Semplificando: Adrian Belew, chitarristicamente, è una sorta di moderno fratello minore di Hendrix, Beck e Zappa; mettendoci importanti quote del proprio, s’intende.
Belew ha sempre avuto quel suo modo da artista intellettual-pop, senza essere snob, radical-chic. Questo perché ha quell’attitudine, viene da dire molto americana, di spontaneità nell’esprimersi dopo aver evidentemente lavorato duro sul materiale da proporre per intrattenere e fare spettacolo, coniugando in modo egregio le idee e le strategie musicali con la tattica esecutiva.
E ciò non solo dal vivo, ma anche all’interno degli studi di registrazione. Infatti anche nei suoi ottimi dischi solisti si riscontra questa vena, seppur meno di quanto si sarebbe potuto immaginare: sembra più sciolto e leggero in altre occasioni.
Ha lasciato numerose perle, sia come chitarrista (e non solo negli assoli, bravissimo anche come accompagnatore e nelle parti di tessitura) sia come autore di brani, la maggior parte dei quali tendenti a un originale modo compositivo ed espressivo, con forti radici nella canzone rock ma che si spinge verso lo sperimentalismo anche in modo esplicito: in particolare nel suo terzo disco solista dell’’86 “Desire Caught by the Tail"; proseguendo dopo circa dieci anni, ma su un’altra linea, con “The Experimental Guitar Series Volume 1: The Guitar as Orchestra”. Da rammentare che è anche un ottimo cantante e batterista.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra