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Libro Eroi Elettrici

Stan Kenton, George Russell e Don Ellis: il mitologico Prog-Jazz perduto

10/7/2014

10 Comments

 
Sintonia introduttiva
Pochi sanno che a metà anni ’40 nel mondo musicale Jazz, in piena esplosione dello stile be-bop’, ci fu l’emersione di un notevole filone musicale: il Progressive Jazz; purtroppo è stato poco fecondo. La missione di quei pionieri era di “andare oltre” mediante una fusione con altri generi, ma per vari motivi non hanno avuto molto seguito. Quella vocazione si è sciolta in mille rivoli di tendenze stilistiche e iniziative individuali mai compattate e incanalate in un coeso flusso di artisti.
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Solo con l’avvento del Jazz-Rock con i suoi numerosi alfieri possiamo trovare una fusione simile tra generi e un equilibrio tra strutture formali (complesse e obbligate), spazi improvvisativi (liberi ed espressivi), “ganci comunicativi”, sperimentalismi empirici, razionalismi progettuali, impatto energetico e atmosfere suggestive.
Molti conoscono il termine Progressive (talvolta in forma abbreviata Prog e/o come prefisso di rock) giacché usato per denominare un genere che dopo solo circa 5 anni l’avvento del “grande” Rock, fu un suo notevolissimo sviluppo: un’innovazione epocale, divenne un nuovo genere musicale e non uno stile del Rock.
Tuttavia il Prog-Rock differentemente dal Prog-Jazz, non si è “contaminato” con tutti i generi a disposizione: esso infatti è ed è rimasto EUROCENTRICO (canzone + Classica); ha in sostanza evitato tutta l’importantissima musica afroamericana e quindi Blues, Jazz, Funk, Reggae… oltre ad altre musiche più esotiche come quelle asiatiche. Ciò si può ricavare facilmente ascoltando i massimi esponenti del Prog-Rock come Genesis, Yes, Van Der Graaf Generator e Gentle Giant.
Per esemplificare: King Crimson, Gong e Magma sono difformi dal genere*, infatti questi, oltre ad avere radici e ramificazioni europee simili ai loro “consanguinei” prima citati, hanno sfruttato anche suggerimenti e suggestioni esterne all'Europa, e hanno quindi realizzato in assoluto delle musiche più aperte e fluide dei loro “parenti”.
Ciò non ha impedito di certo ai Genesis e agli altri di realizzare delle musiche che sono tra le più importanti in assoluto del ‘900!

L'orchestrale progressione del Prog-Jazz: Stan Kenton (‘40/’50), George Russell (‘50/’60) e Don Ellis (‘60/’70).
L’ottica prospettica della triade Stan Kenton – George Russell – Don Ellis (tutti e tre leader di medium/big band), è quella di inquadrare con il loro fantasioso filtro grandangolare e colorato un mondo denso di strutture, linguaggi e procedure che sono fusioni di pianeti musicali molto diversi tra loro: Jazz, Classica e Afrocubano (per Ellis anche Rock, quindi elettricità ed esotismi orientali).
Differentemente dal Prog-Rock, loro non hanno avuto né un duraturo successo né epigoni, seppure all'epoca abbastanza riconosciuti come alfieri del cosiddetto progressive Jazz: poi sono stati semplicemente dimenticati.
La progressione cronologica coincide pure con gli effetti: Kenton è il primo a operare, colui che ha aperto la via, quello più legato all'orchestra con le sue dinamiche e procedure, più incline alle formalizzazioni: comunque fusioni spettacolari ed energiche come lava eruttata da un vulcano.
Russell (proseguendo l’opera di Kenton) è quello che, sia con piccoli gruppi sia con big band, ha ampliato le prospettive del Jazz (pure perché ha usato dinamiche e timbri più tenui di Kenton), diventando un punto di riferimento in quell'epoca per molti giganti di questo genere musicale che, non è inutile ricordare, era l’unico di un certo peso negli anni ’50 e ’60 alternativo a quello accademico della musica Classica.
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La missione di quei pionieri era di “andare oltre” mediante una fusione con altri generi, ma per vari motivi non hanno avuto molto seguito.

In particolare negli anni ’60 dopo aver pubblicato una serie di grandi dischi (a partire dal ’57), ha ispirato Ellis che a sua volta ha “detto la sua” in questa particolarissima ottica, iniziando però nei primi anni ’60 con dischi più jazzy e per piccoli gruppi.

