I Gong sono un validissimo gruppo il cui periodo d’oro è legato agli anni ’70 ma che, al contrario di altri gruppi dello stesso periodo, è meno conosciuto e apprezzato profondamente. Il suo fondatore, Daevid Allen, cantante-chitarrista membro originale dei Soft Machine ma uscito dal gruppo prima dell’incisione dell’album d’esordio, ha ripreso la lezione zappiana (spirito freak e accostamenti pazzi) infarcendola e acidificandola con motivi psichedelici-orientaleggianti-fantascientifici pinkfloydiani (senza la paranoia dei Floyd ma con ironia) alternandoli a melodie infantili. Ipnotici e asimmetrici.
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Dopo il post di ieri su Mike Stern, sempre in tema di Fusion, credo sia necessario un piccolo approfondimento su cosa determini questo genere. È facile immaginare si tratti di un genere che ne misceli altri, ma quali e come? Per ottenere la musica che è passata alla storia come Fusion, dobbiamo tenere conto che essa si realizza davvero quando chi la compone e la suona è “bilingue”, ovvero in grado di padroneggiare la lingua Jazz e fonderla con quella Rock e dintorni, ovvero Heavy Metal, Funk ecc.
Tony Williams, batterista e compositore, di là delle correnti stilistiche, è stato nel Jazz colui che ha più di ogni altro interpretato in termini tecnici/formali e innovato in termini di contenuti ideativi il linguaggio batteristico, elevando ulteriormente l’asticella già posta molto in alto da suoi eccellenti predecessori. Fu il batterista che, nemmeno diciottenne, nel ’63, approdò senza alcun timore reverenziale alla corte di Miles Davis, imprimendo sia alla batteria Jazz sia alla musica del quintetto del trombettista, una propulsione straordinaria.
Il 9 dicembre 1966 la Polydor Records pubblica "Fresh Cream" album d'esordio dei Cream: Jack Bruce (basso, armonica e voce), Eric Clapton (chitarre e voce) e Ginger Baker (batteria). E’ stato il primo e più importante gruppo (in termini di qualità e successo) a coniugare la forma canzone (anche con asimmetrie metriche), il Blues e moduli improvvisativi differenti da quelli sino allora frequentati, ovvero più slegati dalle formule bluesy e del Pop, più vicini a quelli Jazz: tutti, pure basso e batteria, nel costante dialogo tra loro e non limitati a fare da statico fondale per la figura principale.
Ogni tanto conviene tentare di fare chiarezza, aggirandosi tra le varie leggende che circolano da decenni nel mondo del Rock; saghe che alimentano mal comprensioni di cosa è il Rock, da cosa è formato, musicalmente intendendo. In special modo ne soffre il Progressive e dintorni… In passato abbiamo già affrontato il concetto di psichedelia, e mostrato come sia scorretto correlare questo termine a un genere o a un qualcosa di endemico del Rock; eventualmente da associarlo a un connotativo stilema inter-genere definito da alcune caratteristiche soniche.
Una delle cose che maggiormente spinge ad ascoltare ancora i grandi classici del Rock del passato remoto, ovvero del decennio a cavallo tra i ’60 e i ’70, è che nel passato prossimo e nel presente c’è stato poco o nulla. Un’altra delle conseguenze è la diffusa pratica dei vecchi leoni alle réunion o giù di lì (magari mai ufficialmente sciolti con un paio di dischi pubblicati negli ultimi vent'anni): settantenni più o meno arzilli, che se ne vanno in giro a pestare indefessamente sugli strumenti antiche note.
Love Devotion Surrender dei due chitarristi John McLaughlin e Carlos Santana da quando fu pubblicato (luglio 1973*, registrato autunno '72) è stato un disco controverso, chi lo ha inneggiato e chi ne è rimasto deluso; io sono stato tra quelli più insoddisfatti che entusiasti.
Ma Love Devotion Surrender è un gran disco, e vi dirò perché. A Patrizio Fariselli, tastierista e compositore, sono bastati pochissimi dischi e tutti concentrati in un quadriennio (’73-’76) per guadagnare un posto di assoluto prestigio tra gli appassionati di musica. Son bastati quelli e a ragione; i dischi della magnifica esperienza del gruppo degli Area di cui era anche il principale autore.
Il ruolo e il valore di John Wetton, come bassista elettrico, non sono stai mai compresi appieno. In realtà è un eccellente strumentista oltre che creatore di linee molto belle. Il suo è spesso un efficacissimo apporto perfettamente potente e sensibile, preciso ed espressivo.
Già con i suoi Mogul Trash, nell’ottimo disco omonimo pubblicato nel ‘71, aveva fatto capire che sarebbe stato un altro di quei grandi bassisti rock sull'onda della scuola inglese McCartney/Bruce/Squire; di quelli che, pur rigogliosi come apporti e con “tiro” straordinari, non sono mai sovrabbondanti ma sempre funzionali al brano, casomai compattando il gruppo e non staccandosi individualmente da esso. Robert Wyatt è un artista straordinario, ha dato un impulso fondamentale per la crescita musicale del genere Rock; è riuscito profondamente a innovarlo, forte pure di una intensa frequentazione (e quindi conoscenza) del Jazz.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Maggio 2024
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