Il Jazz, dai primi anni Sessanta, aveva diffusamente cominciato a divenire più easy e groovy, con ritmica rigida e ciclica e con semplici riff, prendendo a modello il Soul/R&B. Di là del pioniere Horace Silver, seguirono Ramsey Lewis e The Jazz Crusaders, finanche Cannonball Adderly (rammentiamo “Mercy, Mercy, Mercy” di Zawinul), e tutta la schiera degli artisti dell’etichetta Blue Note tra cui alcuni collaboratori di Davis come Herbie Hancock e Wayne Shorter: produssero molte hit.
In questa temperie il divino Miles ha pensato bene di dire la sua, e dopo aver posto nel ’68 in tal senso importanti mattoncini nei suoi dischi Miles In The Sky e il mai troppo incensato Filles De Kilimanjaro, ha edificato la sua opera più minimale e meno jazz in assoluto: In A Silent Way. Non a caso è molto apprezzato anche dagli appassionati rock. Elementare, iterativo e incisivo.
Questo disco è del tutto modale, ed è in sostanza l’esito di lunghe jam session in studio e con parecchi edit in post produzione (tagli/incollaggi nastri e manipolazione elettronica), composto da ritmica scarnissima e iterativa di batteria binaria e ridotta al solo charleston e bordo rullante col contrabbasso che suona pochissime note e le tastiere che forniscono un sottofondo ondeggiante ai solisti (assoli dal linguaggio piuttosto semplificato e spoglio di “jazzismi”). Due riff e un tema.
Il risultato è stupefacente, considerando che i fattori costituenti il disco sono così ridotti all’osso: per Shhh/Peaceful due note del basso (La-Re); per In a silent way/It's about that time semplicissimo tema diatonico su un accordo (qui per un approfondimento), mordente* su una nota, e due semplicissimi riff (il primo a 5'01" di 12/4).
Da sottolineare che, pur essendoci tre tastieristi, non sono presenti assoli di piano o di organo, solo quelli di Shorter e McLaughlin (oltre a Miles).
Presi singolarmente gli elementi del disco, elettrificazione degli strumenti, ritmica batteria iper semplificata e binaria, riff ed edit erano già presenti nei precedenti dischi di Davis (e di altri), pertanto non c’è frattura o svolta in tal senso, è che qui sono concentrati ed esacerbati.
Della traiettoria tracciata con i precedenti Miles In The Sky e Filles De Kilimanjaro, In A Silent Way è un ulteriore punto cardinale verso il capolavoro Bitches Brew, che fa ben comprendere il percorso artistico di Davis e dei suoi collaboratori, quindi quali siano (dal versante jazz) le matrici dell’eccezionale musica che nei Settanta ci sarà donata.
* Il mordente è la rapidissima successione di due note adiacenti, in questo caso è quello inferiore: Mib-Re-Mib.
L'analisi di due capolavori di Miles Davis sono incluse nel libro Dischi da leggere - Collezione n.1