Le musiche di Kenton-Russell-Ellis riescono di moltiplicare i dati e quindi il valore finale delle loro opere.

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Ma Ellis dalla seconda metà di quella decade approfittatosi nel frattempo del Rock e della sua elettricità, ha ottenuto un ulteriore elemento per arricchire il suo linguaggio: ha fondato una big band ed è riuscito di addensare le sue idee compattandole in maniera originale e veicolandole con maggior efficacia. Infatti Ellis ebbe (ma solo all'epoca) una discreta notorietà e influenza (sia per la vicinanza temporale sia per l'adozione del Rock) su alcuni giovani rocker interessati a progredire o comunque musicisti particolari, rispettivamente e su tutti Frank Zappa e John McLaughlin.
(Ellis era presente come trombettista in una delle band di Russell nei primissimi anni ‘60, e si era fatto le ossa nel 1959 in un altro fantastico laboratorio rappresentato dalla band di Charles Mingus registrando il disco "Dynasty". Russell d’altra parte già nel ’48 era attivo come compositore, un brano su tutti è “Cubana Be Cubana Bop” adottato da Dizzy Gillespie: il titolo è tutto un programma.)
Le loro innovazioni in fatto di ritmi, armonie, modalità, tonalità, improvvisazioni, obbligati, timbri, strumentazioni, forme e lessici sono frutto di libere e ingegnose rielaborazioni anche tratte direttamente da linguaggi e schemi già esistenti (come è normale che sia), che poi hanno fatto confluire senza soluzioni di continuità realizzando i loro brani; così hanno compiuto una progressione della musica tutta e non solo del Jazz. Non hanno realizzato stucchevoli patchwork perché sono andati ben oltre al semplice accostamento di preconfezionati modellini di linguaggi e di schemi modulari.
È plausibile che ciò che ha permesso al loro processo creativo di concretare organismi musicali così peculiari, sia che il principio ispiratore l’immediata sintesi fosse già nella loro mente potentemente costituito; l’idea iniziale, l'osmosi originale, era intimamente tutta loro sin da subito e non del tutto derivativa dagli esperimenti successivi di combinazione delle parti. 
E dopo la scintillante, ma astratta, intuizione, hanno attuato la procedura di pratica composizione in modo logico oltre che con fantasia e invenzione, disponendo e controllando la sovrapposizione degli eventi in divenire passo dopo passo portando a compimento musiche non semplici e immediate.
Liberi e sconcertanti, ma rigorosi nel perseguire un obiettivo originale che era dapprima immaginato, più o meno abbozzato e magari poi anche cambiato; tuttavia il nucleo primigenio rimaneva.
Queste menti fertili erano già gravide di embrioni di creature diverse da quelle che già esistevano, erano refrattarie a qualsiasi sorta di clonazione; è forse anche per questo che sono riusciti di generare diverse e potenti creature musicali: avevano potenzialità di concepimento più evolute.
Non erano, per dirla con altre parole, scienziati maniaci, come il dottor Frankenstein che ha dato vita alla Creatura con le parti prese da esseri morti e quindi in cimiteri, obitori e macellai e che, di là del merito dell’esperimento in sé, ottenne dall'assemblaggio degli elementi sicuramente meno della somma delle singole parti. Meno, perché perdente dal principio: l'idea iniziale era di creare un essere umano, uno qualsiasi, pertanto accontentarsi che vivesse, che funzionasse: operando allo stesso modo in ambito artistico si ottiene un simulacro, talvolta un'involontaria parodia di un'opera, una replica che "sta in piedi da sola", ma nulla di più. Come la creatura di Frankenstein: magari più forte di un normale essere umano, ma goffa e senz'anima. 
Dunque le musiche di Kenton-Russell-Ellis (e di artisti simili) come specie di progressioni geometriche, riescono di moltiplicare i dati e quindi il valore finale delle loro opere per quella vivificante intuizione originale di realizzare una cosa diversa e immaginarla davvero: è il coefficiente risolutivo la sintesi, il segno X che l'innalza.
A loro bastano pochi elementi per sviluppare notevoli effetti: l'intero è più della somma delle singole parti, perché l'intero che loro hanno immaginato non era un semplice essere umano, era un altro tipo di creatura.
Gli altri musicisti che tentano strade analoghe ma che non hanno quella scintilla sintetica di creare una cosa diversa da altri, si devono accontentare, bene che vada, di risultati che sono una sommatoria aritmetica, e per raggiungere uno stato di sufficienza sono costretti a collezionare e sequenziare più e più elementi e parti. Ma è quantità passiva e non attiva qualità.

