiche della percezione sonora, che sta alla base della musica, e quindi naturalmente deve anche conoscere le caratteristiche dei singoli suoni e saper distinguere un rumore da una nota ben intonata ecc. Ma poi si può usare qualunque elemento se funzionale al proprio scopo estetico, ecco il punto.”
Non ti sembra un po’ contraddittoria? (Tra l’altro mai negata la libertà di usare qualsiasi elemento funzionale pure i rumori insieme con le note per creare musica: lungi da me!)”

Perché è contraddittoria? Non ho capito!

“Sintetizzando, per me musica è una organizzazione selettiva e combinatoria di suoni e silenzi disposti nel tempo (sicuramente di note ed eventuali rumori), che ha pertanto la peculiarità di generare melodie e armonie”

Però, ripeto, questa è una tua arbitraria, per quanto legittima, selezione. Personalmente non vedo perché scartare il canto gregoriano perché non ha armonia o la musica puramente percussiva perché non ha nemmeno melodia.
Tra l’altro con “melodia” che intendi? Se è la semplice successione di note un cinese che parla sta facendo musica, essendo la sua una lingua tonale (giusto per fare l’esempio più evidente, ma potrei dire la stessa cosa di qualsiasi linguaggio)?

Risposta
Luca
10/3/2015 13:17:52

“oltre naturalmente agli inevitabili ritmi (che nel mondo sonoro sempre sono presenti, ma non per questo sono musica, anzi proprio per questo dimostrano che la musica è qualcos’altro, cioè melodie e armonie.”

Ancora una tua personale scelta, che sarà sicuramente giustificata dal tipo di fini che ti poni, però si presta a fraintendimenti se non dichiari le tue motivazioni.

“Tutto sommato è molto semplice, per fare musica abbiamo necessità di un tipo particolare di suoni, quelli che chiamiamo note e di null’altro”

E chi lo dice? Qua la tua teoria fa a pugni con la realtà: dal momento che esiste gente che apprezza le composizioni rumoristiche, evidentemente non ci servono per forza le note. Poi per quale motivo ci sia gente che riesce a fare a meno delle note è un mistero da scoprire, ma a quanto pare questa gente esiste!

“se per te musica è talvolta un cancello che si chiude e si apre, buon per te: però informami quanto dura quel tuo godimento se esposto a quella “musica” per il tempo medio non di una sinfonia o di un disco, ma di un brano Pop da radio!”

Io ascolto abitualmente composizioni interamente rumoristiche di 20 minuti, se ben fatte le apprezzo molto (anche il fatto che qualcuno, come me, riesca a discernere tra pregevole e spregevole fattura in questo campo fa capire che c’è un’arte della composizione anche qua!).

Risposta
carlo pasceri
11/3/2015 00:36:28

Francamente troppe parole per esprimere una cosa semplicissima (quanto non logicamente utile) come quella che per te qualsiasi evento sonoro, se ben disposti esteticamente, è musica (quindi si è legittimati a chiamarla musica).
L’altro tuo ostinato cavallo di battaglia è affermare che la musica non è una realtà esterna ma solo psichica. Comprendo che solo legando queste due cose (e un mare di parole) tu possa tentare di portare avanti la tua provocatoria tesi.
E ti ostini benché ci colpisca energeticamente e la possiamo percepire solo perché si produce percuotendo, nel mondo fisico e reale, un corpo, e mediante un mezzo (di solito l’aria) arriva a far vibrare le nostre orecchie. Ah ma forse se non siamo ben disposti a livello psichico…
La musica ci colpisce con peculiarità perfettamente misurabili, peculiarità fisiche di speciali vibrazioni che noi dopo abbiamo chiamato note, armonie e melodie, ma che tu contesti chiamandoli teorie e modelli predittivi e li parifichi a delle equazioni, confondendo, non so a questo punto se apposta o no, cause con effetti.
Non sono teorie sono fatti fisici che si producono (dopo li abbiamo razionalizzati e tramite queste razionalizzazioni ne abbiamo prodotta ancora di musica fisica). Le note che fanno melodie e armonie sono solo il nome che qualcuno ha dato dopo a quelle vibrazioni straordinarie, sovrannaturali, e che ci colpiscono con un’energia simile alla luce. Anzi di più, considerato che attraversa i muri facendoli pure vibrare.
Ma comprendo che questo per te è un punto che tenti di superare a tutti i costi, per poter propalare la tua concezione di musica.
A mie lineari, argomentate e decisive affermazioni, come note, melodie e armonie, oppure a miei rilievi alle tue contraddizioni e sofismi, ti vedi costretto a scrivere ancor più fiumi di parole e inondare di sofismi moltiplicando il tutto per tentare di contrastare e riparare, confondendo. Ne hai scritte così tante che mi è troppo ingrato il compito di contestartele ancora, ormai francamente lo ritengo controproducente.
La tua è’ una posizione così estrema che la trovo a questo punto soltanto provocatoria, quasi una presa in giro, e oltre non sono disposto ad andare.
Basterebbe leggere bene come hai trattato le tre definizioni di musica che hai riportato e che io per primo affermo che sono parziali e insufficienti: per me! Per te non dovrebbero essere così lontane, anzi… Però no, le contesti contraddicendoti immediatamente.
Anche solo la prima, all’inizio dici che la definizione di Mozart non va bene: perché “quella di Mozart, include un sacco di fenomeni non musicali. Un fabbro che batte su un incudine produrrebbe musica secondo questa definizione.”
Perché quei rumori del fabbro non potrebbero essere musica per TE (o chi per te) quando ben disposto esteticamente?
Però no, non tentare di spiegarmelo, ci credo! Ecco, basta così dai, vabbè che il titolo recita ... che confusione! Ma a tutto c'è un limite...(Comunque grazie Luca, ho imparato un mucchio di cose, dico davvero.)

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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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