Purtroppo Kenton-Russell-Ellis non sono mai stati più di tanto apprezzati, né molto celebrati, perché la moltitudine di musicisti e appassionati non li ha davvero conosciuti

Purtroppo invece Kenton-Russell-Ellis non sono mai stati più di tanto apprezzati, né molto celebrati, perché la moltitudine di musicisti e appassionati non li ha davvero conosciuti; del resto per quelli “fuori” il mondo Jazz sono dei perfetti sconosciuti.
Russell in particolare, che forse a oggi è il più noto dei tre, a dimostrazione della superficialità, è “vittima” di un malinteso diffuso a tutti i livelli: la mitologia del Jazz e dintorni vuole che egli abbia formalizzato, mettendo nero su bianco, le procedure della moderna musica Modale, sia con la sua musica, ma soprattutto con il suo libro di teoria musicale"The Lydian Chromatic Concept of Tonal Organization" (sembra comunque sia stato il primo in ambito non accademico).
Infatti c’è tuttora una gran confusione, ambiguità e inesattezza: appena si parla di Modale (anche da eminenti musicologi del Jazz) si tira in ballo questo interessantissimo e dotto libro scritto da lui circa sessanta anni fa e colpevolmente poco conosciuto e addirittura non tradotto in italiano.
The Lydian Chromatic Concept of Tonal Organization è molto di più di quanto da tutte le parti si suggerisce e sussurra associandolo nebulosamente al "modalismo": con il concetto di Modale comunemente inteso c'entra poco o nulla.
Questo libro non è la bibbia del Modale, ma una serissima proposta di riorganizzazione gerarchica del sistema Tonale facente capo alla scala Lidia (con estensione alle scale parenti) e non alla Ionica**.
Ma il titolo non lo preannuncia? Nonostante ciò rimane comunque una bibbia!
Insomma, possiamo ben dire che Russell (anche tramite il suo magnifico libro) con il suo predecessore Kenton e il suo successore Ellis sono stati davvero dei riferimenti fondamentali, ma solo per alcuni grandi artisti.
Di questo innovativo Prog-Jazz ne ha fatto tesoro fortunatamente Frank Zappa, il grande sperimentatore assemblatore del Rock (all'inizio più vicino a Ellis alla fine più a Russell), Miles Davis con i dischi sciamanici dell’era Bitches Brew; anche con tutto quello che ne è derivato come epigoni (Nucleus, Soft Machine, Mwandishi e Weather Report).
Poi il Jazz-Rock di John McLaughlin con la sua formidabile Mahavishnu Orchestra: lui è quello che più profondamente ha solcato quei rigogliosi sentieri, prendendo soprattutto spunto da quelli di Ellis che aveva aperto pure la via della cultura musicale asiatica.
Comunque l’epigono diretto più notevole dei tre è ancora un bianco ed è il bravissimo batterista Bob Moses che ha composto e registrato una manciata di magnifiche opere dalla fine anni ’70 ai ’90.
Un appassionato di Jazz più o meno ortodosso, pertanto ascoltatore di Chet Baker, Sonny Rollins ecc., quando ascolta questi del Prog-Jazz può ricevere un'impressione simile a quella che prova l'ascoltatore dei Rolling Stones, Police ecc. (se e) quando ascolta i Gentle Giant, Gong e simili...
Esperienze molto diverse, eppure l'etichetta di genere davanti a quello conosciuto bene, indicava solo un piccolo prefisso: Prog...
La costante progressiva di tutti questi giganti della musica credo sia stata fornita da quel coefficiente moltiplicativo (capacità di sintesi originale iniziale) applicato a fattori che loro ricavano dovunque e comunque, in "luoghi" e tempi che più trovano stimolanti, senza confini e limitazioni sia concettuali sia come loro capacità di esplorare, atterrare e raccogliere in quei pianeti tutto quello che serve per crearne uno originale tutto proprio, ma fortunatamente messo a nostra disposizione.

Ritroviamola questa perduta galassia del Prog-Jazz!



*  Da anni sostengo che King Crimson, Gong e Magma non appartengono al Progressive Rock, proprio per le loro caratteristiche musicali. Maggiori informazioni su questo tema si trovano nel mio libro  "Musica '70"
** Per approfondimenti sulle teorie di Russell e su Tonale e Modale si può consultare questa lezione.



10 Comments
massimo franceschini
12/7/2014 11:35:58

Grande articolo, come sempre esplicativo e lucido! Delle tre orchestre conosco praticamente zero quella di Kenton, il pezzo che proponi e meraviglioso, a questa gente non era sconosciuta la classica del 900 ovviamente, il pezzo ha fantastici echi strawinskiani. Gli altri li conosco di più, tutti eccezionali. Strana la sonorità della sezione di ottoni nel pezzo di Ellis, quasi ci sia una dissonanza voluta in uno degli strumenti...è un effetto un po' calante sembra...strano e interessante...ciao, alla prossima e ancora complimenti!

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massimo franceschini
12/7/2014 11:49:40

Ciao ancora...ho iniziato a sentire qualcosa di Stan sulla rete e come immaginavo ho sentito varie cose negli anni...magari non sapevo che era lui, non ho mai posseduto un disco del resto, quello di seguito credo sia uno dei più famosi...quanto era avanti su tante cose.....alla prossima!

http://www.youtube.com/watch?v=0MhPssgsEic

Reply
carlo pasceri
12/7/2014 13:31:49

Ciao Massimo,
in effetti il tema di Ellis è doppiato da strumenti che intonano frequenze che distano tra loro meno del nostro occidentale semitono: un quarto di tono. I 2 intervalli che producono il massimo attrito tra le note dunque dissonanza sono il semitono e il tritono ("il diavolo in musica"). Lo straniamento voluto da Ellis supera questi, è voluto "andare oltre" anche in ciò pescando quest'intervallo nella cultura musicale turca: quasi una provocazione religiosa!
Purtroppo di Kenton in rete c'è poco dei suoi brani più progressive; comunque il pezzo che hai messo è molto bello: grazie di tutto.

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Luca Fantauzzi
12/7/2014 14:54:15

Conflict di Stan Kenton, ci porta davvero verso orizzonti progressivi immani. Se poi lo riferiamo all' epoca, ei risulta davvero uno strapazzante innovatore. Russell ed Ellis mi sono noti, ma naturalmente, sei stato ulteriormente illuminante. Hai illustrato benissimo e con grande capacità di sintesi un aspetto ahimè misconosciuto dai più, me compreso. Un "problema" che non mi ero mai posto ma che hai in me suscitato magnificamente. La voce femminile del brano di Kenton è potentemente evocativa, astrale e profonda. Walzer dallo spazio profondo di Russell e Bagno turco di Ellis mi erano noti, ma, grazie al tuo articolo, ho potuto leggerli con maggior consapevolezza e profondità. Scusate se è poco!!!

Reply
Luca Fantauzzi
12/7/2014 14:59:32

In sintesi, un bell' articolo, esaustivo anche se "sofferente" di una grande macchinosità linguistica. Ma in poche righe,al solito, mi hai invogliato ad ascoltare e confrontare. Spero che gli altri, per il loro bene, seguano il mio esempio!

Reply
carlo pasceri
13/7/2014 03:37:57

Ciao Luca,
dal taccuino di Sherlock Holmes: “l'esempio di una sofferenza sopportata pazientemente è la più preziosa delle lezioni per un mondo tanto impaziente”.
Considerato poi i risultati che hai ottenuto, spero che altri seguano il tuo virtuoso esempio. Grazie!

Reply
Luca Fantauzzi
13/7/2014 10:45:09

Colgo la stoccata ed eseguo un "j accuse" con rara stoicità! Essere sezionato con uno strumento affilato come il tuo è un privilegio a dir poco raro!
Domine, non sum dignus!!!

Luca
12/7/2014 15:01:49

Confermo la bontà della scelta del grande brano di Kenton. Massimo al solito è un grande intuitore...

Reply
Luca
13/7/2014 11:06:40

Stan Kenton mi era in effetti sconosciuto, è in questo frangente che ne ho conosciuto il messaggio... Cercherò su Amazon la sua opera e me ne farò prezioso ascolto. Molto interessante...

Reply
carlo pasceri
13/7/2014 13:33:31

Caro Luca, Conflict di Kenton sta in un disco pubblicato nel '50 "Innovations In Modern Music", e Intermission Riff in un "singolo" dell'epoca, 1946 se ricordo bene, comunque lo trovi in qualche antologia. Già che ci siamo ti segnalo ovviamente "Concert in Progressive Jazz" del '47 (ma tutti quelli dell'epoca sono davvero belli). Ciao.

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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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